domenica 23 febbraio 2014

Carlo Magno, Sacro Romano Impero (771-814)

Egli sull’ondata del padre Pipino III cercò di conservare il grande lavoro fatto dal padre ed anzi, lo portò al suo apice. Come prima cosa ristabilì i buoni rapporti con il papato eliminando la minaccia longobarda che aveva sottratto numerosi territori a papa Adriano (tra l’altro donatigli proprio da suo padre Pipino III).

Carlo Magno si impegnò molto per acculturare il proprio popolo e lui stesso attraverso l’evangelizzazione dei popoli Sassoni Slavi ecc.; egli fonderà la Scuola Palatina e si servirà di funzionari di fiducia per poter meglio amministrare il proprio impero. Nella notte di natale del 800 venne incoronato da Papa Leone III come Sovrano del Sacro Romano Impero. Tra i suoi sostenitori Eginardo e l’abate Adalhardo.

Ingelheim; palazzo reale a fine 800
Questa località vicino a Magonza fu scelta intorno alla fine dell’ VIII per la costruzione di un palazzo reale. Qui molto probabilmente era sorta un’antica villa romana. Ecco com’era suddiviso il palazzo:

Aula Regia: di forma rettangolare e absidata, era una grande sala unica senza altri muri ad intersecarsi, preceduta da portico monumentale a nord, attraversando il quale si poteva entrare. Sono state ritrovate pavimentazioni in opus sectile, le pareti sono state dipinte con le grandi gesta degli eroi romani tra cui le sue e quelle dei suoi antenati (Carlomagno Carlo Martello Pipino III ecc.)

Ala Settentrionale: situata nella zona più alta del palazzo era divisa in sei stanzoni con ognuno un disimpegno verso l’esterno ma di ampiezze variabili. Lo scopo di queste sale era di rappresentanza.

Da questo gruppo di ambienti aggettanti nasceva una grande esedra semicircolare di diametro di 45 metri e comprendeva ambienti che si aprivano in una corte interna semicircolare. Lungo il perimetro erano disposte colonne ogni 25 metri (all’ingresso invece erano a 8,5 metri di distanza). Erano questi modi compositivi ispirati a quelli di molte ville di epoca romana sparse per tutto l’Impero.

Aquisgrana, Palazzo e Cappella Palatina
In questo luogo nel 794 Carlomagno fa costruire un imponente palazzo.

Zona strategica politicamente e militarmente era ricca di sorgenti sulfuree molto amate da Carlomagno. L’area generale di tutto l’impianto era rettangolare e gli edifici erano tra loro collegati da strade ortogonali, ad oggi sopravvivono soltanto l’Aula Regia e la Cappella Palatina.

Le dimensioni di questo complesso furono prese contemplando il modulo carolingio di 0,333 (ottenuto dalla romana del piede capitolino di 0,296 + 1/8 della stessa misura; i numeri vengono desunti dal libro dell’Apocalisse di Giovanni).

Aula Regia: realizzata seguendo il piede capitolino 0.296 è una sala rettangolare di  47x20 metri con un abside ad ovest e due conche, una a nord e una a sud; un impianto triabsidato che si rifà alla basilica di Massenzio. Le pareti sono dotate di finestre inquadrate nelle lesene. È presente un porticus, ossia una stretta galleria a due piani con copertura a botte al pian terreno e a capriate per il piano superiore ed era il collegamento tra l’aula regia e la cappella palatina. Nel punto medio della porticus si intersecava un altro corpo a due piani che era l’ingrasso ufficiale e monumentale del palazzo.

Cappella palatina: Carlomagno pensava ad una pianta centrale e nel 790 iniziano i lavori per la cappella, conclusi nel 798 e consacrata da papa Leone III nell’805, fu frutto dell’architetto Odo da Metz e del sovraintendente ai lavori Eginardo.

