domenica 14 dicembre 2014

Il Pre-gotico

La trasformazione della chiesa romanica nella chiesa gotica comporta un lungo e composito processo di graduale conversione dell’organismo statico-costruttivo, un processo che prende inizio nel terzo decennio del XII secolo e giunge a compimento nel nono decennio successivo. Si tratta di uno sviluppo in cui l’intera massa muraria della chiesa romanica, composta da una grande struttura continua, dotata di forti spessori e dimensioni, posta a creare un sistema statico spingente verso l’esterno, si trasforma attraverso vari fasi e successive modifiche in un organismo diverso, realizzando la propria stabilità attraverso un criterio opposto a quello adottato in origine.
Il nuovo principio risulta quello di definire e specificare con sufficiente esattezza le forze agenti entro il sistema, individuando la direzione e l’entità delle sollecitazioni portate alle singole strutture, ciò allo scopo di sistemare l’ossatura resistente nei nodi vitali della costruzione, convogliando le forze lungo predeterminati percorsi.
In tal modo la trasformazione della chiesa romanica in quella gotica si profila come la graduale sostituzione di un sistema statico non sufficientemente definito (perché resistente per massa materica, spessore e peso), con un organismo che si libera delle parti superflue e tende a conformarsi come la raffigurazione muraria del sistema statico adottato: una trasformazione da blocco murario a sistema scheletrico.
L’impulso che durante il XII secolo spinge gli architetti dell’Ile de France a realizzare gradualmente questa radicale trasformazione sorge da una spontanea potenzialità creativa insita nella stessa azione del costruire.
La specificità figurativa perseguita dai gotici  presenta una scelta graduata nel tempo, secondo specifiche direzioni; considerando che la vera figurazione della chiesa gotica è l’interno (essendo gli esterni il retroscena di quell’immagine) la prima scelta che risulta compiuta è quella riguardante la forma conferita al vano della navata, prevista e realizzata come un corpo altissimo (con un rapporto di larghezza ed altezza da 1:2 a 1:3,5), una tendenza ereditata da alcune importanti correnti architettoniche romaniche (espresse nelle chiese di pellegrinaggio) e nelle grandi costruzioni ottoniane.
Questa preferenza formale necessita chiaramente di una partitura in verticale che si manifesti come geometrica partitura dello spazio, vengono quindi inseriti pilastri a tutta altezza e le arcate a costituire l’ossatura dell’edificio.

Il coro di Saint-Denis

Il monumento che segna l’inizio del sistema strutturale gotico è l’abbazia di Saint-Denis, riedificata dall’abate Suger nel corpo frontale di facciata e nel nuovo coro, consacrato nel 1144, conformato come un doppio deambulatorio.

E’ proprio questo coro (poi rifatto nel XIII secolo) a rappresentare il primo esempio di grande impianto caratterizzato dalla concentrazione dei pesi e delle spinte sopra una serie di sostegni isolati (e relativamente esili), allo scopo di realizzare uno spazio libero e comodo per l’afflusso dei fedeli; inoltre viene qui per la prima volta testimoniata la scelta di un nuovo tipo di copertura, ovvero la volta a crociera costolonata e rialzata, conformata a sesto acuto.
Negli anni successivi alla realizzazione di questo coro prende gradualmente inizio la formazione del sistema scheletro, nel nuovo assetto dell’edificio chiesastico la conformazione delle volte è diretta a realizzare la concentrazione delle spinte nelle ristrette zone d’imposta, situate sulle pareti, contro le quali si ergono gli archi rampanti, che a loro volta scaricano le sollecitazioni sopra i contrafforti rastremati. Si tratta quindi di un sistema che riprende il tema statico strutturale della chiesa romanica, ma lo risolve in una maniera differente.
Le navate sono 3, voltate a crociera, quella centrale più ampia e più alta, e sul lato nord si aggancia una fila di cappelle. L’edificio è preceduto da un nartece con rosone a richiamo dei Westwerk carolingi: 3 portali e una torre sul fianco meridionale. Il complesso comprende archi a sesto acuto, rampanti, volte costolonate, cappelle radiali, deambulatori, cleristorio con enormi vetrate, ecc., era la prima volta che questi elementi comparivano tutti insieme in un progetto.

