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giovedì 26 febbraio 2015

L’esplosione del gotico 1195-1225

L’interesse per i costruttori verso gli archi rampanti, che furono intesi immediatamente come un formidabile strumento tecnico-strutturale, è testimoniato dal loro rapido diffondersi nell’ultimo decennio del XII secolo. Nelle costruzioni più importanti gli archi rampanti verranno replicati in batterie sovrapposte, si ergeranno possenti contrafforti verticali, scalettati e sormontati da tabernacoli e guglie. Ma altrettanto importanti sono le modifiche che ne risultano all’interno e sulla spazialità del vano della navata principale, infatti il perfezionamento di queste tecniche rende possibile accrescere l’altezza della navata centrale, senza ricorrere  alla realizzazione di tribune sulle navate minori; questa soluzione era già stata adottata da altri cantieri, ma in quei casi era dovuto alle ambizioni del progetto, solo nei grandi cantieri aperti alla metà degli anni novanta, Bourges e Chartres, dove le potenzialità di rinnovamento insite in questa rinuncia vengono impiegate ai fini di conseguire un nuovo effetto monumentale, questo risultato sarà raggiunto attraverso lo sviluppo di due diverse linee operative.


La cattedrale di Bourges


Il cantiere della cattedrale di Bourges si apre nel 1195 e dopo un’interruzione di alcuni anni nel 1255 era completata, rispettando l’originale progetto; la pianta ripete quella di Notre-Dame di Parigi, a cinque navate e coro a doppio ambulacro con cappelle radiali sporgenti, presentano entrambi una simile volumetria compatta, ma mentre a Parigi il transetto è allineato con le navatelle a Bourges manca del tutto, come nell’impianto originale della cattedrale di Sens (che rappresenta un altro possibile modello). Anche sotto altri aspetti la cattedrale sembra attardarsi su soluzioni conservative, come l’impiego in tutta la navata di volte esapartite, la volumetria gradonata che ricorda quella delle chiese con tribune, il trattamento delle superfici esterne con architetture continue, cieche o aperte.
L’assenza del transetto (che consente all’architetto di configurare le doppie navate laterali come due corpi gradonati addossati alla navata maggiore, che avvolgono l’abside senza soluzione di continuità) e la regolare successione degli archi rampanti, sono i mezzi utilizzati per realizzare un volume esterno unitario e compatto; questo risultato trova una corrispondenza esatta nel grande vano interno, unico e cavo, che costituisce la grande novità di Bourges.
L’abolizione delle gallerie ha consentito all’architetto di elevare arcate altissime (circa 20 metri), attraverso le quali la navata centrale si apre completamente a quelle laterali, con un effetto di ampliamento e di totale fusione dello spazio. La parete della navata maggiore presenta un alzato su tre piani (arcate, triforio e finestre); il coro va oltre le realizzazioni della fine del XII secolo nell’insistenza sull’impiego di elementi linearistici che contribuiscono allo stesso risultato, le sottili nervature non suddividono la superficie delle volte in campate, ma si limitano a disegnarvi una leggera trama grafica.

La cattedrale di Amiens

La costruzione della cattedrale di Amiens ebbe inizio nel 1220, promossa dal vescovo Evrard de Fouilloy ad opera del maestro di nome Robert de Luzarches; il progetto delle navate sviluppa il modello di Chartres, accentuandone ulteriormente l’altezza, l’architetto tornò al modello di pilastro chartriano, con il capitello delle arcate articolato a produrre una sorta di snodo figurativo, ma se la colonnetta anteriore interrotta solo da una modanatura corrispondente alla cornice dell’abaco, esalta la verticalità, una fascia continua, caratterizzata da un chiaroscuro naturalistico, corre sotto il triforio, dividendo idealmente l’alzato in due piani.
L’effetto è rafforzato dal trattamento della superficie superiore, dove le colonnine in controvena che articolano le aperture del cleristorio sono prolungate in basso fino a questa fascia fondendo finestre e triforio in un disegno unitario. I costruttori di Amiens rinnovano anche il disegno delle finestre, sostituendo due bifore alla coppia di monofore sottostanti la rosa, sicché in sintesi si forma una finestra quadripartita, le cui partizioni secondarie replicano lo schema principale.
Allo stesso maestro è stata attribuita la facciata molto sottile, il disegno dipende  evidentemente da quello di Parigi ed assume come principio compositivo la collocazione del rosone tangente internamente alla chiave della volta maggiore; tuttavia le proporzioni inusuali della navata portano il rosone ad una altezza troppo elevata e la straordinaria altezza delle arcate interne porta a mantenere la zona dei portali più bassa di queste, con la necessità di aggiungere due fasce orizzontali per raggiungere la zona del triforio.
Inizialmente il corpo longitudinale è composto da 3 navate, quella centrale più ampia, ma, una volta superato il transetto, anch’esso tripartito, il coro che ne segue è scandito in 5 settori che in corrispondenza dell’abside semicircolare deambulata, i 2 settori più esterni vengono rimpiazzati da cappelle radiali di cui quella centrale più sporgente.


L'esplosione del gotico in Inghilterra


Al momento della costruzione delle due grandi cattedrali  Riccardo Plantageneto Cuor di Leone re d’Inghilterra possedeva anche i territori del ducato d’Angiò, Normandia ed Aquitania, queste regioni possedevano dal punto di vista architettonico un’autonomia tale da elaborare la definizione di gotico plantageneto. La tendenza dei costruttori angioniani era quella di ricoprire le volte di una trama complessa di nervature incrociate, questo genere di ricerche trovò eco in Inghilterra, ma non sembra convincente dedurre l’esistenza di rapporti diretti tra i costruttori delle due aree; nell’isola l'articolazione delle volte con nervature supplementari e costoloni assiali di colmo trova ampia applicazione, ma si innesta sui caratteri originali ed autonomi dell’architettura inglese.


La cattedrale di Lincoln

La cattedrale di Lincoln (1092) venne rifatta a seguito di un devastante terremoto che lasciò solo in piedi la facciata occidentale; la nuova costruzione derivava direttamente da Canterbury, di cui ripete l’andamento dei transetti, l’alzato a tre piani e il tipo di volte esapartite, adottate nei bracci dei due transetti. Troviamo anche il motivo delle colonnette in controvena di marmo nero, impiegate con un tale studio che addirittura superano il modello; a queste caratteristiche se ne aggiungono altre assolutamente originali, infatti nel cosiddetto coro di Sant’Ugo il disegno delle volte ha un andamento asimmetrico, in quanto le nervature non si incontrano al centro di ogni campata, ma in due punti equidistanti dal centro; in questo modo le vele, a destra e sinistra dell’asse (sottolineato da un pesante costolone rettilineo) formano in proiezione due triangoli scaleni, mentre altri costoloni collegano i vertici di questi triangoli con lo spigolo più vicino del lato opposto, formano un’ulteriore serie di strette vele rettangolari. Si tratta comunque di un effetto del tutto decorativo, in quanto l’utilizzo di muri spessi e continui rende praticamente inutile la ripartizione delle spinte attraverso le nervature; forse la volontà era quella di adattare una volta esapartita ad una base rettangolare senza pile deboli; questa soluzione non ebbe seguito.
Un’altra soluzione insolita è quella presente nella zona inferiore delle navate laterali del coro di Sant’Ugo e nel transetto est, sotto le finestre appare una doppia serie di arcate a parete, sfalsate e disposte l’una di fronte all’altra, la serie anteriore su colonnine di marmo nero, ha archi trilobati, quella posteriore più bassa, con semplici archi acuti; questa soluzione accentua illusivamente l’effetto di profondità e rimanda al gusto tipicamente inglese delle pareti sdoppiate.
Dopo il 1220 un nuovo maestro costruisce la navata di Lincoln, variando le proporzioni delle volte ma con una sostanziale adesione al progetto originale; nella copertura elemento dominante è la robusta nervatura assiale, che corre ininterrotta e sulla quale si innestano ad intervalli regolati i costoloni diagonali ed i tiercerons, che inquadrano le aperture del cleristorio; si ha l’effetto di una copertura continua, che sottolinea l’unità dello spazio.


La cattedrale di Wells

Anche sul piano della parete la suddivisione in campate è appena accennata dalle esili colonnette che nascono sopra gli abachi delle arcate, ma questo risultato aveva trovato un’espressione assai più drastica nella navata della cattedrale di Wells (1180-1890), dove le colonnette iniziano solo all’altezza dei pennacchi del triforio e la continuità di quest’ultimo sottolinea lo sviluppo longitudinale del vano, in totale contrasto con i modelli del primo gotico francese (è questa la manifestazione più evidente di quello che viene definito orizzontalismo del gotico inglese). Rispetto a Wells la cattedrale di Lincoln presenta arcate più alte, ma le finestre del cleristorio rimangono piuttosto piccole e le volte si impostano ben al di sotto del loro davanzale, rendendo inutili gli archi rampanti, anche grazie alla conservazione del muro spesso.
La facciata di Lincoln è concepita come un grande schermo, che ingloba al centro la superstite struttura normanna, celando la continuità dietro la sviluppo orizzontale di replicate file di arcatelle; al di sopra del portale centrale fu innalzato un altissimo arco acuto, sormontato da una terminazione a timpano.
La caratteristica delle facciata della cattedrale di Wells è invece lo sviluppo in larghezza, infatti le torri laterali sporgono rispetto al filo delle navatelle; questo perché fu concepita per l’esposizione di un vasto programma scultorio.
La chiesa ha un impianto cruciforme che inizia con 3 navate separate da pilastri con semicolonne che sorreggono arcate a sesto acuto, triforio e vetrate poste sotto la copertura costolonata. Questo primo ambiente termina con un originale arco a sesto acuto fiancheggiato da 2 piccoli oculi da cui parte un’altra apertura più grande dell’arcata sottostante: una finta e originale parete che immette nel transetto (sul vano di crociera si erge una torre, più alta di quelle di facciata) anch’esso tripartito e di poco meno ampio del corpo longitudinale.