L’atrio precedeva la cappella, disposto inusualmente, presentava a nord e a sud due pareti con semicupole. Successivamente furono aggiunti dei sostegni per rialzare un corridoio di 50cm, corridoio destinato a riunioni e cerimonie professionali. Era presente anche un westwerk, un portico sporgente 3,5 metri rispetto alle due torri scalari, al secondo livello del westwerk era posto il trono imperiale in asse al coro occidentale. Passato atrio e westwerk si arrivava all’interno; si tratta di due ambienti uno dentro l’altro; il tamburo centrale ottagonale (che è poi il vano della cupola) è circondato da un deambulatorio a 16 lati coperto da volte triangolari o quadrate. Sopra il deambulatorio si trova il matroneo coperto da volte conoidiche; il vano superiore dell’ambulacro è poi caratterizzato da alte arcate che si affacciano sul tamburo centrale e con doppi ordini di colonne in porfido marmo e granito (ora conservate al Louvre di Parigi).

Il numero otto usato nel tamburo non è casuale: sette sono i giorni della creazione e uno è la personificazione di Dio.

Ancora a nord e a sud della Cappella Palatina si trovavano due edifici rettangolari  con identiche dimensioni 15x23 metri ciascuna munita di abside e nartece.

Aquisgrana venne scelta nel 794 come città stabile per Carlo, al confine tra Germania e Olanda, una città ben posizionata e cara a Carlo Magno perché vi a trascorso l’infanzia e anche perché l’area è ricca di sorgenti termali con efficacia terapeutica, diventerà il palazzo principale e la città capitale di tutto l’impero. L’area scelta era occupata da l’insieme che formava il palazzo imperiale, dagli annessi e dalla cappella palatina.

I dati iconografici desunti dai rilievi permettono di verificare che i costruttori definirono le dimensioni dell’impianto generale e dei singoli edifici sulla base della misura del piede dursico o carolingio; questo era di 33 cm, una unità di misura che viene assunta come riferimento e moltiplicata per i numeri delle sacre scritture (3,7,12 che sono quelli del Libro dell’Apocalisse), secondo diversi studi l’impianto generale era articolato attraverso un sistema modulare che aveva come unità base figure semplici come il quadrato, quindi tutto la zona del palazzo è suddivisa in tanti quadrati all’interno dei quali sono messi altri quadrati, da ricordare è che l’impianto di questo complesso sono regolate da rapporti proporzionali basati su moduli di base che sono dei quadrati, ottenuti moltiplicando il piede dursico per ottenere la lunghezza dei lati.

L’area è suddivisa da una serie di quadrati su cui si adagia la basilica regia, collegata alla cappella palatina attraverso una struttura molto lunga, che porta ad un atrio che precede la cappella palatina vera e propria, che assume pianta cruciforme grazie a delle costruzioni laterali.

Le dimensioni dell’Aula Regia sono le uniche basate sul piede capitolino; la sua vasta sala rettangolare presentava un’abside occidentale e altre due conche laterali a nord e a sud; il su impianto triabsidato rimanda ideologicamente alla basilica di Massenzio.

Lungo il corridoio a due piani (di 120 metri) troviamo una sorta di tretrapilon a due piani con l’intersezione con un’altra strada che portava al palazzo vero e proprio, tale costruzione rappresenta il vero e proprio ingresso al palazzo (ricorda la disposizione della Chalkè, la porta costruita da Giustiniano, la quale univa il palazzo a Santa Sofia); questa struttura seguiva una procedura già diffusa negli ambienti monastici anche qui si creavano i nuclei principali religiosi collegato da strutture porticate o che collegavano con il palazzo del vescovo (posizionata in maniera più elevata), lo stesso troviamo qui.

Edificio rappresentativo è la cappella palatina, costruita da Odo di Metz, che presenta una serie di elementi che per un verso lo collegano al mondo antico ma per l’altro introduce una serie di novità ricavate dal linguaggio occidentale. L’intento di Carlo Magno era quello di edificare la sua cappella similmente ad una costruzione a pianta centrale, secondo il modello delle cappelle imperiali paleocristiane ed in particolare su quella di San Vitale a Ravenna. Si continua sulla scia di San Vitale affermando il rapporto con la struttura, non rallentato come in San Vitale, il visitatore non deve fare più un percorso tortuoso mediante l’accentuazione del senso di simmetria con l’accentuazione dei valori di massa (ormai diventati peculiari), questa attuazione sono inseriti alcuni elementi che la rendono particolare e la mettono in una posizione di distacco totale. Ovvero la presenza di questo corpo d’ingresso chiamato Westwerk; questo corpo occidentale è una invenzione completamente carolingia, si tratta di una struttura costituita da una piano terra che introduce in un ambiente quadrato che funge da vestibolo che consente l’accesso a delle scale laterali e portano a livello del piano superiore, nell’ambiente quadrato era collocato il trono imperiale.

