martedì 18 febbraio 2014

Introduzione all'Architettura Paleocristiana


Il periodo che andremo adesso a studiare sintetizza una serie esperienze e di correnti precedenti; l’area geografica è molto più ampia rispetto ai periodi che abbiamo studiato (poiché in questo caso sia l’oriente che l’occidente sono coinvolti direttamente, insieme a tutta l’Europa settentrionale); come vedremo, a differenza delle epoche precedenti, questa architettura è fortemente ideologica, una architettura che muove da premesse ideologiche che si manifestano in maniera aperta attraverso i segni dell’architettura (che vuole manifestare dei significati politici evidenti). Idea fondante in questo periodo è quella di rinnovare antico impero dei cesari, che viene assunto come punto di riferimento costante per il ripristino della tradizione antica che è riferito alla figura di Costantino, il quale rappresenta l’imperatore di riferimento di tutte le dinastie regnanti d’Europa che sono soprattutto cristiane e si associano a questo personaggio che unisce un animo laico e uno profondamente cristiano. Quindi la figura di Costantino e le opere che realizza sono prese come riferimento costante (a Treviri, Roma, Costantinopoli ed indirettamente tutto l’oriente Mediterraneo attraverso soprattutto la madre Sant’Elena, che viaggia per molte regioni fondando una serie di monasteri che contribuiscono a diffondere la religione cristiana); la fondazione di così tanti luoghi di culto cristiano danno luogo a delle religioni sempre cristiane ma che si differenziano per l’importanza attribuita a certi dogmi invece che altri. Queste diversificazioni di credo hanno una grande influenza sull’architettura, soprattutto determina una serie di elementi specifici e particolari per adeguarsi ai diversi tipi di credo e questa varietà di liturgie determina una varietà di soluzioni che vengono adottate per poter professare la religione (questo spiega in parte l’eterogeneità che si riscontra nel mondo mediterraneo tra il IV ed il VI secolo il periodo che chiamiamo paleocristiano, periodo in cui si assiste ad una sorta di sperimentalismo architettonico, che presenta una varietà di soluzioni e di elementi locali che determinano delle mutazioni nell’architettura).
La varietà è così grande che è difficile trovare un’area di riferimento che possa essere stata da guida per le soluzioni sperimentate in tutti i territori, sembra che in questo momento tutte le aree geografiche si muovano con la stessa dignità, contribuendo in modo diverso all’elaborazione di quel tipo architettonico chiamato basilica, che è l’edificio preposto allo svolgimento della liturgia cristiana. Queste architetture che esamineremo del IV e del VI secolo sono tutte architetture che si differenziano l’uno dall’altro non solo per la tipologia ma anche per i materiali usati (per esempio la pietra era abbondante in oriente, mentre in occidente in certi territori abbonda l’argilla, per questo i costruttori utilizzano prevalentemente i mattoni).
I due eventi che danno l’avvio a questo momento sono l’editto di Costantino nel 312 e quello di Teodosio del 393, il primo, che viene promulgato da Costantino dopo la vittoria su Massenzio, riconosce alla religione cristiana una pari dignità rispetto alle altre religioni, perciò a partire da questo momento i cristiani iniziano ad operare meno clandestinamente (anche se la diffidenza continua ad essere manifesta), mentre l’editto del 393 riconosce la religione cristiana come l’unica che il popolo romano può professare. Questo evento è di straordinaria portata storica perché elimina definitivamente le riserve che erano ancora presenti nei confronti della religione cristiana e da finalmente avvio al processo di maturazione dell’architettura cristiana, segnando l’avvio di quella che diventerà l’architettura medioevale vera e propria. Quindi nel IV secolo si assiste a questi fatti, che determinano la creazione di un doppio filone (questo riguarda anche altri aspetti dell’arte), in cui notiamo da una parte un filone che segue un orientamento cristiano e dall’altro uno che continua a mantenere la tradizione pagana.
Questo doppio filone culturale si mantiene in vita fino alla caduta dell’impero romano e per circa un secolo c’è questa coesistenza di cultura che provoca dei disagi e in molti casi si assiste ad una sorta di volontà da parte dei due gruppi di trovare un equilibrio che si manifesta attraverso una reciproca influenza. Per il cristiani il confronto con il mondo pagano agevola molto la manifestazione ufficiale del loro culto, colorandolo con una grandiosità della manifestazione della religione stessa, ovvero si manifestano attraverso una identificazione di manifestazioni più formali e di apparenza, così come lo erano quelle pagane in occasioni di cerimonie pubbliche; questo fa quindi perdere il carattere di semplicità della prime fasi del cristianesimo (e dell’architettura associata). Il contatto tra le due civiltà modifica la figura del Cristo stesso, non più rivolto verso i deboli ma come dominatore (buono) dei fedeli, per questo deve essere circondato da un contesto adeguato, per questa ragione all’interno degli edifici cristiani i simulacri sono circondati da una ricchezza che tende a aumentare questo valore.