La cattedrale di Sens

Contemporaneamente al coro di Saint-Denis è quello della cattedrale di Sens (1150 circa) il quale, pur mostrando nei pilastri angolari una robusta membratura di carattere romanico, rivela apertamente forma ormai gotiche nella risoluzione della volta esapartita, la scelta di questo tipo di copertura su pianta quadrata, con la conseguente accentuata diversità fra i pilastri estremi e binato di colonne intermedio, genera una campata doppia, che si definisce come motivo architettonico complesso, accentrato e chiuso in se stesso, motivo che, adottato come modulo, si ripete lungo tutta la navata.
L’architetto, Guglielmo di Sens, nel 1135, ricorre a un volume semplice tripartito e continuo se si esclude la leggera sporgenza del transetto. La facciata principale, quella ovest, richiama quella di Saint-Denis, un nartece con 3 ingressi.
Tutto il perimetro dell’edificio è scandito da contrafforti e da un primo tentativo di impiego di archi rampanti per sostenere le sottili pareti della chiesa.
La navata centrale è scandita dall’alternarsi di pilastri forti e deboli, questi ultimi composti da semplici colonne binate; come nell’età romanica la parete è scandita su 3 livelli, quello più basso è movimentato da archi a sesto acuto, quello intermedio è occupato dal triforio mentre quello più alto, il cleristorio, da ampie vetrate sotto le volte costolonate della copertura. La parete del transetto è scandita da solo 2 ordini, manca il triforio allo scopo di ingrandire le vetrate. Il lato lungo del transetto, in direzione del coro deambulato che termina con un’abside centrale sporgente, presenta 2 absidi che fiancheggiano il corpo longitudinale.


La cattedrale di Laon

Ma la vera innovazione architettonica e compositiva appare nella cattedrale di Laon, costruita fra il 1160 ed il 1204, con torre lanterna, quattro torri, coro rettangolare e la facciata che diventerà prototipo di fronti altogotiche. La scelta compiuta a Laon è quella di realizzare un’immagine dell’interno omogenea e fortemente segnata, riducendo l’ampiezza delle campate, marcando in modo decisivo le linee verticali ed articolando tutto l’insieme, per ottenere una lunga fuga prospettica lungo la navata, svolta secondo un ritmo scandito e serrato. La prevalenza di questa soluzione è così marcata che la forma esapartita delle volte e la differenza fra i fasci di colonnini non riescono ad incidere sugli effetti d’insieme.
Un corpo longitudinale tripartito con navata centrale molto più ampia e alta che conduce verso un transetto ampio è tripartito esattamente come il corpo ed esso perpendicolare; all’edificio è possibile accedere anche dai due bracci dei transetti dotati anch’essi, come la facciata principale di due torri e di un nartece a quattro campate. Le pareti della navata mediana sono scandite su quattro livelli: arcate a tutto sesto, forum, triforio e ampie finestre. Il coro a terminazione dell’edificio, inizialmente a tre navate, è stato ingrandito a dieci, di conseguenza il transetto interseca il corpo longitudinale quasi al centro.