La pianta della cappella è formata da un prisma ottagonale centrale, conclusa da una volta a padiglione ad otto spicchi sferici con tamburo finestrato; questo nucleo centrale è avvolto da un prisma esterno più basso, che ingloba un deambulatorio, la struttura muraria è realizzata con grossi blocchi di pietra accuratamente squadrati ed inframezzati da malta, infine riferimenti teologici sono stati desunti dalle dimensioni dell’edificio.
 

La partecipazione dei fedeli alla sacra liturgia avveniva con la distinzione in classi, il popolo e gli addetti al palazzo assistevano alla messa dal piano terra; nelle gallerie della zona orientale dell’ottagono si disponevano la corte e gli alti dignitari, mentre l’imperatore si posizionava sempre a questo livello ma in asse con l’altare del Santo Salvatore, nella zona occidentale dell’ottagono (cioè sopra l’ingresso).

Questa struttura si configurava all’esterno con una grande torre che diventa un’asse verticale che compete con l’altro della chiesa, questa composizione di masse toglie enfasi al corpo centrale, questa presenza introduce un elemento di rallentamento in questo procedere dall’ingresso verso l’altare e in questo procedere viene attirato verso l’alto e diventa una pausa prima di arrivare all’interno; quello che viene preso ad esempio dalla architetture successive.

Sebbene il riferimento di partenza sia San Vitale, la cappella palatina di Aquisgrana si differenzia molto dalla chiesa ravennate, in quanto l’ingresso assiale e la chiara visione del sistema strutturale contribuiscono ad eliminare ogni residuo di illusionismo spaziale e a percepire uno spazio concreto, tridimensionale e funzionale. Inoltre a Ravenna tutte le parti dell’edificio convergono lungo l’asse centrale, mentre ad Aquisgrana l’asse centrale è indebolito dalla presenza del westwerk.

Data dal fatto che la struttura si presenta in maniera semplice e non nasconde niente. Nella cupola sono raffigurati il Cristo con i discepoli e l’imperatore si dispone in una posizione intermedia. 16 sono i lati mentre il nucleo centrale sono ottagonali poi in alzato emerge soltanto l’ottagono, all’esterno i vari volumi sono differenziati tra loro di dodici piedi. Le volte sono triangolari e molto chiare rispetto a San Vitale.

Paderborn; Vestfalia
Qui soggiornò Carlomagno durante le campagne contro i Sassoni poco prima del 794. Nel 777 alcune testimonianze ci parlano di un palazzo sulle cui rovine verrà costruito quello carolingio con chiesa annessa, (terminato nel 799). Ad oggi i resti di un aula rettangolare con coro, mentre la chiesa con tre navate, transetto e tribune laterali. La particolarità di questo edificio si trova al di sotto del coro absidato semicircolare: una cripta deambulata, contenente le reliquie di San Liborio.

Lorsch (Austrasia); basilica di San Pietro e Paolo e la Torhalle
Intorno al 762 fu fondata la prima basilica da Williswinda e dal figlio Cancor. Passata successivamente alla cura del vescovo Crodegango, venne popolata da un manipolo di monaci di Gouze. La chiesa era dedicata ai Santi Pietro Paolo e Nazario.

Nucleo primigenio; costruito sopra i resti di una villa franca, venne adattata alla vita monastica e giustapponendo l’aula più grande con un abside nacque la chiesa (aula ed abside entrambi di forma quadrangolare molto semplice).

Nuova chiesa; i pellegrini affollavano sempre di più l’abbazia tanto da necessitare un ampliamento: il complesso che ora comprendeva ben 5000 mq venne cintato con mura. Il soffitto venne cassetto nato, il pavimento sistemato e la tomba di san Nazario decorata con oro e argento. Il responsabile di tali lavori fu l’abate Elmerico tra il 778 e il 784.

Torhalle: questo edificio costituito da un blocco rettangolare di modeste dimensioni si trova in asse con l’atrio e con la chiesa, ma posizionato in uno slargo. Dotato di un piano terra aperto con tre arcate per lato e di un primo piano al quale si accede attraverso due torri scalari poste sui lati corti, una copertura a falde molto inclinate.