Quando vengono emanati i due editti si fece urgente la necessità di creare degli edifici che potessero accogliere i fedeli per la celebrazione della messa. Quando la religione cristiana era clandestina le riunioni avvenivano in case private (chiamate domus aeclesiae), che non erano necessariamente di case di aristocratici ma anche di persone umili; in ogni caso queste strutture non potevano accogliere molte persone, per questo i cristiani dei primi secoli si riunivano anche nei cimiteri o nelle catacombe (che erano dei cimiteri ipogei, ovvero venivano scavati sotto terra).
I primi edifici che manifestano apertamente questa nuova religione partono da questa architettura, che potremmo definire, funeraria legata ai cimiteri scoperti e alle catacombe; nei cimiteri scoperti i luoghi di riunione era legato alle reliquie di un santo e nell’area intorno a queste tombe i cristiani si riunivano per pregare, per questo i cristiani avevano cominciato ad allestire una serie di elementi utili alle cerimonie, che comportava per esempio una distinzione tra quelli ancora da convertire (i catecumeni) e quelli già convertiti, come pure all’interno di questo gruppo c’era una distinzione tra gli officianti ed i fedeli. Queste distinzioni sono importanti perché guideranno la definizione dell’edificio chiesastico.
Parallelamente nelle tombe ipogee si cominciano ad isolare le tombe dei santi o dei martiri rispetto alle altre (scavando tutto intorno ad esse), creando una sorta di deambulatorio che permetteva di girare intorno alla tomba per pregare e per toccare le tombe (anche questo uso di toccare la tomba o di appoggiarci degli oggetti è un uso che si conserverà successivamente e spiega alcune soluzioni delle chiesa successive).
Queste forme iniziali i rituali vengono modificati perché c’è la necessità di accogliere sempre più fedeli e poiché alla fini c’erano spesso dei banchetti, questi erano spesso erano molestati e quindi si introdusse questa necessità di controllo, inoltre vi era il desiderio da parte di molti fedeli di essere seppelliti accanto alla tomba del santo o del martire (una prassi che sarà conservata nell’architettura successiva). Questo ci fa capire che l’edificio chiesastico non si creò dal nulla, ma si tratta di un’evoluzione che tiene conto di tutta una serie di esperienze precedenti, legata sopratutto ad elementi fisici (quali sono le aree sepolcrali) ma anche trae spunto dai condizionamenti delle architetture (che appunto prevedevano le varie separazioni tra i fedeli ed un momento centrale, che era quello dell’offertorio, il quale comporta una serie di strutture complementari all’edificio, che sono poi gli arredi sacri, perché si potesse espletare questo momento).
Mano a mano che il numero dei fedeli aumenta questi rituali vengono modificati, poiché c’è una necessità reale di accogliere un numero maggiore di fedeli e siccome gran parte di queste cerimonie religiose si concludevano con un banchetto, molto spesso questi riti erano soggetti ad una serie di situazioni che non erano funzionali al momento (nel senso che erano soggetti ad aggressioni); si introdusse quindi la necessità di controllo in questa fase della cerimonia per garantire l’incolumità dei fedeli. A questo aspetto si aggiunse il desiderio di molti fedeli di essere seppelliti accanto alle tombe dei santi e dei martiri (prassi che si conserverà sopratutto nell’architettura successiva, in particolare nel medioevo).
Si pensò di disciplinare questi due aspetti costruendo accanto alla tomba del martire una costruzione provvisoria di piccole dimensioni, una sorta di ambiente in cui il pavimento era coperto da una serie di tombe (per chi voleva essere sepolto accanto al santo o al martire) e nello stesso tempo era il luogo dove si ci poteva unire per banchettare in sicurezza. Questo passo viene superato verso la fine del IV secolo inglobando la tomba del martire nell’edificio ausiliario, diventando il fulcro della costruzione perché proprio in corrispondenza della tomba del santo è collocato l’altare. Questa struttura si presenta come un ambiente rettangolare la cui parte terminale è curvilinea, riprendendo l’andamento del deambulatorio circolare che circondava la tomba del santo; quindi le chiese più antiche erano formate da questa grande aula unica e la parte terminale era circolare, dove era posto l’altare, a fianco del quale erano presenti le tombe.
