La seconda motivazione si riferisce al modo di concepire ed immaginare l’edificio religioso, che diventa momento centrale e determinante della vita dell’uomo medioevale; l’oggetto architettonico è quindi sentito come una struttura che gradualmente tende a diventare forma, composta da una massa muraria grave e forte, articolata secondo membrature poste a scandire lo spazio.
Secondo una formula sommaria e semplicistica, la formazione dell’architettura romanica può essere assimilata alla trasformazione della basilica cristiana, che è un edificio dotato di un sistema strutturale discontinuo e coperto a tetto, ad una fabbrica interamente coperta a volte, tale da presentare una completa continuità di strutture murarie, anche se il processo di trasformazione è molto lungo ed articolato, giungendo a maturazione soltanto nella seconda metà dell’XI secolo.
Il processo di formazione dell’architettura romanica sintetizzato e riassunto come la progressiva conquista della capacità di costruire un organismo strutturato e coperto con volte, secondo una forma articolata ed aderente alla funzione d’uso ed alla solidità statico-costruttiva. Tale sviluppo è di consueto ipotizzato come uno sviluppo lento, svolto attraverso diverse fasi successive, inoltre di fondamentale importanza sono le premesse storiche che durante il Medioevo si possono riscontrare in varie parti d’Europa, infatti la copertura di un ambiente attraverso l’utilizzo di una volta, seppur di piccole dimensioni, viene sempre considerato dagli architetti medioevali.
Un secondo motivo è quello che indica ai costruttori del X secolo l’opportunità di realizzare l’intera copertura impiegando le volte, per allontanare il pericolo degli incendi, mediante la sostituzione della muratura al legname. La terza ragione riguarda il desiderio di assicurare i migliori effetti acustici al canto corale, funzione di fondamentale importanza specialmente nelle comunità monastiche.
La chiesa romanica costituisce il risultato di un impulso originario in cui l’uomo medioevale vuole raffigurare in un’immagine architettonica la manifestazione tangibile della presenza del divino nella vita quotidiana; l’espressione linguistica di tale richiesta è quella già detta e lungamente maturata nei secoli VII-X, che tende a tradurre la struttura muraria nei valori di massa plastica coerente ed omogenea, determinando il carattere e la qualificazione figurale dell’edificio.
La chiesa di Sant'Ambrogio a Milano
Sant’Ambrogio milanese (coro 784, absidi 940, atrio 1098), che presenta un corpo a tre navate iniziato nel 1080 ma coperto da volte solo dopo il disastroso terremoto del 1117, qui la partitura della grande navata impiega la tipologia delle chiese di pellegrinaggio a navata cieca, in quanto bloccata dalle collaterali e dalle gallerie sovrapposte, ma nello stesso tempo ne modifica fortemente le proporzioni, rinunciando allo slancio verticale (tipicamente francese), adotta invece una conformazione bassa e larga quasi priva di luce dalle arcate, dalle volte e dai matronei. La forza delle membrature che scandiscono con ritmo largo e grave la grandiosa successione delle campate cupoliformi risalta nella luce radente che penetra dagli arconi della facciata, in contrasto con l’ombra diffusa delle navatelle. La facciata è composta da un loggiato su grandi arcate, corrisponde ad una pianta rettangolare, a tre navate senza transetto.E’ un’architettura che meglio sintetizza temi che riguardano il mondo paleocristiano e temi provenienti dal nord (in quanto l’Italia era in forte ritardo nella costruzione di edifici a crociera), si tratta poi di un’architettura che elabora e trasmette questi temi alle architetture successive sia in Italia centrale che in quella del sud. L’architettura della chiesa è formata da due elementi essenziali, la chiesa vera e propria e il quadriportico (un elemento che appartiene all’architettura paleocristiana); il razionalismo nella progettazione di questa struttura porta all’uso di un modulo molto significativo, cioè se noi guardiamo la pianta della chiesa notiamo
La chiesa di San Michele a Pavia
San Michele a Pavia (1120-1150), che nel corpo delle navate riprende la tipologia ambrosiana, ma ne rifiuta la soluzione a nave cieca, rialzando i muri della navata principale sopra il livello delle gallerie per aprirvi delle finestre. Qui troviamo la presenza del transetto sporgente, l’abside è diverso da quello di Sant’Ambrogio in quanto riprende le architetture del nord, il rapporto tra la dimensione delle navatelle e la navata centrale sono invece temi ripresi dalla basilica milanese, quindi c’è un proporzionamento dello spazio interno ed in più l’uso del pilastro a stella. Ma l’elemento più importante che diventa caratteristico di questa architettura è la facciata, tripartita attraverso la costruzione di due poderosi pilastri, la presenza di un nuovo elemento che diventa quasi costante nelle architetture emiliane e toscane, ovvero le loggette sommitali le quali hanno una lontana origine romana e bizantina (che diventa una reinterpretazione di un tema già visto, ovvero gli archetti pensili).Cattedrale di San Gimignano a Modena
La cattedrale di San Gimignano a Modena eretta tra il 1099 ed il 1110 dal lombardo Lanfranco.