Al piano terra le arcate poggiano su pilastri di pianta quadrata con addossate semicolonne con capitelli compositi con palmette in pietra grigia. All’interno del piano terra non troviamo decori;  mentre il primo piano è decorato con dipinti di colonne ioniche e una trabeazione. Le decorazioni esterne vanno complicandosi dal basso verso l’alto: rettangoli rossi e bianchi a scacchiera; sopra ai quali poggiano rombi in parallelo, il marcapiano poi divide gli esagoni circondati da triangoli bianchi che formano i raggi stellari, motivi ricorrenti nei pavimenti romani in opus sectile (già visti ad Ingelheim). Questo edificio rievoca molti altri edifici romani, come l’arco trionfale romano, altri credono che sia un rimando ad un edificio dell’epoca di Costantino, posto davanti ad una scalinata che dava accesso all’atrio di San Pietro a Roma, teoria accreditata vista la stima dichiarata per Costantino, ma non verificabile in quanto davanti a San Pietro non v’è più.

Nel 765 Crodegango nominò abate di Lorsch (presso Worms) il fratello Gundelando e nel 772 Carlo Magno proclamò l’abbazia reale e la pose sotto la sua protezione; quando costruisce questa abbazia era ancora re, ma i lavori so protrassero sino all’ottavo secolo; oltre ad ospitare molti monaci l’abbazia costituiva una vera e propria città circondata da mura e all’interno si trovava l’abbazia vera e propria, in questo caso di grandi dimensioni, dedicata a San Nazario di cui erano state portate le reliquie da Milano; è una chiesa che non mostra particolarità dal punto della tipologia edilizia; era priva di transetto ed era costituita da tre navate articolate in pilastri e comprese tra un coro rettangolare ad est ed un’imponente edificio con due alte torri fiancheggiate da blocco centrale ad ovest. In origine era conclusa da un’abside in seguito sostituita da una abside a livello della navata (questo cambiamento è del IX secolo). La chiesa possedeva un atrio (lunghezza 25 metri), sul cui lato occidentale si apriva un ingresso fiancheggiato da due torri (aggiunte probabilmente nel 1090); ciò che contraddistingue questo chiostro è la presenza di un edificio isolato che porta all’atrio interno, ovvero la Torhalle o königshalle (significa sala del re), una sala riservata all’imperatore o personaggi importanti che venivano ospitati nell’abbazia, anche se la datazione è dubbia.

Costituito da un nucleo centrale porticato mentre dai lati corti si trovavano delle torri scalari rotonde che portavano alla zona superiore; si impone per la policromia del trattamento murario tramite l’uso di piastrelle ed elementi geometrici che rimandano ad esempi tardo antichi (seguendo il desiderio di ripensamento della tradizione romana), nella parte inferiore le arcate che formano volte a crociera poggiano su pilastri di sezione rettangolare (ai quali si addossano semicolonne, sorreggenti un architrave ornato), che evocando l’arco di Costantino a Roma, l’unico a tre fornici (anche se potrebbe ricordare anche quello di Septimio Severo). Il prevalente cromatismo non riesce a risolvere la sostanza della massa in pura superficie di colore, in quanto lo schema strutturale appare in tutta evidenza in quanto sottolineato da cornicioni scolpiti, lesene e semicolonne con capitelli compositi.

Alla zona tripartita inferiore corrisponde in quella superiore una loggetta cieca formata da nove strette campate; formate da strette paraste di tenue spessore coronate da capitelli ionici all’antica e coronate da piccoli frontoni cuspidati. Questi elementi triangolari non di facile interpretazione, si possono spiegare pensando che se si tratta di un momento storico in cui si cerca di accontentare il papa con la ripresa di elementi romani e dall’altro si utilizzano anche elementi della tradizione locale, quindi è probabile questo sia la trasposizione lapidea di elementi locali lignei (una via nuova).

Perché questo edificio sorgesse isolato, la spiegazione si trova nelle chiese romane di età costantiniana, ma dinnanzi alla chiesa di San Pietro c’era un edificio simile che precedeva le basiliche importanti, come a San Lorenzo fuori le mura. Anche i capitelli ricordano quello ionico.