Certamente nella scelta di questo edificio i cristiani guardano al mondo precedente cercando di avere un modello di riferimento; nel 313 l’architettura romana era ricca di edifici monumentali e fortemente articolati (dotati di grandi sistemi costruttivi e con volte di grandi dimensioni), tuttavia i romani possedevano grandi somme e sopratutto non dovevano costruire con grande urgenza, per i cristiani invece, una volta resa libera la religione, bisognava fare in fretta a costruire degli edifici di culto e quindi questa urgenza scartava l’idea di costruire edifici complessi. Gli esempi potevano essere tanti (come la basilica forense, che strutturalmente era un edificio costituito da un grande ambiente a navata unica o diviso in tre parti, illuminato dall’alto da finestre), la basilica era quindi un luogo di raduno (una sorta di prolungamento dell’area forense), era un luogo che si prestava ad accogliere un certo numero di fedeli. Potevano anche fare riferimento alle aule regie (come quella del palazzo di Diocleziano a Spalato) ma erano degli ambienti di una certa grandezza ma non tale da poter accogliere i fedeli; non potevano di certo ispirarsi ai templi sia perché avevano una certa diffidenza per un edificio che ricordava la religione pagana e poiché non consentono una capienza adeguato.
La basilica era un tipo edilizio presente in tutta la storia romana, grazie sopratutto al fatto che aveva molti usi diversi (togliendo quella di Massenzio che è di una complessità unica), indubbiamente tutte questi elementi ebbero un effetto sull’individuazione di un tipo architettonico adatto a corrispondere alle esigenze liturgiche dei cristiani, però questi modelli di riferimento vengono sottoposti ad una revisione ed adattamento alla liturgia cristiana; per questa ragione viene individuata un’aula principale (riservata ai fedeli), un’area riservata al clero (chiamata presbiterio, che in genere è un elemento che si aggiunge a quest’aula e può avere una forma quadrata, rettangolare o circolare) ed una parte antistante (ambiente di ingresso separato dall’aula vera e propria, che si chiama nartece, luogo dove si riunivano i catecumeni quando venivano esclusi, al momento dell’inizio della celebrazione dei fedeli), davanti a questo ingresso della chiesa c’era una sorta di quadriportico a cielo aperto (che si chiamava paradisus perché a volte ricco di alberi o atrio quadriportico), il lato più esterno parallelo al nartece era quello di ingresso effettivo (il quadriportico non era un elemento sempre necessario, era frequente a Gerusalemme e Roma); per distinguere il portico più esterno dal nartece vero e proprio, i due lati assumono nomi diversi, l’esterno si chiama esonartece ed il corridoio attaccato alla chiesa si chiama endonartece.
I fedeli occupava l’area ma non portavano entrare dalla parte presbiteriale, esclusivamente riservata al clero, però per rendere ancora più separate la zona dei fedeli da quella dei sacerdoti è introdotto un elemento architettonico chiamato transetto, ovvero una navata trasversale che taglia l’aula principale separando l’aula dal presbiterio. Questo ambiente trasversale ha proporzioni variabili nell’architettura cristiana, molte volte dalla forma del transetto prende noma la chiesa stessa (se la navata del transetto ha la stessa altezza è detto transetto continuo, creato a Roma con San Pietro, trova modo trova diffusione nell’occidente europeo nell’architettura carolingia ed ottoniana; se i lati sono più bassi si chiama chiesa a transetto basso).
All’interno di questa aula unica si può individuare anche una suddivisione in genere in tre parti, una navata centrale e due ambienti più stretti che si chiamano navatelle (con un rapporto in genere di 1:2, anche se non viene osservato sempre). Questa divisione in tre o cinque navate può essere ottenuta con dei sostegni che possono essere o pilastri o colonne, nell’architettura paleocristiana in genere nei primi secoli si tratta sempre di colonne che sorreggono i muri sovrastanti con l’interposizione di un architrave che collega le colonne, oppure sono collegate da arcate che sorreggono il muro, che si eleva abbastanza per permettere l’apertura di finestre ed illuminare l’interno.