Cattedrale di Gloucester

Fu iniziata nel 1089 e fu terminata nel 1499. L’edificio ha un impianto longitudinale tripartito con navata centrale più ampia e alta che conduce ad un transetto dotato, sul lato lungo rivolto verso il tratto terminale della chiesa, di 2 cappelle semicircolari che fiancheggiano il coro (sotto c’è la cripta) a forma circolare prolungata circondato da un deambulatorio dove si affacciano 2 cappelle radiali ai lati di un vano rettangolare molto ampio a completamento della planimetria, nel quale è stata ricavata la Cappella della Madonna. Sopra il coro, nel punto del vano da crociera, si erge una torre quadrata coronata alle 4 estremità da torrette coperte da cuspidi.
Le navate sono separate da possenti pilastri a forma ovale sui quali partono arcate a tutto sesto, seguito da triforio, cleristorio con vetrate e volte costolonate: il vano non è particolarmente alto. La facciata presenta un portale centrale posto su una parete priva di decorazione, sopra la quale si erge un’enorme arcata a sesto acuto all’interno della quale sono state ricavate una serie di finestre di forma estremamente allungata.


Il gotico in Spagna


Nella penisola iberica la penetrazione delle forme gotiche avviene attraverso il fenomeno delle reconquistas militari e politiche da parte dei regni cristiani, che conosce una forte accelerazione dopo la vittoria di Las Navas (1212), ma il processo di aggiornamento degli schemi trova un freno nella persistenza della tradizione romanica, che fondendosi con le maestranze islamiche aveva creato una sintesi di elevata originalità; tramite principale per la diffusione dei primi elementi gotici fu l’azione dei cistercensi.


La cattedrale di Toledo


Nella cattedrale di Toledo il limitato sviluppo verticale e le proporzioni relativamente ampie delle campate, la pesantezza dei sostegni e l’abbondanza della decorazione modificano profondamente il risultato spaziale. Iniziato nel 1227 il coro della cattedrale di Toledo sembra essere opera di un architetto spagnolo che abbia perfezionato la conoscenza dell’architettura gotica nei cantieri francesi degli anni venti; la pianta ricorda Parigi, per la presenza del transetto e per i tre pilastri dell’ambulacro, ma le piccole cappelle radiali (alternativamente triangolari e rettangolari) e i pilastri
Internamente si scompone in 5 navate che conducono al coro semicircolare con doppio deambulatorio dopo aver superato un transetto non sporgente (è leggermente più ampio della navata centrale quindi va a definire un vano da crociera di forma un pochino allungata). Un’anomalia è caratterizzata dall’ampiezza delle navate più esterne che sono leggermente più ampie delle navatelle intermedie.
fasciati da otto colonnette sono elementi che fanno pensare a Bourges. L’alzato dell’ambulacro interno, con le finestre tonde ed il triforio uniti sotto una medesima arcata, e il triforio stesso formato da archetti polilobati, rivelano l’intervento di maestranze islamiche.

La cattedrale di Leon

Nel 1255 il vescovo di Leon, Martin Fernandez, promuove in questa città la costruzione di una nuova cattedrale; il disegno si ispira alla cattedrale di Reims, di cui ripropone fedelmente la pianta sino alla facciata ma riducendo la lunghezza del corpo longitudinale a cinque campate; in generale l’atteggiamento dell’architetto appare qui in ritardo di almeno quarant’anni rispetto ai modelli francesi dello stesso periodo. Ma è nella navata principale che si trovano le maggiori novità, già al piano delle arcate, dove i sostegni presentano nella faccia anteriore un fascio di tre colonnette, che si innalzano sino al livello delle volte; ma soprattutto la novità la si trova nel disegno delle triforio, con due strette aperture ai lati di una coppia di bifore, sicché il tratta di muro fra due pilastri risulta completamente forato.
Tuttavia non sono le forme della cattedrale di Leon ad imporsi come modello di riferimento per l’architettura spagnola dalla seconda metà del XIII secolo, ma le forme della cattedrale di Burgos.
La facciata, chiusa da 2 possenti torri di altezza e decorazione diversa, ha una galleria di bifore sormontata da un rosone e dalla cuspide. In basso 3 portali, uno differente dall’altro, sono separati da piccole arcate concentriche. Il lato destro della cattedrale rivela un insieme di contrafforti, archi rampanti e finestroni mentre quello sinistro affaccia su un chiostro quadrato porticato. La testata destra del transetto presenta un corpo centrale simile alla facciata e 3 portali, con statue nei piedritti del portale mediano. Superato il transetto si raggiunge all’abside con cappelle poligonali aggettanti. Il corpo longitudinale, come il transetto, è tripartito senza seguire il sistema obbligato e con navata centrale più ampia e alta, illuminata da grandi vetrate. Le navate sono coperte da volte a crociera costolonate.

La cattedrale di Barcellona

Un riflesso della concezione di Bourges è ancora presente nella cattedrale di Barcellona (iniziata nel 1298) dove però i contrasti dimensionali sono ulteriormente esaltati: il presbiterio riprende in pianta quello di Narbonne, portando a nove il numero delle cappelle poligonali; in alzato l’altezza straordinaria attribuita alle arcate comprime entro una stretta fascia, immediatamente sotto le volte, il piano del triforio e quello delle aperture, ridotte in forma di oculi; tutto il coro però risulta essere illuminato grazie alle enormi finestre aperte nel deambulatorio. Nella navata, più tarda e compita nel XV secolo, l’effetto è un po’ diverso perché nelle cappelle laterali, due per ogni arcata, fu sovrapposto un piano di tribune, con antistante loggiato, le cui volte raggiungono l’altezza delle navatelle, creando una suggestiva e graduata penombra.

Cattedrale di Santa Maria di Pamplona

L’edificio risale al VI secolo per poi essere ricostruito in stile romanico e successivamente ingrandita in stile gotico (in seguito ad un crollo) con l’aggiunta delle cappelle che fiancheggiano le navate laterali. La chiesa affaccia su un chiostro quadrato porticato dal quale poi si possono raggiungere i dormitori e il refettorio del monastero.
La facciata principale, completamente estranea al resto della chiesa, risale al 700 ed è in stile neoclassico. Fiancheggiata da due campanili, sul corpo centrale è appoggiato un pronao tetrastilo con timpani triangolare che viene ripetuto in cima al corpo centrale come coronamento della facciata. La parete esterna della cattedrale è scandita da contrafforti e archi rampanti poco sporgenti.
Internamente l’edificio presenta una planimetria originale; il corpo longitudinale è tripartito da pilastri con semicolonne addossate che reggono arcate a sesto acuto nel registro inferiore della parete della navata mediana, e i costoloni delle crociere di copertura dopo aver scandito il cleristorio con il triforio decorato con vetrate. Superato un transetto poco sporgente (i bracci hanno rosoni) si raggiunge un coro che internamente è circolare ma circondato da un deambulatorio poligonale sul quale di dispongono cappelle radiali di forma poligonale.

Il gotico radiante (1225-1275)

Le soluzioni sperimentate nel corso degli anni Venti, nel disegno delle finestre e nel triforio della navata maggiore della cattedrale di Amiens, annunciano già l’inizio del processo di rinnovamento al quale convenzionalmente si attribuisce la definizione di rayonnant, “gotico radiante”; il termine deriva dalle finestre tonde sulle facciate e sui transetti che in questo periodo sono caratterizzati dalla presenza di raggi che si irradiano dal centro. Di fatto le innovazioni che prendono piede in questo periodo non trasformano integralmente a struttura formale della chiesa (che continua ad applicare in pianta ed in alzato il modello chartriano), eppure molto cambia nel possente sistema strutturale di pilastri cilindrici che organizza la visione dello spazio interno a Chartres, Reims e anche Amiens. Tutto comincia a diventare più sottile, teso, leggero e lineare, senza spessore nel trattamento delle superfici e visivamente privo di peso.
In questo periodo prende anche forma la figura dell’architetto, con la sempre minore importanza delle maestranze e una sempre maggiore importanza del disegno in scala.


L'abbazia di Westminster

Dopo la perdita dei possedimenti continentali inglesi (1204) i costruttori d’oltremanica, che prima avevano favorevolmente accolto le forme gotiche, accentuarono l’autonomia dai modelli francesi, elementi già presenti nell’esperienza di Canterbury, poi via via chiaramente definiti a Wells e nel coro di Sant’Ugo a Lincoln. Ma soprattutto in Inghilterra non trova eco la concezione di spazio fortemente integrato, esteso in senso trasversale e longitudinale, che aveva avuto la sua espressione più convincente a Bourges; le cattedrali inglesi rimangono nei primi trenta o quaranta anni del XIII secolo costruzioni a sviluppo essenzialmente longitudinale, caratterizzate da una rigida ortogonalità dei volumi, costretti entra la continuità della superficie muraria, che di fatto prevale anche quando sono forate da aperture multiple.
Nell’isola le forme rayonnant appaiono inizialmente in un edificio di committenza sovrana, per il quale Enrico III impiegò una straordinaria quantità di denaro, ovvero la ricostruzione nel 1245 dell’abbazia di Westminster. Venne iniziata su un impianto di modello francese nella disposizione del coro (con ambulacro e cinque cappelle radiali), il triforio conserva le proporzioni di una galleria ed è illuminato dall’esterno, le finestre sono del tipo di Reims ed anche le volte sono realizzate alla francese senza ricorso alla tecnica del muro spesso. Il primo architetto Henry di Reynes rimase però fedele per altri aspetti alle tradizioni costruttive insulari: pilastri e colonnette in marmo scuro, forma appuntita e molto profilata degli archi acuti e lieve arretramento delle finestre superiori.
Le testate interne dei transetti, a quattro piani di arcate sovrapposte cieche e luminose, rimandano ancora a schemi tradizionali normanni, ma l’originalità del disegno del rosone nord derivava direttamente da quelli di Saint-Denis o di Parigi.
Tra il 1256 ed il 1280 si procede alla ricostruzione della zona absidale della cattedrale di Lincoln, realizzato al di la del transetto orientale, un nuovo coro di cinque campate a terminazione rettilinea. Le proporzioni e la copertura sono appena variate rispetto alla navata, ma la decorazione è molto più ricca, gli archi maggiormente profilati, le finestre alte si impreziosiscono i trafori. Lincoln però assume attraverso il cantiere londinese solo gli aspetti di superficie del linguaggio parigino e li innesta su un organismo tipicamente inglese.