Anche l’interno riprende temi antichi con una architettura basata su elementi proporzionali, che entrano in rapporto con le partiture sovrastanti; questo interesse è spiegabile con l’interesse del trattato di Vitruvio, questo è dovuto al culto verso questo testo operata da Eginardo (personaggio importante nella corte carolingia).

L’uso delle torri in facciata è di età romanica non carolingia, in origine era molto massiccia ed era chiamata castellum, dietro un secondo atrio posto all’incrocio dei due assi, spazio scoperto chiamato paradisus.

Fulda; Austrasia. Abbazia di San Bonifacio e San Salvatore (744)
Nel 744 grazie alle donazioni di molti nobili tra cui Carlomanno, Winfred Bonifacio edificò, sui resti di una villa romana comprendente una cappella, un’abbazia. Poco dopo, nel 751 Sturnio, subentrato a Bonifacio, edifica un nuova chiesa, ampliando la vecchia con una sala da 20x30 metri, tre navate ed un abside semicircolare ad est. Le continue rivolte che avvengono in questa abbazia obbligano Sturnio  a rifugiarsi in Normandia; solo dopo l’intervento di Pipino III farà ritorno, spostando la tomba si San Bonifacio sotto la croce al centro esatto della chiesa (754).

Nel 791 Baugulfo modificherà la chiesa: tre navate suddivise tra loro da file di colonne con capitelli compositi; Ratgaro invece, interverrà a sua volta con una copertura lignea, aggiungendo un transetto e un doppio coro (rappresenta un doppio centro di culto) sotto i quali vengono inserite due cripte:

Prima cripta sotto l’altare di San Salvatore con tre navate e un abside.

Seconda cripta sotto il coro occidentale dove furono spostate le reliquie di San Bonifacio.

Curioso poi il doppio muro dietro l’abside che forma un corridoio di cinque metri di larghezza e fiancheggiante il transetto.

Cappella di San Michele: nell’area del cimitero, attorno all’ 820 viene eretta una cappella con il probabile scopo di ospitare la sepoltura degli abati. A pianta centrale con deambulatorio e cupola, è dotata di una cripta corrispondente alla rotonda superiore ma con ambulacro separato dal centro con muri e presenza di capitelli ionici.

L’esempio di architettura in cui si dimostra questa riconoscenza e di affermazione di questo modo di governare è l'abbazia di Fulda (in Renania) (un tempo appartenente ai Frisoni), una zona che era stata cristianizzata da San Bonifacio, il quale stabilisce il suo polo di azione in Germania settentrionale, scegliendo questo come luogo di residenza. Nel 794 viene creato il primo insediamento utilizzando le case romane del luogo che vengono adattate per il nuovo utilizzo (un fenomeno molto frequente, sopratutto nelle abbazie cluniacensi). A quel tempo le abbazie erano costrette a pagare un tributo al vescovo, ma Bonifacio si rifiuta di pagare e fonda questo monastero, creando una tensione perché il vescovo di Magonza non aveva accettato la decisione e si era rivolto al papa (eventi significativi di questo momento storico di grande cambiamento). Questo periodo di grandi rivoluzioni si riflette anche in ambito architettonico in quanto in molti casi queste abbazie autonome rientravano per certi periodi sotto il controllo della diocesi e quindi si cambiava progetto e monaci.

L’abbazia di Fulda è un caso perché già dall’inizio si direziona verso alcuni progetti che poi subito dopo vengono cambiati perché scoppia all’interno del monastero una grande tensione, sopratutto dopo la morte di Bonifacio. Il suo successore, un certo Sturnio, voleva tornare sotto la dipendenza del vescovo.

La complessità di questa costruzione si intona con il modo di procedere di questo periodo particolare perché Sturnio, quando eredita il posto di Bonifacio, altera la vecchia struttura romana (una struttura molto semplice adattata ai bisogno della comunità monastica con una piccola aula che veniva utilizzata come chiesa, però già nel momento in cui Bonifacio si insedia richiama molti fedeli dai territori vicini, per cui si rendeva necessario adattare le strutture). La morte di Bonifacio aumenta questa fama dell’abbazia e i devoti venivano per ammirare il sepolcro di Bonifacio e si rendeva ancora una volta necessario l’ampliamento della vecchia struttura romana.