Una serie di problemi che modificano sostanzialmente questi modelli di riferimento adattandogli alle esigenze del culto. Questi elementi fondamentali li possiamo assumere come elementi uguali per tutti questi secoli, cioè vedremo chiese tutte diverse, mantenendo questi temi fondamentali legati al credo religioso, le modalità di adattamento sono completamente diverse, legate alle situazioni locali; per verificare questa diversità ci concentreremo sulle città principali, che sono Roma, Milano, Ravenna (per l’occidente), Gerusalemme e Costantinopoli (per l’oriente), cercheremo quindi di individuare i caratteri comuni ed individuali, tenendo presente che queste differenze non nascono da un atteggiamento di contrasto od opposizione rispetto ad una determinata area geografica, ma rielaborazioni di temi comuni, dovuti ad addizioni locali (per esempio Roma era diversa da Ravenna, in quanto quest’ultima era soggetta ad influenze orientali, grazie all’intervento di Galla Placidia; Roma invece era chiusa a tutte le influenze esterne e quindi in questo periodo tende a riprendere temi antichi).
Questo momento tra il IV ed il VI è un periodo che potremmo identificare come sperimentalista, a significare questa concentrazione di interessi nella preparazione di un tipo architettonico che diventerà poi di riferimento per le aree geografiche di un territorio molto più vasto, infatti nel VI secolo questo sperimentalismo si rallenta perché i contatti tra le popolazioni d’oriente e d’occidente sono più facili e tutti concorrono alla creazione di una tipologia architettonica che sia più simile ad entrambe le aree.
Sicuramente in questo processo di legame tra l’oriente e l’occidente hanno un’importante ruolo le popolazioni barbari, come i Visigoti e gli Ostrogoti.
Questo processo di fusione determina anche una chiara individuazione di aree geografiche in cui si sperimentano e ci si concentra per sviluppare alcuni temi specifici, quindi dopo il VI secolo (attuato il processo di selezione) ogni area si concentra sulla soluzione di determinati problemi facendoli propri ed isolandoli da tutto il resto (cioè si fa una selezione da tutto il panorama che è stato sperimentato precedentemente e si decide che certi modi architettonici sono quelli che sono più adatti alle proprie esigenze non solo di carattere religioso ma anche politico e sociale) ed è in questo momento che possiamo individuiamo della aree particolari che si distinguono della specificità, è il momento in cui si può parlare di architettura carolingia, asturiana, bizantina.
Quindi dopo il VI secolo, con una fase intermedia di mediazione dei barbari, finalmente intorno alla metà dell’VIII secolo si arriva all’individuazione di queste aree specifiche; sicuramente tra la fase di sperimentalismo e quella di individuazione delle aree specifiche una azione determinante è determinata dai popoli barbari Visigoti, Ostrogoti e Merovingi, che costituiscono la base di quelle civiltà che formeranno l’Europa attuale.
I Merovingi vengono dall’oriente (dall’attuale Russia occidentale) e si stabiliscono nel territorio dell’attuale Francia, ma vengono subito soppiantati dai Visigoti e si consolidano come entità politica molto forte; in seguito questa popolazione estende la sua influenza dalla Francia centro-meridionale fino alla Provenza (arrivando quasi in Italia).
Dopo circa quaranta anni di governo i Visigoti vengono a loro volta soppiantati dagli Ostrogoti (che hanno un peso maggiore poiché guidati da Teodorico, il quale una volta conquistata Ravenna si distacca dall’impero romano d’oriente e persegue una politica filo-papale).
I Visigoti, una volta cacciati dall’Aquitania e dalla Provenza, si rifugiano in Spagna, occupando tutta la penisola iberica, questi Visigoti stabiliscono come città principale quella di Toledo; sorgono in questo momento una serie di architetture che hanno un linguaggio misto, nel senso che i Visigoti non avevano una tradizione architettonica e quando arrivano in Spagna (territorio ricco di edifici romani) si trovano a contatto con una realtà culturale che vogliono a tutti i costi assimilare. Questo momento particolare da una serie di risultati particolari, favoriti dal fatto che i Visigoti si convertono al cristianesimo.
Il trauma successivo avviene con l’invasione mussulmana nel 711, che pone fine alla civiltà visigota; i mussulmani scelgono come città più importante del regno Cordoba, l’elemento che distingue questo territorio è il fatto che questo regno islamico è indipendente da tutti gli altri (ovvero Damasco o Baghdad). L’invasione mussulmana sconvolge tutta la cultura spagnola e alla tradizione cristiana introdotta dai Visigoti si sovrappone quella islamica; anche qui la fusione di elementi islamici ed elementi cristiani da luogo alla cultura mozarabica, una popolazione che nasce dalla fusione di queste due culture; quindi dall’VIII al X secolo nascono delle architetture che hanno per esempio impianti cristiani ed alzati mussulmani.

Riassumendo dopo il VI secolo c’è un momento che vede protagoniste le popolazioni barbare (in particolare merovingi, ostrogoti e visigoti), i merovingi hanno un periodo di breve durata nella Francia centro meridionale, i visigoti, anch’essi in Francia, vengono cacciati dagli ostrogoti, i quali a loro volta vengono cacciati dai franchi, diventando poi i carolingi.