Verso il tardogotico (York ed Ely)

L’area britanni assume a partire dalla fine del XIII secolo un ruolo dia avanguardia nei processi di elaborazione dei trafori e degli intrecci lineari, che per tale aspetto aprono a loro volta la strada agli sviluppi tardogotici.
Nell’isola la penetrazione delle tradizioni rayonnant si verificarono intorno alla metà del XIII secolo per iniziativa della corte e aveva presto trovato un limite nell’accettazione solo di alcuni elementi, i costruttori inglesi infatti rimanevano fedeli alle proprie formule tradizionali; le manifestazioni più evidenti di questa fedeltà possono essere indicate nella tipologia della pianta (sempre molto allungate, terminanti ad est con un muro rettilineo e dotate di transetti sporgenti e torre quadrata all’incrocio), nella preferenza a per proporzioni di altezza non eccessiva e quindi sviluppate in senso orizzontale, infine nella conservazione della tecnica costruttiva del muro spesso e nell’uso ridotto degli archi rampanti, in favore della ricerca di effetti unitari nel trattamento della superficie delle volte, delle quali viene complicato il disegno con l’aggiunta di nervature supplementari.
Del repertorio rayonnant e del suo rigore logico, gli architetti inglesi selezionarono esclusivamente il motivo delle grande finestra traforata; l’impiego di questo disegno ebbe conseguenze significative sulla generale organizzazione dell’edificio, infatti con l’adozione di grandi aperture il ritmo della navata assunse, nelle cattedrali inglesi, un significato nuovo e nello stesso tempo si operò per la prima volta una vera rottura della continuità muraria (senza rinunciare al forte spessore della parte, entro il quale la finestra sembra sprofondare).
Intorno al 1289-90 iniziarono ancora una volta costruzioni legate alla committenza di corte, furono perciò adattati nuovi tracciati geometrici bei trafori delle finestre, inspirati direttamente agli esempi francesi più aggiornati; le nuove forme trovarono immediate interpretazione lontano da Londra, come per esempio a York dove la sala capitolare ottagonale (1286) ripete lo schema di quella di Westminster ma ne dilata l’effetto di spaziosità con un lieve ampliamento del diametro, aumentando l’altezza e abolendo il sostegno centrale della volta, originale è anche il trattamento interno delle pareti in quanto le finestre sono scavate nello spessore del muro (che rende possibile l’apertura di un passaggio alla base) con un’ulteriore effetto di ampliamento. La zona basamentale è risolta con una serie di nicchie poligonali ai quali fa contrappunto l’opposta emergenza dei sovrastanti balconcini, il risultato è una superficie ondeggiata che rende indefinito il limite del vano.
Questo tipo di architettura piuttosto fantasiosa non ebbe seguito nel cantiere di York in quanto la ricostruzione della navata venne affidata ad un altro architetto in forme che rispecchiano la concezione più ortodossa del rayonnant.
Accanto a questo filone, negli stessi anni, si sviluppano ulteriori varianti nel disegno dei trafori segnando l’inizio di una nuova fase di ricerca, che viene definito curvilinear style, caratteristica di questo indirizzo è l’apparizione del modello lineare a curva e controcurva, cioè dell’arco a carena di nave, cui gli inglesi danno il nome di ogee arch.
Il senso di fluidità e continuità di questa nuova forma coinvolgerà presto l’intera struttura tridimensionale, dissolvendo in una visione fiabesca l’originaria solidità muraria della parete. nella cappella della Vergine della cattedrale di Ely (1321) il basamento è costituito da due serie di archeggiature, sviluppate su piani diversi e sfalsati, che danno luogo a delle specie di nicchie; gli archi della serie anteriore sono polilobati con la cuspide protesa in avanti e sormontata da un timpano scolpito con una trina, una ricca decorazione a foglie ricopre praticamente ogni elemento strutturale.
Negli ultimi secoli dell’età medioevale sono comunque riconoscibili, in generale, due diverse linee di ricerca, da un lato quelle architetture che, pur con importanti sviluppi e distinzioni, restano legate alla matrice gotica, dall’altro lato quella tesa alla scoperta o alla reinterpretazione di temi e linguaggi capaci di esprimere specifiche identità nazionali.





domenica 14 dicembre 2014

Il Pre-gotico

La trasformazione della chiesa romanica nella chiesa gotica comporta un lungo e composito processo di graduale conversione dell’organismo statico-costruttivo, un processo che prende inizio nel terzo decennio del XII secolo e giunge a compimento nel nono decennio successivo. Si tratta di uno sviluppo in cui l’intera massa muraria della chiesa romanica, composta da una grande struttura continua, dotata di forti spessori e dimensioni, posta a creare un sistema statico spingente verso l’esterno, si trasforma attraverso vari fasi e successive modifiche in un organismo diverso, realizzando la propria stabilità attraverso un criterio opposto a quello adottato in origine.
Il nuovo principio risulta quello di definire e specificare con sufficiente esattezza le forze agenti entro il sistema, individuando la direzione e l’entità delle sollecitazioni portate alle singole strutture, ciò allo scopo di sistemare l’ossatura resistente nei nodi vitali della costruzione, convogliando le forze lungo predeterminati percorsi.
In tal modo la trasformazione della chiesa romanica in quella gotica si profila come la graduale sostituzione di un sistema statico non sufficientemente definito (perché resistente per massa materica, spessore e peso), con un organismo che si libera delle parti superflue e tende a conformarsi come la raffigurazione muraria del sistema statico adottato: una trasformazione da blocco murario a sistema scheletrico.
L’impulso che durante il XII secolo spinge gli architetti dell’Ile de France a realizzare gradualmente questa radicale trasformazione sorge da una spontanea potenzialità creativa insita nella stessa azione del costruire.
La specificità figurativa perseguita dai gotici  presenta una scelta graduata nel tempo, secondo specifiche direzioni; considerando che la vera figurazione della chiesa gotica è l’interno (essendo gli esterni il retroscena di quell’immagine) la prima scelta che risulta compiuta è quella riguardante la forma conferita al vano della navata, prevista e realizzata come un corpo altissimo (con un rapporto di larghezza ed altezza da 1:2 a 1:3,5), una tendenza ereditata da alcune importanti correnti architettoniche romaniche (espresse nelle chiese di pellegrinaggio) e nelle grandi costruzioni ottoniane.
Questa preferenza formale necessita chiaramente di una partitura in verticale che si manifesti come geometrica partitura dello spazio, vengono quindi inseriti pilastri a tutta altezza e le arcate a costituire l’ossatura dell’edificio.

Il coro di Saint-Denis

Il monumento che segna l’inizio del sistema strutturale gotico è l’abbazia di Saint-Denis, riedificata dall’abate Suger nel corpo frontale di facciata e nel nuovo coro, consacrato nel 1144, conformato come un doppio deambulatorio.

E’ proprio questo coro (poi rifatto nel XIII secolo) a rappresentare il primo esempio di grande impianto caratterizzato dalla concentrazione dei pesi e delle spinte sopra una serie di sostegni isolati (e relativamente esili), allo scopo di realizzare uno spazio libero e comodo per l’afflusso dei fedeli; inoltre viene qui per la prima volta testimoniata la scelta di un nuovo tipo di copertura, ovvero la volta a crociera costolonata e rialzata, conformata a sesto acuto.
Negli anni successivi alla realizzazione di questo coro prende gradualmente inizio la formazione del sistema scheletro, nel nuovo assetto dell’edificio chiesastico la conformazione delle volte è diretta a realizzare la concentrazione delle spinte nelle ristrette zone d’imposta, situate sulle pareti, contro le quali si ergono gli archi rampanti, che a loro volta scaricano le sollecitazioni sopra i contrafforti rastremati. Si tratta quindi di un sistema che riprende il tema statico strutturale della chiesa romanica, ma lo risolve in una maniera differente.
Le navate sono 3, voltate a crociera, quella centrale più ampia e più alta, e sul lato nord si aggancia una fila di cappelle. L’edificio è preceduto da un nartece con rosone a richiamo dei Westwerk carolingi: 3 portali e una torre sul fianco meridionale. Il complesso comprende archi a sesto acuto, rampanti, volte costolonate, cappelle radiali, deambulatori, cleristorio con enormi vetrate, ecc., era la prima volta che questi elementi comparivano tutti insieme in un progetto.

La cattedrale di Sens

Contemporaneamente al coro di Saint-Denis è quello della cattedrale di Sens (1150 circa) il quale, pur mostrando nei pilastri angolari una robusta membratura di carattere romanico, rivela apertamente forma ormai gotiche nella risoluzione della volta esapartita, la scelta di questo tipo di copertura su pianta quadrata, con la conseguente accentuata diversità fra i pilastri estremi e binato di colonne intermedio, genera una campata doppia, che si definisce come motivo architettonico complesso, accentrato e chiuso in se stesso, motivo che, adottato come modulo, si ripete lungo tutta la navata.
L’architetto, Guglielmo di Sens, nel 1135, ricorre a un volume semplice tripartito e continuo se si esclude la leggera sporgenza del transetto. La facciata principale, quella ovest, richiama quella di Saint-Denis, un nartece con 3 ingressi.
Tutto il perimetro dell’edificio è scandito da contrafforti e da un primo tentativo di impiego di archi rampanti per sostenere le sottili pareti della chiesa.
La navata centrale è scandita dall’alternarsi di pilastri forti e deboli, questi ultimi composti da semplici colonne binate; come nell’età romanica la parete è scandita su 3 livelli, quello più basso è movimentato da archi a sesto acuto, quello intermedio è occupato dal triforio mentre quello più alto, il cleristorio, da ampie vetrate sotto le volte costolonate della copertura. La parete del transetto è scandita da solo 2 ordini, manca il triforio allo scopo di ingrandire le vetrate. Il lato lungo del transetto, in direzione del coro deambulato che termina con un’abside centrale sporgente, presenta 2 absidi che fiancheggiano il corpo longitudinale.