Viene quindi costruita una chiesa di maggiori dimensioni, con una grande navata unica conclusa da una parte absidale molto sporgente ed orientata ad est, che mostra un ventaglio di influenze non limitate al linguaggio costantiniano, in genere si riferisce anche all’architettura paleocristiana (in particolare Santa Sabina a Roma del V secolo, che presenta un impianto molto simile). Ma siccome le controversie non si erano ancora esaurite Pipino III decide di porre l’abbazia sotto il suo controllo, reinsediando Sturnio che nel frattempo era stato cacciato, per questo decise l’ampliamento della chiesa; questa è la situazione intorno al 754, proprio nel momento in cui Pipino III diventa re.

La fasi successive sono state attuate nel periodo di Carlo Magno, in questo periodo la chiesa ha sostanzialmente due fasi, una sotto l’abate Baugulfo (779-802) e l’altra più importante sotto l’abate Ratgaro (802-817).

Sotto Baugulfo la chiesa che Sturnio aveva creato viene ampliata per far fronte alle esigenze di afflusso, ampliamento venne attuato con una nuova ed ampia chiesa a tre navate priva di transetto e con un ampio coro orientato ad est.

Queste opere vengono concluse da Ratgaro, che nel momento in cui diventa abate la chiesa di Fulda diventa il manifesta l’ideologia carolingia e l’omaggio a San Pietro rappresentava un’ulteriore segno di riconoscenza che Carlo Magno attribuiva al papa.

L’abate quindi decide l’aggiunta del transetto continuo con pareti divisorie, orientato ad ovest (seguendo lo schema di San Pietro, di cui è fotocopia, differiscono di 70 cm), della collocazione dell’altare lungo la linea che separa il transetto dalla navata, ma anche l’articolazione dei sostegni, con colonne completate da un architrave.

Insieme con questa operazione si verifica un cambiamento di tipologia edilizia determinato dalla presenza di due cori, che sono tra di loro contrapposti, questo tipo di chiese erano già esistite precedentemente, sopratutto in ambito paleocristiano ed in particolare in chiese africane ed ispaniche, dove però il secondo coro aveva funzione esclusivamente funeraria, qui invece ha un significato differente, in quanto qui i cori contrapposti avevano pari dignità nello svolgimento liturgico (anche se in quello occidentale c’erano le reliquie di San Bonifacio), al coro vengono poi affiancate due alte torri, secondo una disposizione che ricorda quella di Lorsch.

L’opera di Ratgaro viene completata dall’abate che gli succede, un certo Egilone, con la costruzione di un atrio quadriportico preceduto da un portico d’ingresso a tre fornici, fiancheggiato da due torri, realizzando una facciata massiccia; questa aggiunta non stona con la concezione di riprendere San Pietro, perché anche nella basilica romana si trovava un atrio nella parte orientale e anche in quella occidentale, il quale viene costruito dietro l’abside orientale ma non da Ratgaro.

Subito dopo la morte di Carlo Magno assume un nuovo abate completa l’opera di Ratgaro, non solo aggiungendo l’atrio (su esempio di quelli romani di San Paolo fuori le mura e San Pietro), ma anche realizzando due cripte sotto le due absidi, sia quello orientale che quello occidentale. La cripta orientale contiene una sala sotterranea con tre navate (dove quella centrale si prolunga in un’abside che costituisce le fondamenta di quella superiore), imitando la cripta di Santa Maria in Cosmedin a Roma, mentre ad oriente viene scavata una cripta ad aula dove vengono collocate le reliquie di San Bonifacio.

Dalla visione esterna emerge chiaramente la volontà di concentrare le masse e i volumi alle due estremità dell’edificio, in questo caso il senso spaziale cambia, in quanto lo sviluppo longitudinale viene sminuito da queste concentrazioni.

Nei pressi della chiesa era collocata la zona cimiteriale dominata dalla cappella di San Michele costruita nel 822, l’impianto di fondazione, non più conservato al piano superiore, corrisponde ad un edificio a pianta circolare con ambulacro tuttora esistente, coperto forse da una cupola con lo spazio centrale impostato su otto colonne. La cripta corrisponde come impianto alla zona superiore ma con un ambulacro separato dalla zona centrale tramite muri, anche se l’elemento che più colpisce è la presenza di questa volta centrale che poggia nella zona mediana su una colonna con un capitello ionico ed una base massiccia, secondo un modulo che verrà successivamente adattato nella architettura ispanica.

