Questo momento di splendore per Milano si protrae fino al 402, quando l’imperatore Onorio (figlio di Teodosio I) è costretto a trasferire la capitale a Ravenna, perché Milano era diventata una città insicura (per via delle pressioni dei barbari) e invece Ravenna offriva maggiore sicurezza (malgrado terreno acquitrinoso) perché formato da un insieme di isole che comunque consentivano la fuga verso l’oriente (questa idea era già stata pensata dai romani, tanto che durante Augusto vi aveva posto la flotta che proteggeva l’impero d’oriente).
Così viene fermata l’avanzata dei popoli barbari, che consente di attuare una successione all’impero senza grandi preoccupazioni perché Onorino muore nel 425 ma senza eredi, ha solo una sorella il cui figlio aveva cinque anni e quindi si decide di porre al trono Valentiniano III sotto la guida della madre Galla Placidia.
Nel 425 Galla Placidia diventa reggente, mantenendo il ruolo fino alla morte perché l’influenza sul figlio fu notevole, seppe governare con grande diplomazia, sacrificando anche parte della sua vita.
Quando si stabilisce a Ravenna inaugura un momento importante per la storia dell’architettura, forte di questa tradizione milanese e costantinopolitana e anche disponendo di risorse economiche, promuove un’attività edilizia notevole che risente delle doppie culture che la caratterizzavano la sua personalità; le tracce di questa architettura influenzeranno quella successiva, in particolare le esperienza orientali (l’esperienza milanese invece influenzerà particolarmente l’architettura carolingia).
Per capire bene queste due città dobbiamo fare di nuovo un riferimento a Costantinopoli (che supera ormai l’antica Roma), infatti sia a Milano che a Ravenna la città di Costantinopoli viene sempre presa come punto di riferimento. Con la morte di Costantino la città era dotata di un piano urbano molto funzionale, una città le cui parti erano strettamente connesse da un tessuto viario molto efficiente, che collegava direttamente il palazzo con le mura della città (questo legame sia attua attraverso il mesé, per arrivare poi al Philadelphio, dove le strade si biforcano, da una parte si arriva alla porta d’oro e dall’altra il proprio mausoleo; Costantino infatti aveva collocato lungo la via una serie di strutture pubbliche in maniera da attirare la popolazione verso occidente). Il figlio Costanzo II aveva dato un forte impulso all’attività del padre non solo curando la sistemazione delle vie ma anche la stessa Santa Sofia. In seguito l’imperatore Giuliano l’apostolo costruisce un nuovo porto (con dei magazzini annessi, chiamati horrea), il che permetteva l’attracco delle navi che portavano il grano da Alessandria (in seguito anche Teodosio costruisce il porto di Teodosio); la stessa cosa era avvenuta a Roma con il porto di Traiano. Insieme con questa sistemazione portuale viene anche sistemato quello che Costantino aveva visto con grande lungimiranza, ovvero il fatto di creare una serie di strutture che potessero aumentare la densità di popolazione verso le mura; per questa ragione Teodosio costruisce il suo foro, come fa anche Marciano.
Questo graduale spostamento determina la necessità di ampliare il perimetro delle mura, quindi Teodosio II nel 411 decide di posizionare una nuova cinta più ad occidente; queste mura rimane ancora oggi e collegano il Mar di Marmara con il Corno d’oro a nord, anche la porta aurea viene spostata e la vecchia viene chiamata porta saturnino (un patrizio romano). Questo tracciato di città caratterizzato dalle mura poderose rendono la città inespugnabile, non a caso era una cinta come quella aureliana ma doppia. Questo ricordo della città formata da questi nuclei è quella che gli occidentali portano alla memoria quando tornano a Milano e Ravenna, come accade con Galla Placidia, a Ravenna, dove è presente una poderosa cinta muraria sulla quale si trovano delle porte che hanno lo stesso nome di quelle di Costantinopoli.
Architettura dopo Costantino a Roma
Dopo la partenza di Costantino, nel 326, l'antica capitale del mondo per cinquant'anni ignorò i problemi che preoccupavano i costruttori di chiese della cerchia imperiale, il papato e il clero romano, anziché sviluppare nuovi tipi di martyria o di chiese di palazzo, concentrarono la loro attività architettonica sullo sviluppo di un tipo di chiesa utilizzabile per le esigenze correnti delle comunità; tutto questo mutò nel 385, quando si iniziò a costruire la nuova chiesa di San Paolo, come ex voto dei tre imperatori regnanti Teodosio, Arcadie e Onorio.