La cattedrale di Laon

Ma la vera innovazione architettonica e compositiva appare nella cattedrale di Laon, costruita fra il 1160 ed il 1204, con torre lanterna, quattro torri, coro rettangolare e la facciata che diventerà prototipo di fronti altogotiche. La scelta compiuta a Laon è quella di realizzare un’immagine dell’interno omogenea e fortemente segnata, riducendo l’ampiezza delle campate, marcando in modo decisivo le linee verticali ed articolando tutto l’insieme, per ottenere una lunga fuga prospettica lungo la navata, svolta secondo un ritmo scandito e serrato. La prevalenza di questa soluzione è così marcata che la forma esapartita delle volte e la differenza fra i fasci di colonnini non riescono ad incidere sugli effetti d’insieme.
Un corpo longitudinale tripartito con navata centrale molto più ampia e alta che conduce verso un transetto ampio è tripartito esattamente come il corpo ed esso perpendicolare; all’edificio è possibile accedere anche dai due bracci dei transetti dotati anch’essi, come la facciata principale di due torri e di un nartece a quattro campate. Le pareti della navata mediana sono scandite su quattro livelli: arcate a tutto sesto, forum, triforio e ampie finestre. Il coro a terminazione dell’edificio, inizialmente a tre navate, è stato ingrandito a dieci, di conseguenza il transetto interseca il corpo longitudinale quasi al centro.

La cattedrale di Notre-Dame a Parigi

L’ultima opera pregotica è la cattedrale di Parigi, Notre Dame, iniziata nel 1163 e modificata più volte, all’interno riprende la soluzione esemplificata che abbiamo visto a Laon: volte esapartite, grosse colonne assimilate a pilastri, tre piani compresa la galleria. In questa grande chiesa a cinque navate, la partitura non ha ricevuto ancora la sua forma matura, la quale compare quando, resa finalmente inutile la presenza delle gallerie, la composizione della parete risulta composta solamente da due piani (arcate e finestre-luci) e da un basso e minore triforio intermedio, è la soluzione che risulta essere adottata per la prima volta nella cattedrale di Chartres.
Il corpo longitudinale è diviso in cinque navate, scandite da dieci campate, fiancheggiate da cappelle che girano tutto il perimetro (ad eccezione della facciata e del transetto); superato il transetto, ampio quanto la navata mediana, non sporgente, segue un coro a cinque navate con cinque campate che portano all’abside semicircolare, doppiamente deambulata e divisa in cinque settori dove sono collocate cappelle radiali. Le navate sono separate da pilastri con semicolonne che reggono crociere costollonate poste sotto una serie di arcate rampanti e contrafforti (poggiano sulle pareti del cleristorio illuminato da vetrate) che reggono le pareti della navata centrale a tre livelli (arcate a sesto acuto, triforio e cleristorio).


La cattedrale di Canterbury

Nel 1174 la cattedrale di Canterbury venne colpita da un incendio e per questo si decise di ricostruirla nelle sue parti danneggiate, tra i vari  maestri costruttori che accorsero si impose Guglielmo di Sens, quale propose il rifacimento, in forme rinnovate, del coro. Gervaso (un monaco del tempo) osserva come i sostegni del nuovo coro (pilastri e colonne) non differiscano in pianta da quelli antichi, ma sono molto più alti (come sono tutte le proporzioni dell’edificio); inoltre con volte a crociera costolonate si presenta come il modulo determinante la spazialità dell’intero edificio, in modo tale che è ridotta l’autonomia di ogni singola parte nella ricerca di una maggiore fusione spaziale, è quanto, con linguaggio attuale, viene definito il superamento della concezione compositiva romanica per sommatoria di entità spaziali autonome e la tendenziale unità dello spazio gotico, si assiste alla dissoluzione del muro in quanto tale e alla riduzione del confine spaziale per arrivare ad un sistema diafano. Da questo deriva il discorso riguardate la luce, l’interno della chiesa gotica è infatti ben diverso dalla profonda oscurità che domina negli edifici romanici, anche se l’incremento di luminosità (dovuto allo svuotamento delle pareti) rimane relativo (almeno nella prima metà del XIII secolo) e comunque non rappresenta lo scopo dei costruttori. Infatti la luce gotica è più che altro una luce colore, che non sembra filtrare dalle finestre ma direttamente emanate da esse, una luce non naturale che si integra con la struttura dello spazio, condizionandola e trasfigurandola con la sua continua mutevolezza nel corso del giorno e dell’anno.
L’edificio ha una pianta un po’ “movimentata”: si inizia con un corpo longitudinale tripartito (voltato a crociera costollonate) da pilastri cruciformi che porta ha un primo transetto, superato il quale sorge il coro seguito dal presbiterio, quest’ultimo collocato nel mezzo di un secondo transetto di poco più grande con, su ogni braccio, 2 cappelle semicircolari che fiancheggiano l’ultimo tratto dell’edificio composto da un ambiente semicircolare di forma allungata (sul quale si aggancia un ultimo vano circolare) contenente tombe e la Cappella della Trinità. Sulla navata di sinistra affaccia un chiostro dal quale è possibile accedere agli ambienti monastici (è possibile raggiungerli anche da passaggi ricavati dai bracci sinistri dei transetti). La facciata principale è fiancheggiata da 2 torri, dalle quali partono contrafforti che circondano tutto il perimetro dell’edificio e dividono a gruppi di 4 le finestre che illuminano le navate laterali scandite su 3 registri sovrapposti e coronati, all’esterno da un’arcata a sesto acuto; una terza torre, più alta, si erge sul vano da crociera ottenuto con l’intersezione dei primo transetto.




giovedì 23 ottobre 2014

Architettura Cluniacense e l'Abbazia di Cluny

Quello che andremo adesso ad analizzare sono le tre fasi dell’abbazia di Cluny e con esse indicheremo i caratteri dell’architettura cluniacense, infatti per quanto riguarda l’ordine cluniacense (un ordine monastico benedettino), la regola ha influenzato in maniera determinante l’architettura. E’ importante Cluny perché è un’architettura che si pone come cerniera tra quelli che sono i caratteri distintivi dell’architettura romanica rispetto a quelli che saranno i caratteri peculiari dell’architettura gotica, nel senso che compariranno (ancora prima che nell’architettura cistercense) degli elementi architettonici che al momento rimangono puramente estetici, ma che nell’architettura gotica assumeranno un carattere strutturale importante (come la presenza dell’arco spezzato, che non ha i caratteri statici dell’architettura gotica e del suo arco a tutto sesto, in quanto funziona ancora come un arco a tutto sesto).
Cluny è una cittadina della Borgogna di fondazione romana, la quale con il tempo e sotto l’imperatore Carlo Magno fu donata, con tutti i suoi possedimenti a Guglielmo d’Aquitania, detto il Pio, il quale decide di donare tutta la proprietà all’abate Bernone, il quale già reggeva una piccola abbazia di monaci riformati secondo l’ordine di Benedetto di Aniane, il quale aveva riformato la regola di San Benedetto da Norcia. Bernone aveva dato un ruolo predominante alla preghiera e alla liturgia religiosa, imponendo ad ogni monaco l’obbligo dello svolgimento di una messa quotidiana, proprio la necessità da parte della comunità monastica di dover celebrare quotidianamente la messa ha derivato in campo architettonico la necessità di avere molti altari all’interno della chiesa stessa perché spesso le celebrazioni della messa avvenivano in contemporanea. Un’altro ruolo molto importante che Benedetto di Aniane aveva dato al nuovo ordine riformato era l’inno dei salmi, i quali andavano cantati, per cui anche il canto, con le sue necessità avrà un ruolo importante nella determinazione dello spazio architettonico in termini di acustica, quindi la necessità di avere degli spazi non bassi ma delle navate piuttosto alte era fondamentale per un’acustica eccellente.
Altro elemento fondamentale furono gli ambiti di preghiera, che determineranno la costituzione all’interno di questi complessi monastici la formazione di ampli corridoi dedicati ai momenti di preghiera dei monaci.
Tutta l’economia del monastero veniva portata avanti dai campi tutt’attorno, perché nel momento in cui Guglielmo il Pio dona le sue proprietà, dona anche i suoi contadini, i quali diventano proprietà di questo nuovo convento.
L’abbazia era talmente importante che quando Roma sarà in pericolo, le reliquie che qui erano custodite furono in parte spedite a Cluny per essere conservate, questo dal punto di vista architettonico comportò un’ulteriore sviluppo dell’edificio religioso; non a caso nel suo momento di massimo splendore 1100-1200 raggiungerà le dimensioni di San Pietro.
Cluny, a differenza dei monasteri cistercensi, sarà un punto accentratore, nel senso che avrà numerose derivazioni, che dal punto di vista della gestione dell’ordine erano tutti delegati a Cluny, qui venivano portate tutte le offerte che arrivavano dai vari monasteri e naturalmente questa opulenza dal punto di vista economico diede luogo in ambito architettonico a strutture che riflettevano la magnificenza dell’ordine, in particolare sono architetture che dal punto di vista della decorazione devono essere didascaliche (come accade nelle chiese romaniche), sopratutto attraverso la scultura.
In generale le varie abbazie cluniacensi sono tutte diverse tra di loro, in funzione delle preesistenze architettoniche, ma anche in funzione delle diverse esigenze dei singoli monasteri.
Il Borgo di Cluny si era sviluppato lungo una via di pellegrinaggio ed era prevalentemente dedicato all’agricoltura; la necessità della presenza degli altari sarà indicativo per le architetture di pellegrinaggio, caratterizzate appunto da molte cappelle in grado di ospitare le varie reliquie.
I momenti di maggiore interesse dell’abbazia di Cluny sono essenzialmente tre, Cluny I (che corrisponde al 927 circa, ad opera dell’abate Bernone), Cluny II (che rappresenta una sostanziale espansione della prima Cluny) e Cluny III (che non include alcuna delle architetture precedenti).
La prima Cluny era dedicata alla Vergine Maria, erano presenti al suo interno quattro altari, nei quali si svolgeva anche il culto dei morti (tipicamente cluniacense); si pensò di ampliare l’impianto e per questo venne edificata una nuova chiesa, quella che chiamiamo Cluny I

Cluny A (910-926)
L’abbazia di Cluny fu fondata nel 910 dal Duca Guglielmo d’Aquitania, detto “il Pio”; era dedicata ai Santi Pietro e Paolo, ed era la sua residenza di caccia di Cluny. Era costituita da 2 corridoi laterali, e dalla presenza di un transetto rettilineo in cui sono collocati tre altari, e da un altare centrale collocato in prossimità dell’ingresso.