L’abbazia di Fulda era un edificio bipolare per la disposizione delle due absidi poste alle due estremità, la composizione delle masse rivela tuttavia che il blocco occidentale è più importante di quello orientale, cosa che non accadeva a San Pietro.

Corbie; Santi Pietro e Paolo, Stefano e San Giovanni
Edificato tra il 657 e 661 dalla regina Balthilde, fu abitato per primi dai monaci di Luxeil.

Gli edifici dedicati agli apostoli Pietro e Paolo e Santo Stefano; unta terza chiesa fu poi dedicata a San Giovanni. Il cugino di Carlomagno, Adalhardo, migliorò con la sua amministrazione l’economia, la politica e la fama in generale dell’abbazia. Alla sua morte Adalhardo fu sepolto sotto il vano a crociera della chiesa di Corwey di cui fu tra l’altro il primo abate dopo la fondazione.

I tre complessi di Corbie: San Pietro e Paolo, Santo Stefano e San Giovanni, rievocano la Trinità.

Centula; San Ricario e Santo Stefano (790) nella Neustria
Angilberto fu grande amico e collaboratore di Carlomagno tanto che nel 790 dopo aver costruito un monastero a Centula, lo riceve in dono da Carlomagno, ma ne sfrutta soltanto il reddito. Detto anche “Omero” per la sua passione letteraria, ha una relazione con Berta, la figlia di Carlomagno, e conduce una vita mondana. Ammalatosi giura voto a San Ricario: in caso di guarigione si sarebbe dedicato all’abbazia. Guarito, Angilberto nel 796, ristruttura l’abbazia che si trovava in pessime condizioni. Il complesso è composto da tre chiese (trinità come a Corbie) San Ricario, Santa Maria e San Benedetto; imponendo la regola benedettina e insegnando scienze umanistiche ed il canto fece di questa abbazia un polo di richiamo per molti fedeli.

Il complesso è ben tre volte più grande di quello di Metz (che era sotto la guida di Crodegango) organizzato in corpi di fabbrica in base al programma liturgico. La chiesa di San Ricario comprendeva due torri quasi uguali, una lanterna poggiante sul corrispettivo tamburo, le guglie in legno sono testimonianza della bravura dei carpentieri carolingi. L’atrio con tre ingressi era coperto da altrettante cappelle dedicate ai Santi Gabriele, Raffaele e Michele.

L’altra abbazia importante dell’epoca di Carlo Magno è quella di Centula, costruita negli anni dell’apogeo di Carlo Magno; esisteva già un’abbazia più antica, ma questa venne ricostruita dal nobile Angilberto, grande collaboratore di Carlo Magno, che gliel’aveva donata come ricompensa per i suoi servigi. Ricostruita l’abbazia, questa viene consacrata nell‘801, diventando una tra le più importanti del regno, non a caso era una delle poche abbazia che esercitava laudes perpetuae.

La chiesa è molto modificata rispetto al periodo carolingio, fortunatamente ci sono delle fonti iconografiche e scritte che ci permettono di avere una visione chiara del progetto, tutte la parti della chiesa erano funzionali allo svolgimento della liturgia stazionaria e munita di tutti quelli elementi necessari della vita monastica (secondo alcune fonti descrivono una comunità di 2500 case); vi erano tre chiese principali e cinque cappelle, in quanto le processioni partivano dall’abbazia e si svolgevano nel territorio circostante (dove vi erano anche delle tettoie e portici) toccando tutte le cinque (anche se di cappelle ce n’erano altre sette).

La disposizione è particolare in quanto tutta l’impostazione del progetto è animata da un significato religioso legato in primo luogo alla Regula Canonicorum ed in secondo luogo sempre ai numeri sacri (3, 7 e 12), quasi con il desiderio di trovare conforto in questi testi antichi, e anche nelle processioni i monaci si disponevano secondo questi numeri; tutte queste cose le conosciamo attraverso due testi, il Chronicon Centulense ed il Libellus Angilberti.
La chiesa abbaziale di San Ricario e del Salvatore si sviluppava longitudinalmente per 80 metri; essa concentrava la sua forza monumentale su due torri rotonde quasi identiche, formate da un tamburo cilindrico coronato da una lanterna a tre piani, simmetricamente disposte alle estremità della navata principale (il tutto probabilmente costruito in legno). A questi due corpi ne erano giustapposti altri due, ai quali si accedeva attraverso torri scalari. La chiesa era preceduta da un grande quadriportico, il quale si presenta in una maniera più complessa in quanto presentava tre ingressi sormontati da cappelle, formando delle vere e proprie torri.