Il periodo dal IV al VI secolo l’abbiamo chiamato paleocristiana, il periodo tra il VI ed il IX secolo viene invece chiamato pre-romanico (un periodo che comprende l’architettura carolingia ed asturiana).
Dopo il crollo della dinastia asturiana della Spagna la penisola iberica diventa gradualmente cristiana, ovvero inizia un periodo di riconquista che sottrae gradualmente ai regni islamici gran parte dei loro territori, anche se alla fine rimangono dei regni che sono ancora islamici, sono i famosi regni di Taifas.
Per quanto riguarda l’Europa carolingia (che comprende gli attuali territori di Francia, Austria, Polonia, Germania) quando cade l’impero carolingio nell‘888, si assiste ad una divisione dei territori che essenzialmente si concentrano in due entità, il regno di Francia e in quello di Germania, il primo è sotto la dinastia dei Capetingi mentre nel secondo è noto come regno degli Ottoni, perché il primo che governa è Ottone I.
Questo periodo che va dal IX sino all’XI secolo si chiama periodo proto-romanico, periodo in cui si elaborano una serie di elementi architettonici che preannunciano in maniera diretta la formazione dell’architettura romanica; dopo XI secolo sino alla fine del XII inizia il periodo romanico vero e proprio; a questa suddivisione corrispondono l’alto medioevo (che coincide con il periodo pre-romanico), il vero e proprio medioevo (che corrisponde al periodo proto-romanico) ed il basso medioevo (che corrisponde al periodo romanico vero e proprio).

Paleocristiano
IV-VI sec preromanico
VI-VII: barbari (Visigoti-Ostrogoti-Merovingi-Franchi)
VIII-IX: Asturie (Oviedo) - Carolingi

IX-XI (proto-romanico, comprende l’architettura dei Capetingi e degli Ottoni) formazione del regno di Castiglia - Leon, regno che unifica tutta la Spagna sotto il segno del cristianesimo (regni di Taifas, il più famoso è il regno di Granada); in Francia dopo i Carolingi vengono i Capetingi e dall’altra parte gli Ottoni (962-1024)
XI-XII architettura romanica

La figura di Costantino è molto importante per le ragioni che abbiamo detto, sia l’architettura asturiana che quella carolingia ed ottoniana sono animate da questi rimandi ideologici che si basano sull’idea della “renovatio imperi”, ovvero quella di rinnovare l’impero romano ed in particolare quello di Costantino, perché figure come Carlo Magno, Alfonso II e degli Ottoni sono re che operano in stretta alleanza con il papato romano, quindi sono dei difensori della chiesa e per questo profondamente cristiani, però nello stesso tempo sono re la cui formazione è di altra provenienza (come Alfonso II che era di origine ostrogota; anche Carlo Magno è un re cristiano e difende la chiesa papale contro i longobardi però ha un’origine celtica che non rinnega; poi gli stessi Ottoni sono legati alla Sassonia).
Sulla personalità di Costantino ruota tutta la storia alto medioevale e anche l’architettura risente fortemente di questo doppio binario, perché per un verso ci sono architettura che riesumano aspetti della architettura aborigena (come l’architettura lignea, che viene riproposta pietrificata) e in parte a quella dei romani.
Due impegni avevano assunto questi popoli nel confronto con il papato (in cambio della concessione della dignità dinastica), ovvero quelli di evangelizzare i loro territori e quello dell’introduzione della liturgia stazionaria romana, infine il culto delle reliquie; questi tre elementi fondamentali servono anche a capire l’architettura, perché insieme alle esigenze liturgiche e la necessità di incrementare il culto delle reliquie porta a delle modifiche sostanziali nella tipologia basilicale poiché si devono trovare ambienti adatti ad ospitare tali reliquie, si formano quindi le cripte (un’invenzione alto medioevale); prima di allora le cripte sono rarissime, la prima appare a San Pietro (ma non contestualmente alla sua creazione nel 313, ma nel 604, conseguenza dell’incremento del culto delle reliquie e per motivi di sicurezza)
Nel mondo carolingio la diffusione di questo elemento è talmente elevata da determinare la creazione di numerose varianti e a questo elemento concentrano una particolare attenzione, perché si trovano una serie di cripte complicate in modo da ottenere spazi enormi in modo di ospitare le reliquie che arrivavano in terra franca; il numero di queste reliquie è talmente elevato che neppure le cripte sono abbastanza, per questa ragione si cominciano a creare degli annessi in aggiunta alle cripte, oppure si individuano degli altari nella chiesa superiore, che vengono posti i vicinanza del presbiterio.