La cattedrale di Notre-Dame a Parigi

L’ultima opera pregotica è la cattedrale di Parigi, Notre Dame, iniziata nel 1163 e modificata più volte, all’interno riprende la soluzione esemplificata che abbiamo visto a Laon: volte esapartite, grosse colonne assimilate a pilastri, tre piani compresa la galleria. In questa grande chiesa a cinque navate, la partitura non ha ricevuto ancora la sua forma matura, la quale compare quando, resa finalmente inutile la presenza delle gallerie, la composizione della parete risulta composta solamente da due piani (arcate e finestre-luci) e da un basso e minore triforio intermedio, è la soluzione che risulta essere adottata per la prima volta nella cattedrale di Chartres.
Il corpo longitudinale è diviso in cinque navate, scandite da dieci campate, fiancheggiate da cappelle che girano tutto il perimetro (ad eccezione della facciata e del transetto); superato il transetto, ampio quanto la navata mediana, non sporgente, segue un coro a cinque navate con cinque campate che portano all’abside semicircolare, doppiamente deambulata e divisa in cinque settori dove sono collocate cappelle radiali. Le navate sono separate da pilastri con semicolonne che reggono crociere costollonate poste sotto una serie di arcate rampanti e contrafforti (poggiano sulle pareti del cleristorio illuminato da vetrate) che reggono le pareti della navata centrale a tre livelli (arcate a sesto acuto, triforio e cleristorio).


La cattedrale di Canterbury

Nel 1174 la cattedrale di Canterbury venne colpita da un incendio e per questo si decise di ricostruirla nelle sue parti danneggiate, tra i vari  maestri costruttori che accorsero si impose Guglielmo di Sens, quale propose il rifacimento, in forme rinnovate, del coro. Gervaso (un monaco del tempo) osserva come i sostegni del nuovo coro (pilastri e colonne) non differiscano in pianta da quelli antichi, ma sono molto più alti (come sono tutte le proporzioni dell’edificio); inoltre con volte a crociera costolonate si presenta come il modulo determinante la spazialità dell’intero edificio, in modo tale che è ridotta l’autonomia di ogni singola parte nella ricerca di una maggiore fusione spaziale, è quanto, con linguaggio attuale, viene definito il superamento della concezione compositiva romanica per sommatoria di entità spaziali autonome e la tendenziale unità dello spazio gotico, si assiste alla dissoluzione del muro in quanto tale e alla riduzione del confine spaziale per arrivare ad un sistema diafano. Da questo deriva il discorso riguardate la luce, l’interno della chiesa gotica è infatti ben diverso dalla profonda oscurità che domina negli edifici romanici, anche se l’incremento di luminosità (dovuto allo svuotamento delle pareti) rimane relativo (almeno nella prima metà del XIII secolo) e comunque non rappresenta lo scopo dei costruttori. Infatti la luce gotica è più che altro una luce colore, che non sembra filtrare dalle finestre ma direttamente emanate da esse, una luce non naturale che si integra con la struttura dello spazio, condizionandola e trasfigurandola con la sua continua mutevolezza nel corso del giorno e dell’anno.
L’edificio ha una pianta un po’ “movimentata”: si inizia con un corpo longitudinale tripartito (voltato a crociera costollonate) da pilastri cruciformi che porta ha un primo transetto, superato il quale sorge il coro seguito dal presbiterio, quest’ultimo collocato nel mezzo di un secondo transetto di poco più grande con, su ogni braccio, 2 cappelle semicircolari che fiancheggiano l’ultimo tratto dell’edificio composto da un ambiente semicircolare di forma allungata (sul quale si aggancia un ultimo vano circolare) contenente tombe e la Cappella della Trinità. Sulla navata di sinistra affaccia un chiostro dal quale è possibile accedere agli ambienti monastici (è possibile raggiungerli anche da passaggi ricavati dai bracci sinistri dei transetti). La facciata principale è fiancheggiata da 2 torri, dalle quali partono contrafforti che circondano tutto il perimetro dell’edificio e dividono a gruppi di 4 le finestre che illuminano le navate laterali scandite su 3 registri sovrapposti e coronati, all’esterno da un’arcata a sesto acuto; una terza torre, più alta, si erge sul vano da crociera ottenuto con l’intersezione dei primo transetto.




Nessun commento:

Posta un commento