Dopo che si ha attraversato la porta principale si entra in una struttura molto complessa, si tratta di una sorta di sala ipostila, un ambiente ricco di colonne e pilastri collegati da volte a crociera; questa struttura così complessa è chiamata cripta salvatoris, in quanto nella parte centrale c’è un reliquiario; il fatto di essere così configurata la fa sembrare una cripta.

Le volte di questa cripta sostenevano una tribuna superiore alla quale si accedeva attraverso le torri scalari, qui si trova il seggio imperiale, mentre sul lato occidentale si trovano delle arcate che permettono all’imperatore o al vescovo di assistere alla cerimonia; questa tribuna funge da vera e propria chiesa perché si trova anche qui un altare dedicato al Santo Salvatore e come tale veniva utilizzata durante la settimana santa; sopra questo si trovava anche un secondo piano (si tratta quindi in generale di un westwerk).

Il corpo centrale è coronato da un volume e si afferma ancora una volta la bipolarità delle costruzioni, regolata attraverso due masse alle estremità, rimane un problema riguardante l’importanza di queste due parti, dal punto di vista formale differenze non ce ne sono, dal punto di vista religioso si, il volume d’ingresso occidentale è più importante in quanto qui si trova l’altare del San Salvatore, posto in una posizione più elevata.

L’articolazione della zona absidale con un giro di colonne ricordava direttamente la chiesa del santo sepolcro a Gerusalemme (tutto filtrato attraverso la mentalità carolingia); secondo un’interpretazione i due altare maggiori della chiesa sarebbero altresì assimilabili da una parte al Martyrium e dall’altra alla rotonda dell’Anastasys, con il corpo basilicale che univa le due entità, anche se l’orientamento in questo caso è ad ovest, mentre nelle chiese costantiniane è ad est.

Germigny des pres; Neustria chiesa di San Salvatore (803)
Intorno all’803 Tedulfo, consigliere e membro della scuola Palatina, fece costruire per se una villa con annesso un oratorio.

Villa: di questo edificio sappiamo che fu ornata con pitture ed affreschi riguardanti le 4 stagioni, le 7 corti liberali e un mappamondo.

Oratorio: in pianta si presentava con quattro ambienti quadrati e cinque rettangolari con arcate e pilastri collegati tra loro. Il nucleo centrale quadrato definito da quattro pilastri angolati è sormontato da una torre con cupola. Le finestre sotto gli archi inondano di luce la sala fino all’altare; attorno al nucleo centrale poi si formano quattro ambienti rettangolari che formano una croce greca. Al contrario degli interni della villa, Tedulfo non contempla figure, seguendo la linea iconofobista dettata dai “libri carolini”.


Tedulfo, consigliere di Carlo Magno, fece costruire nel 803 in prossimità dell’abbazia di Fleury  una sontuosa villa e un oratorio annesso; la pianta dell’oratorio era formata da nove vani separati da arcate che collegano quattro pilastri centrali con le pareti esterne, e racchiusi in un quadrato. Il nucleo centrale quadrato è sormontato da una torre lanterna a due piani conclusa da una cupola con archi di rinforzo.

Attorno all’ambiente centrale quattro dei nove vani hanno una forma rettangolare, formando i bracci di una croce greca coperti da volte a botte e si aprono tutti su una piccola abside a ferro di cavallo.

In elevato la costruzione così articolata di configura come un cubo compatto messo in risalto da una croce greca a bracci uguali e interrotto lateralmente da absidi e verticalmente da una torre centrale. L’impianto generale dell’oratorio evoca modelli orientali ed occidentali, ma si tratta soltanto di meri riscontri planimetrici poiché in alzato l’organismo architettonico mette in risalto l’originale risoluzione spaziale attuata dagli architetti carolingi, mirata essenzialmente ad enfatizzare il coordinamento delle masse.

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