Cluny I (926-948)
Bernon intraprese la realizzazione di una prima chiesa, ancora piuttosto modesta definita Cluny I, che fu consacrata nel 926. Inizialmente Cluny era un piccolo edificio con coro e cappelle radiali che custodivano reliquie; in ogni cappella c’era un altare perché venivano svolte contemporaneamente più messe. L’edificio comprendeva un portico d’ingresso, un atrio che conduce alla corte, una galilea ma nessun transetto (il vano da crociera era individuato comunque da 4 colonne) e un’abside internamente circolare. È presente un campanile che va a collocarsi nel vano di crociera individuato da quattro grandi pilastri che determinano la zona dell’altare. Il campanile è un elemento fondamentale dell’architettura cluniacense. È presente anche un’abside circolare.

Cluny II
Iniziata nel 948 e conclusa nel 981 (anno della consacrazione), viene realizzata sotto l’abate Aimardo (942-965). Tra Cluny I e Cluny II non si costruiscono nuovi edifici, ma si completano quelli preesistenti. Si studiano diverse strategie per migliorare l’acustica legata alla pratica del canto. Per quanto riguarda la pianta, il coro con le navatelle si concludeva con un’abside e 2 absidiole, e aveva 2 ambienti rettangolari annessi; uno stretto transetto era preceduto da un corpo longitudinale a 3 navate di 7 campate. L’edificio, per l’epoca, aveva dimensioni notevoli. Intorno al 1000 l’abate Odilone (994-1049) aggiunse a ovest una galilea  preceduta da un atrio.
Più difficile è tentare di ricostruire l’alzato dell’edificio; probabilmente la chiesa aveva un transetto basso con un alto campanile sull’incrocio col corpo longitudinale, un coro coperto da volte, una navata centrale a soffitto piano (venne voltato soltanto al tempo di Odilone) e 2 campanili che segnavano l’ingresso della galilea. La navata fu demolita poco dopo il 1118 per ingrandire il chiostro mentre il coro, il transetto, la galilea e l’atrio scomparvero nel XVIII secolo.

Cluny III
Fu iniziata nel 1088 e fu consacrata nel 1095. Fu costruita sotto l’abate Ugo (1049-1109) e finanziata da Ferdinando I di Castiglia. La costruzione del nartece, intrapresa in seguito, si prostrasse fino al XIV secolo. Gli architetti che si occuparono del progetto furono un matematico e un musicista (uso di archi a sesto acuto, scelti non per via strutturale ma per una migliore acustica). Cluny III fu la più grande chiesa del Medioevo (fu l’unico edificio religioso a superare le dimensioni di San Pietro).
Il corpo longitudinale, suddiviso in 13 campate, aveva 5 navate; tra i 2 transetti di diversa ampiezza, sormontati da 4 campanili impostati su cupole, erano comprese 2 campate di coro a 5 navate e, al di là del piccolo transetto, il coro proseguiva con una campata a 3 navate, seguita da un deambulatorio più stretto con 5 cappelle radiali.
Sia in pianta che in alzato ci sono elementi che anticipano il gotico; le caratteristiche architettoniche sono la navata allungata con navate laterali, il transetto sporgente stretto e più basso della navata; il coro sviluppato a gradoni (origine mozarabica); le absidiole a forma di ferro di cavallo e la presenza di corridoi laterali.
In alzato si nota la presenza del campanile che si colloca nel vano di crociera, e un vano rettangolare che introduce al coro; la decorazione esterna è effettuata a pensili.
Cluny III si colloca come fondamentale nel passaggio tra architettura romanica e gotica sia in pianta che in alzato.
Appare l’arco spezzato (anche se somiglia all’arco a sesto acuto non funziona ugualmente): esso si riteneva essere quello che consentiva una maggiore diffusione del suono. L’arco formalmente è a sesto acuto ma strutturalmente no, resta nell’ambito dell’architettura romanica  basato sulla giustapposizione di campate. L’impianto è regolato da sistemi proporzionali, presenta un doppio transetto, e un coro a cappelle radiali caratterizzato da un deambulatorio.