Organismo semplice su pianta rettangolare, tre absidi, senza transetto, articolato su campate doppie di pilastri alternati a colonne, falsi matronei, grande cripta e presbiterio; presenta un nuovo tipo di facciata è un esempio importante per la complessità del suo insieme, ovvero se noi guardiamo la facciata notiamo elementi che abbiamo visto prima, ma notiamo la presenza di due spioventi (rialzato quello centrale), la suddivisione in tre parti e l’uso delle loggette e del protili; elemento completamente nuovo è l’uso del tema della loggetta anche sulle altre fronti della chiesa (come elemento unificatore di tutti i prospetti), inoltre troviamo la forte presenza della cripta. Lo spazio interno ed il verticalismo rimandano alle architetture del nord, il tema della nave cieca di Sant’Ambrogio qui viene risolto con la presenza di un’architettura al di sopra del matroneo.
L’interno è stato gravemente alterato mediante la sostituzione dell’originale copertura ad arconi trasversali e tetto piano con pesanti volte a crociera a sesto acuto costolonate, con l’inclusione di uno pseudo-transetto basso e di un’enorme rosone sulla facciata; l’esterno sviluppa il ritmo agile e slanciato di una serie continua di archi triforati, che unifica fianchi ed absidi dell’edificio.
L’originalità dell’opera di Lanfranco è quella di aver tradotto il linguaggio lombardo (cioè romanico) con una concezione figurativa che non è più romanica, in quanto ha rinunciato alle motivazioni di ordine statico-strutturale e le ha sostituite con una visione rigorosa e cristallina. Lanfranco rinuncia alla copertura a volta, rinunciando così alla poetica romanica della massa-struttura, e vi contrappone una visione ritmica di spazi e superfici, priva di tessitura strutturale e senza primari e diretti riferimenti d’ordine statico e costruttivo.
La chiesa di San Zeno a Verona
Sempre nell’ambito della cultura lombarda, i monumenti veronesi costruiti in questo periodo manifestano influssi franco-normanni, sono invece modenesi le influenze che incidono nella zona anteriore della grande chiesa benedettina di San Zeno (1120), originando dopo il 1150 la costruzione di due arconi trasversali, che presumibilmente avrebbero dovuto estendersi all’intera navata, ma questa proposta e quella originaria (che prevedeva il completamento naturale della partitura delle semicolonne, mediante una sovrapposta copertura a volta) vennero abbandonate e il vano ricevette una copertura a tetto piano, che si definisce quale corpo estraneo rispetto al resto della struttura.La facciata è stata il modello a cui si ispirarono tutti gli interventi romanici veronesi. Un unico portale d’accesso è collocato sotto un protiro (una sorta di baldacchino a mensola), quest’ultimo composto da due colonne poggiate su piedistalli che reggono una piccola volta a botte posta sotto due spioventi.
Il corpo longitudinale, privo di transetto, è tripartito da pilastri cruciformi alternati a colonne che conducono all’abside semicircolare prolungata da un vano quadrato.
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