Un’altro elemento, quello dell’introduzione della liturgia romana, costituisce un elemento che spiega le modifiche sull’impianto della basilica, cioè la liturgia stazionare era caratterizzata da cerimonie che rinnovavano il rituale della via crucis per tappe, ovvero venivano fatte delle processioni all’interno della chiesa con delle soste corrispondenti alla via, questa necessità di creare un percorso che non ostacolasse la circolazione portò alla necessità di creare nella parte resinale una sorta di corridoio in modo che i fedeli entrando da un lato e uscendo dall’estremità opposta dello stesso lato; questa necessità determina lo sviluppo di questo deambulatorio che avvolge l’antico presbiterio (soluzione estrema è il coro deambulato con cappella radiali, anche se è una soluzione molto tarda del X secolo).

Per quanto riguarda l’architettura del IV secolo prenderemo esempi da varie città (come Roma, Ravenna, Milano ed altre aree geografiche come la Palestina, dove troveremo le tracce della madre di Costantino, Sant’Elena); gli esempi che analizzeremo pur partendo da premesse identiche (legate al cerimoniale cristiano) presentano delle differenze dovute a situazioni diverse che vanno dall’uso dei materiali, alle committenze e sopratutto alla diversità di riti che si professano nelle varie regioni del mediterraneo, infatti la procedura cristiana non era stata ancora precisata in modo ufficiale e quindi ogni popolazione cristiana si atteneva a delle tradizioni religiose locali che cercavano di assimilare a quelle cristiane; inoltre vi erano dei dubbi riguardanti l’interpretazione di alcuni dogmi cristiani (come l’accettazione o meno della trinità e la verginità della madonna).
Queste differenze si manifestano in territori diversi dando luogo a dei movimenti secessionistici che in parte collaborano, infatti in questo momento nascono dei movimenti religiosi che pur essendo cristiani si differenziano per l’accettazione o meno di alcuni dogmi (come i copti o maroniti). Tutte queste cause spiegano le ragioni dell’eterogeneità delle soluzioni prospettate nei vari luoghi, in quanto a seconda delle credenze la suddivisione dell’ambiente dove avvenivano le cerimonie religiose poteva subire delle variazioni (l’altare poteva essere posizionato in varie parti, oppure uomini e donne erano divisi).
Nel momento in cui Costantino emana l’editto nel 313 la situazione delle comunità cristiane cambia radicalmente in quanto non hanno più bisogno di nascondersi e si rende necessario costruire luoghi di culto per accogliere una moltitudine di fedeli, inoltre servono edifici che sorgano nelle città (non più in aree periferiche come in genere accadeva). Certamente questa rivoluzione determinata dall’editto non è così improvvisa ma preparata da una serie di situazioni evidenti già da qualche secolo, perché mentre nei primi tempi la religione era diffusa ma non aveva assunto una forma organizzata (ma si basava sulla predicazione prima degli apostoli e poi dei seguaci), man mano che si prosegue nel tempo le comunità iniziano ad organizzarsi ed aumentando il numero di fedeli bisognava trovare le strutture adatte ad accoglierle, inoltre molti dei cristiani erano dediti ad opere di misericordia e vi era quindi la necessità di organizzare dei luoghi per distribuire ad una popolazione più povera i beni accumulati.
Intorno al 250 d.C. la popolazione cristiana era notevolmente aumentata e tra le fila dei cristiani si annoveravano personaggi di classi elevate e funzionari dello stato pagano, la posizione degli imperatori era diventata più tollerante. Intorno alla metà del III secolo la frequenza di questi cristiani che occupavano delle posizioni di prestigio nello stato, attenua la posizione dei pagani perché erano elementi essenziali dell’impero.
La necessità di organizzazione induce molti benestanti all’acquisizione di immobili (ricchi di ambienti) in maniera tale da farli diventare sedi della comunità cristiana in cui svolgere tutte le azioni necessarie per il buon andamento della comunità; questi grossi caseggiati vengono chiamati tituli (perché prendevano il nome del proprietario che aveva proceduto all’acquisto); all’interno di questo caseggiato erano adattati tutti gli ambienti che potevano servire allo scopo.
Questa struttura prendeva il nome di Domus aeclesia (che letteralmente significa luogo di raduno) ed era costituita da un’aula amplia per accogliere i fedeli e degli alloggi che servivano per vari usi (dove soggiornavano per esempio i diaconi o il vescovo); tutte questa funzioni sono risultato di opere di rifacimento e per ottenere questi ambienti bisognava modificare l’assetto costruttivo.