Caratteri dell'Architettura Cistercense

Con questo tipo di argomento ci collochiamo cronologicamente nel romanico maturo, inoltre questo tipo di argomento si deve studiare in contrapposizione dialettica rispetto all’architettura cluniacense.
Con architettura cistercense intendiamo un’architettura di carattere religioso che è stata espressa dall’ordine benedettino riformato dei cistercensi, i cistercensi sono a tutti gli effetti dei monaci benedettini, ovvero si collocano nella cultura monastica espressa da San Benedetto, che era vissuto tra il V ed il VI secolo, considerato fondatore del monachesimo occidentale. Nel periodo che prendiamo in considerazione ci troviamo di fronte ad una serie di movimenti riformatori e i monaci non vedono più l’antico motto “ora et labora” come era vissuto all’origine, pertanto alcune figure emergono per mettere in discussione questi nuovi stili di vita e per provare a recuperare quello antico. Uno di questi movimento è quello cistercense, che dal punto di vista storico vede nella figura di Roberto di Molesme il fondatore di una nuova comunità monastica, nella quale voleva proporre un ritorno alla purezza delle origini, in particolare il filone più contrastato era lo stile di vita monastica cluniacense, cioè quello che ruotava attorno all’abbazia di Cluny (che aveva puntato molto sulla liturgia ed aveva dato vita ad un’architettura molto ricca, elaborata e sfarzosa, che era intesa a servizio di questa liturgia). Roberto porta a compimento questa riforma mettendo in discussione lo stile di vita cluniacense; il luogo nel quale prende vita questa comunità monastica è Citeaux in Borgogna. L’ordine era organizzato intorno al motto “ora et labora”, però Roberto di Molesme e gli abati che lo seguono vogliono trovare una mediazione tra questi due termini, a Cluny i monaci tendevano a concentrarsi eccessivamente alla preghiera e trascuravano il lavoro, per i cistercensi bisognava recuperare il rapporto con le antiche scritture e bisognava anche trovare un nuovo spazio per il lavoro, per questo l’abbazia doveva essere autosufficiente.
Uno dei documenti più importanti sulla base del quale possiamo capire la storia dell’ordine è la “carta caritatis”, tra i veri aspetti che venivano trattati in questo documento c’era quello del rapporto tra i vari monasteri, i quali dovevano essere improntati ad un principio di uguaglianza ed equità in modo che attraverso il confronto si potesse arrivare alla soluzione di eventuali problemi (rifiutano almeno all’inizio l’idea di un’abate supremo).
Per recuperare l’importanza del lavoro e per dedicare un giusto tempo alla preghiera i cistercensi sviluppano la figura del converso, che è un laico che vive insieme ai monaci ed assumono il ruolo di lavoratori.
Un’altro aspetto importante riguarda il capitolo generale, costituito da tutti gli abati delle varie abbazie che si ritrovano per discutere dei vari problemi dell’ordine, con lo spirito di collaborazione ed unità, questo spirito l’avrebbe dovuto garantire l’istituto giuridico dell'affiliazione (ovvero c’era l’abbazia madre di Citeaux e quattro “figlie” di La Ferté, Morimond, Clairvaux e Fontenay, dalle quali nascono numerose altre abbazie).
L’ordine si espanse velocemente ma di certo questo ordine non avrebbe avuto questo successo se non fosse intervenuto nell’ordine la figura di San Bernardo di Chiaravalle, il quale mise in evidenza il ruolo della Madonna e diede una sistemazione teologica all’ordine stesso, attraverso l’utilizzo della meditazione e della contemplazione.
L’architettura interessa sopratutto l’arco che va dal XII al XIV secolo, la sua importanza deriva dagli influssi che diede agli orientamenti successici; abbiamo già detto che il cistercense si colloca all’interno del romanico maturo, infatti lo spazio è romanico (sopratutto possiamo fare questa affermazione se pensiamo all’illuminazione degli ambienti interni, anche se iniziarono ad introdurre alcuni elementi che verranno utilizzati dal gotico, come ad esempio la campata quadrata, l’arco a sesto acuto, però tutti questi elementi li usano ancora con una sensibilità romanica, le loro chiese hanno sempre un evidente senso plastico di massa, lo spazio è controllato attraverso mezzi geometrici e matematici, fondata sui contrafforti più che sugli archi rampanti), elementi che oltre che nel gotico, troveremo in Italia negli ordini mendicanti, la cui mentalità verrà ripresa dall’architettura fiorentina tardo-gotica e rinascimentale.
Anche per quanto riguarda l’architettura Bernardo di Chiaravalle ha avuto un grande influsso, sopratutto laddove nei suoi scritti ha evidenziato la necessità di realizzare edifici semplici, facilmente costruibili, diventando più economico e sopratutto permette di ottenere in termini architettonici dei risultati semplici e chiari (non si tratta mai di una architettura decorata ma semplice e scarna, se compaiono delle decorazioni sono elementi prevalentemente geometrizzanti che tendono all’astratto, tutto l’opposto di quel vivacissimo apparato decorativo che era tipico del romanico borgognone di quel tempo, dove l’attenzione del fedele era attirata dall’apparato decorativo); per Bernardo il fedele non deve essere distratto da immagini mostruose ma deve solo pregare e meditare, per raggiungere Dio.
Per quanto riguarda la progettazione degli interni spesso si parla di progettazione “ad quadratum”, ovvero si vuole indicare quel metodo compositivo che si basa sul ricorso a campate regolari, prevalentemente a pianta quadrata, quindi lo spazio complessivo scaturisce proprio dalla combinazione di moduli quadrati, utilizzati in maniera romanica.
Anche nelle proporzioni di pianta ed elevato generalmente si rispettano proporzioni geometriche precise, che oltre a dare garanzie dal punto di vista strutturale, dovevano anche permettere un proporzionamento particolare degli edifici stessi.
Anche gli spazi monastici vengono articolati in una maniera prefissata, la chiesa monastica ha un’impianto basilicale a tre navate, a croce latina, un’altra particolarità delle chiese cistercensi (sopratutto le prime) è quello di avere nella zona absidale delle cappelle a pianta quadrata o rettangolare. Ci sono poi due aree, una riservata strettamente ai monaci ed una riservata ai conversi, tutti questi spazi sono articolati attorno ad un cortile a pianta quadrata che si chiama chiostro, il quale, oltre ad introdurre all’interno delle architetture uno spazio verde, doveva permette ai monaci di passeggiare e di proseguire la lettura delle sacre scritture senza distrazioni, inoltre permetteva di disimpegnare i vari spazi abitativi dell’abbazia (questo schema generalmente accomuna  tutte le abbazie).
Troviamo poi la sala capitolare (ovvero quella destinata all’incontro) e poi via di seguito gli altri ambienti, generalmente articolati in due piani.
C’è da dire che i cistercensi erano molto versatili, nel senso che è vero che abbiamo utilizzato uno schema architettonico a cui aderiscono la maggior parte delle abbazie, però a seconda delle risorse del territorio le architetture venivano realizzate in maniera diversa; una delle risorse che erano prese in grossa considerazione era la presenza di acqua, utilizzata anche per la coltivazione dei campi o come energia; di conseguenza l’architettura doveva essere molto pratica e doveva rispondere anche alle esigenze produttive, oltre che favorire la preghiera.
Il modello che abbiamo analizzato è quello che poi venne elaborato nelle epoche successive, non bisogna pensare che fosse lo schema preferito da Roberto a partire dalla fondazione di Citeaux (si dice che i primi insediamenti fossero dei ripari improvvisati).
Il tipo di progettazione ad quadratum, che viene praticata dai cistercensi (e che diventerà un’elemento importante dell’architettura gotica) da vita a quello spazio che viene definito ideologico, uno spazio che non è esperienziale (non è uno spazio pensato per essere scoperto durante la visita), ma è uno spazio nel quale esiste un’idea (che è il modulo base) e nel momento che il visitatore capisce che quello è il modulo base la comprensione dell’edificio è immediata (non avviene così per il romanico delle origini). Per l’architetto cistercense è necessario che le strutture e gli spazi siano comprensibili chiaramente, sia nel momento in cui vengono costruiti che nel momento in cui vengono utilizzati, non ci devono essere distrazioni; addirittura alcuni storici hanno parlato di iconoclastia bernardiana, ovvero la lotta contro le immagini, proprio perché Bernardo aveva respinto l’eccesso di decorazioni di Cluny.
Nell’abbazia di Fontenay possiamo vedere come lo spazio sia coperto da una volta a botte, intercalata da una serie di arcate che danno un ritmo visivo e strutturale nello scarico dei pesi; gli archi non sono a tutto sesto, ma non sono neanche a sesto acuto come saranno nell’architettura gotica; lo spazio è sì illuminato però il visitatore si sente avvolto dall’architettura, nel senso che l’architettura in questo caso è massa che lavora per gravità, l’elemento di massa è preminente (non è un baldacchino che fa ombra, come accadrà nell’architettura gotica, i pilastri non sono ancora fascicolari e non sono snelli e slanciati verso l’alto, l’architettura gotica è pensata come un diaframma per la luce). Per quanto riguarda il sistema strutturale complessivo, il sistema sfruttato è quello spingente, ma lo schema riprende un po’ le soluzioni dell’architettura  romana, con nella navata centrale una volta a botte continua e ritmata dalle arcate, però abbiamo a contraffortare le spinte della navata abbiamo una serie di altre volte a botte (a sesto acuto), che si sviluppano su assi perpendicolari a quello longitudinale della navata.
L’alzato comprendeva volte a botte ad arco spezzato (longitudinali nel corpo della chiesa e nelle cappelle, trasversali nelle navatelle e nei bracci del transetto) e graduato in altezza secondo una rigida scalatura  che privilegia la grande croce tracciata dalla navata, coro e transetti, illuminati direttamente solo dalle testate terminali e, in basso, dalle striature oblique delle luci provenienti dalle finestre delle navatelle. Diversa rispetto alle precedenti architetture monastiche è anche la disposizione degli edifici: in ambito
benedettino spesso è libera, talvolta condizionata dall’andamento territoriale o dalle preesistenze; mentre i cistercensi disponevano i complessi secondo uno schema ben preciso: intorno al chiostro, un quadrato perfetto affiancato alla chiesa, di solito sul fianco meridionale, si succedevano gli ambienti dove si svolgeva la vita monastica (sacrestia, sala capitolare, parlatorio, cucina, refettorio, dormitori, ecc.).
Sul discorso dei cantieri scuola  bisogna parlare del fatto che i cistercensi hanno contribuito a sviluppare certe competenze nel campo dell’edilizia, proprio perché ogni cantiere aveva una serie di figure così ben organizzate ed una padronanza tale dell’edilizia che questo faceva scuola, inoltre questa organizzazione accurata e razionale permetteva il trasferimento di saperi da un cantiere all’altro.

domenica 12 ottobre 2014

Il romanico in Italia

Le principali motivazioni che nell’Occidente europeo hanno originato la conformazione della chiesa romanica, rispetto ai caratteri dell’edilizia religiosa dei secoli precedenti, riguarda la generale necessità di ampliare e sistemare diversamente l’area del presbiterio, sia per ricavare lo spazio necessario per il clero (ormai molto numeroso), sia per consentire un’officio maestoso e solenne dei riti, dapprima distribuite in tutta la chiesa ed ora concentrate nell’altare maggiore. La risposta a tale esigenza si trova nella forma assunta dal coro, che diventa coro deambulato di dimensioni sempre maggiori.
La seconda motivazione si riferisce al modo di concepire ed immaginare l’edificio religioso, che diventa momento centrale e determinante della vita dell’uomo medioevale; l’oggetto architettonico è quindi sentito come una struttura che gradualmente tende a diventare forma, composta da una massa muraria grave e forte, articolata secondo membrature poste a scandire lo spazio.
Secondo una formula sommaria e semplicistica, la formazione dell’architettura romanica può essere assimilata alla trasformazione della basilica cristiana, che è un edificio dotato di un sistema strutturale discontinuo e coperto a tetto, ad una fabbrica interamente coperta a volte, tale da presentare una completa continuità di strutture murarie, anche se il processo di trasformazione è molto lungo ed articolato, giungendo a maturazione soltanto nella seconda metà dell’XI secolo.
Il processo di formazione dell’architettura romanica sintetizzato e riassunto come la progressiva conquista della capacità di costruire un organismo strutturato e coperto con volte, secondo una forma articolata ed aderente alla funzione d’uso ed alla solidità statico-costruttiva. Tale sviluppo è di consueto ipotizzato come uno sviluppo lento, svolto attraverso diverse fasi successive, inoltre di fondamentale importanza sono le premesse storiche che durante il Medioevo si possono riscontrare in varie parti d’Europa, infatti la copertura di un ambiente attraverso l’utilizzo di una volta, seppur di piccole dimensioni, viene sempre considerato dagli architetti medioevali.
Un secondo motivo è quello che indica ai costruttori del X secolo l’opportunità di realizzare l’intera copertura impiegando le volte, per allontanare il pericolo degli incendi, mediante la sostituzione della muratura al legname. La terza ragione riguarda il desiderio di assicurare i migliori effetti acustici al canto corale, funzione di fondamentale importanza specialmente nelle comunità monastiche.
La chiesa romanica costituisce il risultato di un impulso originario in cui l’uomo medioevale vuole raffigurare in un’immagine architettonica la manifestazione tangibile della presenza del divino nella vita quotidiana; l’espressione linguistica di tale richiesta è quella già detta e lungamente maturata nei secoli VII-X, che tende a tradurre la struttura muraria nei valori di massa plastica coerente ed omogenea, determinando il carattere e la qualificazione figurale dell’edificio.