Certamente il nucleo fondamentale di questa Domus era l’aula principale (dove si poteva celebrare la messa), il vestibolo (un’area dove sostavano i catecumeni), altri due elementi erano l’aula battesimale ed il confirmatorium (luogo dove si effettuava la cresima); tutti questi ambienti sono in genere separati fra di loro ma allo stesso tempo concatenati.
All’interno di questo ambiente si iniziano anche a definire quei caratteri salienti che si richiedono per lo svolgimento della messa, innanzitutto lo spazio principale (che era di solito rettangolare) prevede anche una divisione tra il clero e i fedeli, una divisione spesso materializzata da una fascia di pavimento nella quale era collocato l’altare e in molti casi i due spazzi erano divisi da una transenna (che poteva essere realizzata con materiali diversi, all’inizio in legno poi gradualmente materiali più preziosi); questa barriera di separazione si chiama iconostasi (che è anche il luogo dove venivano poste le immagini perché in questa barriera sulla parte superiore erano collocate delle statue che venivano in genere collegate tra loro da tende).
All’interno di questo ambiente le separazione tra i due settori le zone erano ben delineate e nella zona riservata ai fedeli ci potevano essere delle variazioni (per esempio a Roma le donne stavano da una parte e gli uomini dall’altra); nella parte presbiteriale (che significa luogo dove c’erano i vecchi) si trovavano i sacerdoti dove si officiava la messa e non mancava quasi mai il seggio più importante dove sedeva il capo della comunità.
Una volta iniziata la messa l’insieme dei catecumeni e dei fedeli partecipavano alle letture e alle offerte, dopo questa fase i catecumeni uscivano e si radunavano nel vestibolo, questo ambiente che poi diventerà nartece (potevano ascoltare ma non vedere). L’offertorio era la fase più importante era il momento in cui avvenivano le processioni per le offerte, che in genere era costituite da beni di sussistenza, ovvero cibi e vestiari che venivano depositati su un tavolo e poi distribuiti ai poveri.
Questo rito che comporta una separazione netta tra clero e fedeli è un elemento che avrà le sue conseguenze nella determinazione dell’edificio basilicale, come anche l’idea di separate la chiesa dal battistero e dal confirmatorium è un elemento che troveremo nelle basiliche successive.
Di queste Domus aeclesie a Roma ne esistono alcune (conservate per il fatto che le successive basiliche costruite a partire dal IV secolo sorgono sulle strutture delle antiche Domus aeclesie); ne troviamo di ancora complete sotto la basilica di San Clemente e dei Santi Pietro e Paolo.
In questa fase prossima all’editto di Costantino troviamo questa situazione (cioè luoghi puntuali organizzati in caseggiati che si chiamano Domus aeclesie), parallelamente a questo tipo di edificio vi erano le aree cimiteriali (anch’esse considerate luoghi di incontro), potevano essere all’aperto (che sudiali) oppure sotterranei (ovvero ipogee); una differenza consisteva essenzialmente nella sistemazione delle parti, ma entrambi erano accomunati dal fatto che questi cimiteri erano dedicati solamente ai cristiani.
Le catacombe erano dei luoghi di sepoltura per i cristiani più poveri, mentre quelli all’aperto si presentavano con un carattere monumentale, che derivava direttamente da quelli pagani con tombe di più ambia; le catacombe nascevano quindi da una esigenza economica, che vede una sorta di consorzio tra i cristiani, i quali decidono di comprare un terreno per costruire un cimitero, i vantaggi erano maggiori e per questa ragione acquistano terreni friabili e iniziano ad organizzare delle aree cimiteriali articolate secondo uno schema a griglia (ovvero un’insieme di corridoi che presentavano luogo le pareti una serie di nicchie scavate entro le quali venivano collocati i defunti, le nicchie venivano anche chiamate arcosonia). All’interno di questa struttura uniforme ci sono alcuni ambienti che sono riservati a cristiani più ricchi o le cui tombe appartenevano allo stesso nucleo famigliare.