 

 

La chiesa di Sant'Ambrogio a Milano







Sant’Ambrogio milanese (coro 784, absidi 940, atrio 1098), che presenta un corpo a tre navate iniziato nel 1080 ma coperto da volte solo dopo il disastroso terremoto del 1117, qui la partitura della grande navata impiega la tipologia delle chiese di pellegrinaggio a navata cieca, in quanto bloccata dalle collaterali e dalle gallerie sovrapposte, ma nello stesso tempo ne modifica fortemente le proporzioni, rinunciando allo slancio verticale (tipicamente francese), adotta invece una conformazione bassa e larga quasi priva di luce dalle arcate, dalle volte e dai matronei. La forza delle membrature che scandiscono con ritmo largo e grave la grandiosa successione delle campate cupoliformi risalta nella luce radente che penetra dagli arconi della facciata, in contrasto con l’ombra diffusa delle navatelle. La facciata è composta da un loggiato su grandi arcate, corrisponde ad una pianta rettangolare, a tre navate senza transetto.
E’ un’architettura che meglio sintetizza temi che riguardano il mondo paleocristiano e temi provenienti dal nord (in quanto l’Italia era in forte ritardo nella costruzione di edifici a crociera), si tratta poi di un’architettura che elabora e trasmette questi temi alle architetture successive sia in Italia centrale che in quella del sud. L’architettura della chiesa è formata da due elementi essenziali, la chiesa vera e propria e il quadriportico (un elemento che appartiene all’architettura paleocristiana); il razionalismo nella progettazione di questa struttura porta all’uso di un modulo molto significativo, cioè se noi guardiamo la pianta della chiesa notiamo

 

La chiesa di San Michele a Pavia

San Michele a Pavia (1120-1150), che nel corpo delle navate riprende la tipologia ambrosiana, ma ne rifiuta la soluzione a nave cieca, rialzando i muri della navata principale sopra il livello delle gallerie per aprirvi delle finestre. Qui troviamo la presenza del transetto sporgente, l’abside è diverso da quello di Sant’Ambrogio in quanto riprende le architetture del nord, il rapporto tra la dimensione delle navatelle e la navata centrale sono invece temi ripresi dalla basilica milanese, quindi c’è un proporzionamento dello spazio interno ed in più l’uso del pilastro a stella. Ma l’elemento più importante che diventa caratteristico di questa architettura è la facciata, tripartita attraverso la costruzione di due poderosi pilastri, la presenza di un nuovo elemento che diventa quasi costante nelle architetture emiliane e toscane, ovvero le loggette sommitali le quali hanno una lontana origine romana e bizantina (che diventa una reinterpretazione di un tema già visto, ovvero gli archetti pensili).

 

Cattedrale di San Gimignano a Modena






La cattedrale di San Gimignano a Modena eretta tra il 1099 ed il 1110 dal lombardo Lanfranco.
Organismo semplice su pianta rettangolare, tre absidi, senza transetto, articolato su campate doppie di pilastri alternati a colonne, falsi matronei, grande cripta e presbiterio; presenta un nuovo tipo di facciata è un esempio importante per la complessità del suo insieme, ovvero se noi guardiamo la facciata notiamo elementi che abbiamo visto prima, ma notiamo la presenza di due spioventi (rialzato quello centrale), la suddivisione in tre parti e l’uso delle loggette e del protili; elemento completamente nuovo è l’uso del tema della loggetta anche sulle altre fronti della chiesa (come elemento unificatore di tutti i prospetti), inoltre troviamo la forte presenza della cripta. Lo spazio interno ed il verticalismo rimandano alle architetture del nord, il tema della nave cieca di Sant’Ambrogio qui viene risolto con la presenza di un’architettura al di sopra del matroneo.
L’interno è stato gravemente alterato mediante la sostituzione dell’originale copertura ad arconi trasversali e tetto piano con pesanti volte a crociera a sesto acuto costolonate, con l’inclusione di uno pseudo-transetto basso e di un’enorme rosone sulla facciata; l’esterno sviluppa il ritmo agile e slanciato di una serie continua di archi triforati, che unifica fianchi ed absidi dell’edificio.
L’originalità dell’opera di Lanfranco è quella di aver tradotto il linguaggio lombardo (cioè romanico) con una concezione figurativa che non è più romanica, in quanto ha rinunciato alle motivazioni di ordine statico-strutturale e le ha sostituite con una visione rigorosa e cristallina. Lanfranco rinuncia alla copertura a volta, rinunciando così alla poetica romanica della massa-struttura, e vi contrappone una visione ritmica di spazi e superfici, priva di tessitura strutturale e senza primari e diretti riferimenti d’ordine statico e costruttivo.

 

 

La chiesa di San Zeno a Verona




Sempre nell’ambito della cultura lombarda, i monumenti veronesi costruiti in questo periodo manifestano influssi franco-normanni, sono invece modenesi le influenze che incidono nella zona anteriore della grande chiesa benedettina di San Zeno (1120), originando dopo il 1150 la costruzione di due arconi trasversali, che presumibilmente avrebbero dovuto estendersi all’intera navata, ma questa proposta e quella originaria (che prevedeva il completamento naturale della partitura delle semicolonne, mediante una sovrapposta copertura a volta) vennero abbandonate e il vano ricevette una copertura a tetto piano, che si definisce quale corpo estraneo rispetto al resto della struttura.
La facciata è stata il modello a cui si ispirarono tutti gli interventi romanici veronesi. Un unico portale d’accesso è collocato sotto un protiro (una sorta di baldacchino a mensola), quest’ultimo composto da due colonne poggiate su piedistalli che reggono una piccola volta a botte posta sotto due spioventi.
Il corpo longitudinale, privo di transetto, è tripartito da pilastri cruciformi alternati a colonne che conducono all’abside semicircolare prolungata da un vano quadrato.
 

giovedì 27 febbraio 2014

Architettura Protoromanica

Nella contea di Barcellona

Un diverso atteggiamento assumono gli architetti della contea di Barcellona, nella quale si realizzano edifici che apparirebbero con tendenze opposte a quelle della Germania perché gli interessi degli architetti della contea di Barcellona sono rivolti verso problemi strutturali, infatti realizzano tutta una serie di architetture che si contraddistinguono per le coperture a volte e anche per congegni strutturali molto complessi. Questo modo di procedere è dato dalle tradizioni locali di cui già la realtà carolingia aveva dato prova in numerosi esempi, ma anche il contributo notevole alla continuità di questa tradizione era stata data dalle maestranze lombarde, ovvero delle maestranze itineranti che dell’Italia settentrionale si erano spostate verso la Provenza, la Lingua d’Oca e poi a Barcellona. La presenza di queste maestranze lombarde in Catalogna fu favorita da circostanze storiche poiché i conti di Barcellona, in particolare il conte Oliba, il quale era molto legato al papato e durante i suoi viaggi passa anche per l’Italia settentrionale, rimane fortemente colpito dalle architetture complesse che qui venivano realizzate e soprattutto delle decorazioni ad arcatelle cieche poggianti su lesene, decide quindi di portare queste maestranze con se a Barcellona, ai quali affida la costruzione di nuove chiese oppure di ristrutturazione di chiese antiche, che vengono riadattate con modi compositivi lombardi, che possiamo individuare soprattutto nel sistema di coperture a volte a botte.

Queste volte a botte ricoprono per interno le navate (dall’ingresso all’altare) e per la loro lunghezza vengono chiamate volte a tunnel, sono generalmente rinforzate lungo il loro percorso da archi trasversali che rinforzano la struttura stessa. Il figlio del conte, che si chiama anch’esso Oliba, è più responsabile dello sviluppo dell’architettura catalana; fu un vescovo di vastissima cultura ed è legato con importanti personaggi; effettua anche lui dei viaggi e al suo ritorno da Roma è ospite del futuro vescovo di Milano ed ha la possibilità di osservare ancora meglio queste maestranze, di cui rimane affascinato e procede al reclutamento di uomini.

Si tratta di strutture del tutto simile a quelle in Italia settentrionale, molto articolate dal punto di vista strutturale e con la tipica decorazione ad archetti pensili, anche l’interno si nota come sia stata aggiunta la cripta (che naturalmente alza il pavimento del presbiterio).

Basilica di San Michele di Cuixa
I principali esempi che caratterizzano questa architettura le ritroviamo nelle abbazie dove Oliba fu presente prima come abate e poi come vescovo e sono le chiese di San Miguel de Cuixa (una chiesa dove trascorse i primi anni del noviziato), questa utilizza le strutture di una chiesa più antica di alcuni benedettini (che erano fuggiti in quanto la loro chiesa era stata inondata), in seguito al forte richiamo dei fedeli si necessità di un ampliamento, sempre ad opera dei conti di Barcellona, i quali costruiscono una chiesa nuova che viene consegnata nel 974. La chiesa della fine del X secolo si presenta con un impianto molto singolare che associa elementi della tradizione più visigota, insieme ad elementi della tradizione cluniacense (dovuta alla presenza di monaci, come il monaco Guarino), insieme a degli elementi nuovi come la presenta delle cappelle orientate, che si aprono sui bracci del transetto.

Quindi in questo momento, ancora prima dell’arrivo di Oliba, la chiesa presenta un impianto a tre navate, con una navata centrale che si prolunga anche nella zona presbiterale (separate da una serie di pilastri rettangolari, molto diffusi nella Spagna islamico, legate da arcate che hanno un profilo a ferro di cavallo, come tipico nell’architettura islamica). Questo corpo basilicale è unito al presbiterio da un transetto molto allungato e stretto, sul quale si aprono due cappelle orientali per ogni lato, questo è un elemento estraneo alla tradizione iberica ed era invece abituale nel mondo europeo poiché sono i cluniacensi che elaborano questo partito. Una delle due cappelle è stata chiusa perché nel XII secolo sono stati aggiunti due campanili (uno dei quali nel frattempo e crollato).

Gli interventi di Oliba, che vengono effettuati nel periodo in cui è vescovo, riutilizzano l’antica struttura e ne modificano sostanzialmente la parte presbiterale, in quanto riempie lo spazio che intercorreva tra le due absidi ed il presbiterio centrale con un corridoio che avvolge l’antico presbiterio, sul quale apre delle cappelle semicircolari, secondo un partito che era apparso in epoca carolingia. Questo corpo di fabbrica è molto particolare perché segna un momento di passaggio continuo ed è collegato anche con il transetto mediante porte che hanno anch’esse un profilo a ferro di cavallo; quindi le parti di Oliba non si limitano a questa zona, ma aggiungono anche nella parte occidentale tutto un corpo di fabbrica, articolato su più piani.

Gli elementi lombardi sono chiaramente individuabili nella presenza di archetti con le lesene e soprattutto nella disposizione delle finestre (che dal basso verso l’alto diventano sempre più aperte).

Quindi nella parte occidentale aggiunge un nuovo settore che si sviluppa su due piani, uno al livello della chiesa antica e l’altro più in basso, sfruttando la pendenza del terreno, la parte sottostante è una specie di cripta, formata da due navate che immettono in due corridoi (che sono due cappelle), tra le quali si trova una zona centrale, formata da una cripta, coperta da una volta a botte anulare (che si appoggia sui muri perimetrali e su un pilastro centrale, anche questa soluzione non è nuova ma proviene dal mondo carolingio); la cripta ha lo stesso orientamento nella chiesa.