La catacomba oltre ad essere un luogo di sepoltura era anche un luogo di riunione ritenuto sicuro per i cristiani dei primi secoli (quando la religione era ancora clandestina); luoghi di culto erano anche i cimiteri al cielo aperto e riprendendo elementi desunti dal mondo romano, i cristiani acquistavano dei lotti di terreno dove una parte era dedicata alle tombe ed una lasciata libera per i banchetti funerari (chiamati agapai), che rappresentavano la conclusione della messa che si svolgeva in questo spazio angusto attorno alla tomba. Insieme con questa abitudine comincia, per questi cimiteri esterni, a svilupparsi l’idea di scegliere delle tombe speciali (in questo caso tombe di martiri o santi) come luoghi di svolgimento del culto e quindi si procede ad isolare la tomba del santo o del martire, per creare uno spazio attorno adeguato ad ospitare un certo numero di fedeli, creando delle tettoie (come nel cimitero di San Sebastiano vicino alla via Appia).

Questa è la situazione negli anni immediatamente precedenti all’editto di Costantino, l’editto porta una situazione molto particolare, la popolazione cristiana è in pieno fervore, per questo pensa di poter diffondere la religione mediante la costruzione di chiese, che dovevano nella loro intenzione coinvolgere anche l’assetto urbano (cioè non si poteva più professare la religione clandestinamente fuori dalle mura ma bisogna avere degli edifici anche all’interno della città).
Bisognava creare un’architettura che potesse emulare quella pagana, per questa ragione l’architettura promossa da Costantino si contraddistingue per la grandiosità delle dimensioni (in quanto non si poteva creare strutture estremamente articolate come la basilica di Massenzio, la cui struttura comportava una conoscenza tecnica notevole ed una disponibilità economica che i cristiani non possedevano in quanto dovevano costruire più edifici in varie parti della città), un elemento che poteva essere di confronto con l’architettura pagana era la ricchezza decorativa, si assiste quindi ad un cambiamento dell’uso dei materiali a fini decorativi (sopratutto quelli utilizzati per gli arredi, comincia ad essere usato sempre di più l’oro e l’argento), già le prime chiese costantiniane manifestano questo volere (come la chiesa di San Giovanni in Laterano del 313 e quella di San Pietro a Roma iniziata nel 319 e terminata nel 329).
Costantino inizialmente concentra la sua attenzione sulla città di Roma, non dimenticando la città di Treviri, dove costruisce una cattedrale ancora in parte esistente e dove costruisce anche un palazzo imperiale, la cui basilica ha avuto notevoli effetti sull’architettura carolingia ed ottoniana.
La chiesa di San Paolo fuori le mura e San Pietro non solo altro che il risultato di un’opera di sistemazione di tutto quello che si svolgeva nelle domus aeclesie, cioè quando il culto diventa libero si costruiscono edifici nuovi che andava organizzato per osservare le esigenze che il rito comportava (cioè la messa per i catecumeni ed i fedeli, la divisione tra clero e fedeli e tutte le altre cose di cui abbiamo parlato), questo edificio presenta tutta una serie di divisioni interne che devono corrispondere a queste esigenze.
Mentre le catacombe non avevano perso il loro ruolo di luogo sicuro nel quale professare la fede cristiana (in quanto la religione era ormai libera), il filone delle aree cimiteriale all’aperto rimane e le tombe dei santi o martiri vengono racchiuse in un unico edificio (come avviene in San Lorenzo fuori le mura), si procede quindi alla costruzione di un unico edificio che contiene all’interno le tombe che prima erano all’aperto e comprende anche l’ambiente o tettoia che serviva per il banchetto, quindi gran parte di queste strutture pre-costantiniane scompaiono per essere inglobate in una struttura unica che assume la forma di aula con una parte terminale circolare, che regolava il percorso intorno all’altare, il quale occupava la parte estrema della costruzione (come negli ippodromi e nell’architettura circense). Tutta l’area di Roma si popola di queste chiese cimiteriali, sono tutte chiese che presentano caratteri molto diversi dalle chiese realizzate da Costantino (cioè San Giovanni e San Pietro).
Grandi edifici tra gli 80 e 100 metri di lunghezza tutti di forma basilicale con navata centrale e navate laterali e un portico d'entrata (nartece). L'architettura paleocristiana aveva adattato alla funzione religiosa la basilica tradizionale, di cui aveva utilizzato la pianta amplificandola (abside, spazio interno a cinque navate, matroneo, nartece, ecc.), su cui si erano innestate influenze orientali, che continueranno del resto ad operare.  Le navate laterali continuavano intorno all'abside formando un deambulatorio. Così queste aule funerarie  della Roma antica sembra abbiano unito in struttura architettonica omogenea elementi propri di due settori diversi :il deambulatorio derivato dagli edifici funerari e la pianta basilicale tratta dall'architettura civile. Negli ultimi 15 anni del regno di Costantino dato il grande sviluppo raggiunto dal culto dei martiri e dei luoghi santi divenne necessario incorporare il martyrium nella basilica.

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