  Al piano superiore costruisce sempre un’altra cappella che si sovrappone a quella sottostante (dedicata alla trinità), fiancheggiata sempre da corridoi-cappelle, riunendo la parte preesistente con un atrio interno; all’atrio si arriva direttamente attraverso le scalette laterali (come avveniva nelle chiese paleocristiane dell’area adriatica), mentre dalla cappella superiore di arrivava attraverso altre scale poste sulla facciata.

Monastero di Santa Maria di Ripoll
L’altra chiesa, dove troviamo Oliba come abate, è la chiesa di Ripoll, anche questa è il risultato di una serie di modifiche che sono state fatte nel tempo (almeno 5 o 6) e prima che Oliba arrivasse ne aveva già subite tre, infatti le origine della chiesa sono molto più antiche. La fama di questa abbazia era legata alla presenza di uno scriptorium, nel quale i monaci copiavano i testi antichi miniandoli; dal nostro punto di vista ciò che è importante è che erano mozarabici (ovvero venivano dalla Spagna islamizzata), quindi nel disegnare queste miniature ripropongono una serie di elementi decorativi tipici della tradizione islamica.

La chiesa viene notevolmente trasformata quando Oliba diventa abate, prima che arrivasse la chiesa era limitata soltanto alla parte basilicale, con una struttura a cinque navate che evoca intenzionalmente San Pietro; questa chiesa terminava con cinque absidi e non esisteva il transetto. La navata centrale era limitata con una fila di pilastri, mentre le parti laterali erano suddivise da un’alternanza di pilastri e colonne, probabilmente di derivazione sassone.

Quando diventa abate, ormai l’abbazia è diventata celeberrima quindi decide di ampliarla, abbatte le cinque absidi che terminavano l’antica chiesa e su quest’area costruisce un transetto continuo come quello di San Pietro, mentre il muro di chiusura viene contornato da sette absidi, mentre tutto il transetto è coperto da volte a botte continue (rinforzate da archi trasversali, seguendo il modo di procedere dell’architettura lombarda), mentre l’altro settore della chiesa continua ad essere coperto da volte a capriate; questa differenza delle coperture rientra in quella mentalità di dinamismo che abbiamo accennato.

Altri elementi aggiunti da Oliba sono la presenza portico con due torri laterali ed ancora la decorazione ad archetti pensili che manifestano la presenza di maestranze lombarde.

La chiesa venne in seguito quasi completamente distrutta da un incendio, durante la ricostruzione si presero elementi provenienti da altre chiese, commettendo una sorta di falso.

Monastero di San Martino de Canigo
Questa chiesa è l’espressione più tangibile della presenza lombarda in terra catalana, poiché è una struttura in cui le maestranze sono state presenti in maniera molto numerosa; dall’esterno l’elemento che preannuncia questa presenza è il campanile, ma all’interno i sistemi di copertura sono quelli elaborati dai magistri lombardi. Il complesso è formata da due chiese sovrapposte, una più bassa chiamata cripta (che è separata da un altro settore, il cui tetto serve da sagrato alla chiesa superiore), quindi la chiesa sottostante è più lunga di quella superiore.

La struttura è molto complessa perché le tre navate sono coperte con volte a botte molto allungate, sostenute da archi trasversali appositamente introdotti; nella parte presbiteriale invece si trovano delle volte a crociere e tre absidi. Tutta questa struttura costituisce la fondazione della chiesa superiore, che però presenta una non coincidenza delle absidi con quelle sottostanti (le absidi della chiesa superiore sono più arretrate); anche questa chiesa superiore è coperta da volte a botte a tunnel (sostenute da colonne al centro e da muri all’esterno).

In Italia

La basilica di Sant'Ambrogio è una delle più antiche chiese di Milano. Edificata tra il 379 e il 386 per volere del vescovo di Milano Ambrogio Nel IX secolo, subì importanti ristrutturazioni volute dal vescovo Angilberto II (824-860), il quale fece aggiungere la grande abside, preceduta da un ambiente sovrastato da volta a botte, sotto il quale si svolgevano le funzioni liturgiche.

  Al ciborio, di epoca ottoniana, vennero aggiunti quattro fastigi con timpano, decorati con stucchi nel X secolo ed ancora eccellentemente conservati. Sotto il ciborio venne collocato l'Altare di Sant'Ambrogio, capolavoro dell'oreficeria carolingia La basilica ha preso il definitivo aspetto tra il 1088 e il 1099, quando, sulla spinta del vescovo Anselmo, venne radicalmente ricostruita secondo schemi dell'architettura romanica. Venne mantenuto l'impianto a tre navate (senza transetto) e tre absidi corrispondenti, oltre al quadriportico, anche se ormai non serviva più a ospitare i catecumeni, ma come luogo di riunione. Rispetto alla chiesa originale, la nuova eredita scrupolosamente la pianta: tre navate absidate con quadriportico antistante. La pianta interna della basilica è longitudinale e (se si escludono le absidi) ha le stesse dimensioni del portico antistante. La facciata (detta "a capanna") è larga e bassa, tipica anche dei casali di campagna: la sua forma esprime l'attaccamento alla terra che tanta parte ha nella concezione che sta alla base della progettazione della chiesa. Presenta due logge sovrapposte. Quella inferiore ha tre arcate uguali e si ricongiunge con il perimetro interno del portico, mentre quella superiore ha cinque arcate che scalano in altezza assecondando il profilo degli spioventi. Presenta anche degli archetti pensili, cioè file di piccoli archi a tutto sesto che "ricamano" la cornice marcapiano e gli spioventi. Le volte delle navate laterali, con campate di dimensioni pari alla metà del lato di una campata nella navata centrale, poggiano su pilastri minori e reggono i matronei. Questi ultimi occupano tutto lo spazio eventualmente disponibile per il cleristorio .

La basilica e il battistero di Agliate

Costituiscono uno dei più interessanti esempi di architettura romanica in Brianza, riconducibile ai secoli IX-X. Oggi la basilica si presenta con una facciata a salienti interrotti che rivela la tripartizione interna della chiesa. L’interno presenta uno schema a tre navate absidate, senza transetto né tiburio; le navate, coperte da legno a vista, sono separate da due file di sette colonne piuttosto basse; alcuni capitelli sono costruiti con materiale di reimpiego. Sotto il presbiterio e l’abside centrale si trova la cripta a tre navate e quattro campate, del tipo cosiddetto "ad oratorio" che si diffuse in tutta la val Padana tra il X e l’inizio del XI secolo. La chiesa doveva essere interamente affrescata; il restauro del 1985-86 ha tentato di recuperare l’aspetto originale degli affreschi rimasti, che erano stati ridipinti durante il restauro di fine 800. Accanto alla chiesa si trovano il battistero e un edificio medievale con i muri rinforzati a barbacane. Il battistero presenta la soluzione, unica nel suo genere, della pianta a nove lati due dei quali compresi nell’abside. Il materiale costruttivo è simile a quello della basilica, con alternanza di tratti a spina di pesce e di grossi conci. La superficie è coronata da una serie di fornici collocati in maniera disordinata. Sotto i fornici corre una decorazione di archi ciechi che poggiano su peducci a goccia. La parte sottostante, priva di lesene, ospita grandi finestre strombate. All’interno non compaiono, secondo un modello diffuso ad Arsago Seprio e Galliano, logge o matronei. La cupola è ad otto spicchi. La datazione del battistero va collocata in un'epoca di poco successiva alla costruzione della chiesa, all’inizio dell’XI secolo.

In Francia

Abbazia aux Hommes 1068-1081
Pianta: un solo tipo di piedritti (pilastri con semicolonne addossate), tre navate con terminazione absidale e transetto poco sporgente.

Coperture: lignee per la navata centrale, a crociera per quelle laterali. Successivamente anche la navata centrale è stata coperta con volte a crociera. All’innesto del transetto è presente una torre lanterna.

Facciata: è detta “armonica” ed è tipica Normanna, con le due alte torri laterali, che occupando lo spazio delle navate secondarie, rendono leggibile dall’esterno la partizione interna. E’ presente il sistema tipico pilastro-matroneo-finestre.

Verso il 1063, il duca Guglielmo il Conquistatore e la duchessa Matilde fondarono le abbazie aux Hommes e aux Dames in quanto atto espiatorio del loro matrimonio consanguineo .Lo schema d’alzato segue l’andamento a tre livelli che diventerà la scelta tradizionale normanna in epoca romanica, pur aggiungendo tre innovazioni di maggiore interesse : l’ampiezza delle gallerie superiori prospicienti la navata attraverso un grande arco unico (impianto ricorrente nella cattedrale di Norwich) ; nella navata, a gruppi di due campate, l’alternare di pilastri forti a pilastri deboli, quelli forti essendo adibiti a sostenere degli archi diaframma e i muri tagliafuoco, i quali sono andati dispersi insieme alla copertura a capriate lignee originale ; infine, la via di camminamento del terzo livello .La struttura stessa della navata con ampi vani vuoti alternanti con pilastri costituisce una sistemazione che avrebbe portato in maniera del tutto naturale alla crociera ogivale. Verso il 1115, delle volte con sei spicchi sostituirono il soffitto ligneo, il che provocò un mutamento del piano superiore : le aperture verso la navata vennero modificate (invece di quattro arcate grandi per ogni due campate, la combinazione di un’arcata grande con una piccola); di conseguenza, una colonnina venne aggiunta in cima ai pilastrini dei pilastri forti per sostenere la spinta degli archi. In facciata viene a combinare un sostegno massiccio quadrato con tre file di aperture, irrigidito da quattro robusti contrafforti, con le due torri, il cui sapiente progredire delle arcature e delle aperture alleggerisce la massa nello slanciato verticalismo. È senza dubbio una reinterpretazione dei massicci occidentali di tradizione carolingia e ottoniana, ma è anche il primo esempio della facciata armonica normanna, la cui modulistica verrà diffusa fin dal secolo successivo nelle grandi cattedrali.