San Paolo fuori le Mura chiaramente voleva essere una copia di San Pietro in Vaticano; disposta in senso inverso, con l'ingresso a occidente, la nuova chiesa del 385 fu progettata per provvedere alla tomba di san Paolo un riparo altrettanto solenne e monumentale della basilica che racchiudeva la tomba di san Pietro: immensa, costruita sfarzosamente e tale da poter accogliere grandi masse di pellegrini, che venivano per assistere alle funzioni e venerare la tomba, e da servire inoltre come luogo di sepoltura.
Le dimensioni, le proporzioni e pochi tratti della muratura originaria sopravvivono, come ci rimangono numerose illustrazioni; preceduta da un atrio con colonne, la navata, larga quasi 24 metri si estendeva per l'eccezionale lunghezza di 97 metri. Da un lato e dall'altro due navatelle fiancheggiavano la navata maggiore, e la loro ampiezza età pari a quella della navata mediana. Il sacrario di san Paolo si trova sotto l'altare, vicino all'arco trionfale che separava il transetto dalla navata, un transetto continuo ma più alto di quello di San Pietro, copre il sacrario: verso est si concludeva in una grandiosa abside, come quella di San Pietro. Quattro file di colonne ad arcate fiancheggiavano la navata centrale e separavano quelle laterali; in quella centrale sostenevano grossi muri sovrastanti e nelle navatelle dei muri bassi; come a San Pietro, i muri sostenuti da archi delle navatelle erano forati da una serie di aperture sotto il tetto. Ventuno finestroni per lato (invece degli undici di San Pietro), ognuno in asse con gli intercolumni, illuminavano la navata. L'abside re- stava buia, però nel transetto finestre arcuate e oculi riversavano un'ondata di luce sul sacrario.
I costruttori di San Paolo emularono quelli di San Pietro nelle proporzioni e nella pianta, compresa la rara soluzione del transetto continuo, ma realizzarono una variante, non una semplice copia. Il transetto era alto quasi quanto la navata centrale, più profondo e più corto, con i muri delle testate che sporgevano appena al di là del limite delle navatelle esterne; le ragioni di questa modifica ci sono sconosciute, si sia trattato del bisogno di più. Il sacrario inoltre non si trovava sulla corda dell'abside come a San Pietro, era invece il più possibile a ridosso della navata; il colonnato della navata maggiore era coronato da archi anziché da una trabeazione; in luogo della massa eterogenea di fusti di colonne, basi e capitelli tutti diversi, come avveniva in San Pietro, gli elementi dei colonnati in San Paolo originariamente erano omogenei. I fusti palesemente erano stati scelti con accuratezza tra il materiale di spoglio romano, come i capitelli della navata centrale (quelli al centro furono sostituiti dopo il 442 con altri di spoglio); ma i capitelli delle navate laterali furono disegnati apposta per l'edificio. Il tutto riccamente decorato.
Chiesa di San Clemente
Questa chiesa fornisce non solo un'idea convincente della struttura di una basilica standard nella Roma degli anni intorno al 380, ma esemplifica in modo illuminante il rapporto tra queste chiese romane del IV e V secolo con edifici preesistenti sullo stesso sito, nonché con i loro successivi rifacimenti. L'attuale chiesa, leggermente al di sotto del livello stradale, è una struttura del XII secolo, ridecorata in epoca barocca. La chiesa paleocristiana sorgeva a un livello di oltre 4 metri al di sotto della chiesa attuale e occupava il sito di tre precedenti edifici; l'abside supera, coprendolo, il pianterreno di una casa del II secolo che racchiude un mithraeum del III o degli inizi del IV.
Le navate centrale e laterali sono inserite nei muri di un edificio del III secolo, forse un centro comunitario cristiano, e questo a sua volta sorge sul podio di un edificio pubblico del I secolo. Eppure, entro questo labirinto, i resti della basilica del IV secolo si individuano facilmente; le colonne della navata, otto per lato, sono incorporate nelle fondamenta della chiesa soprastante; le arcate, la parte alta dei muri della navata centrale e la facciata sono incorporate nel muro della navatella destra della stessa chiesa. Un atrio antistante la chiesa, del IV secolo, è sepolto al di sotto dell'attuale cortile, del XII. Da questi resti si può immaginare facilmente la prima basilica: la navata centrale era ampia, relativamente corta e considerevolmente bassa: 15 metri per 35 per 13 e mezzo; le colonne erano tutte diverse per misure e materiale; i grandi archi che le sormontavano nascevano da pulvini a tronco di cono; le finestre nella parte alta della navata centrale erano ampie, separate da stretti pilastri e circondavano tre lati della navata; l'atrio comprendeva un quadriportico a colonne; infine, un'arcata aperta immetteva dalla navata nel portico che correva lungo la facciata, una sorta quindi di esonartece, col risultato che così la navata veniva ad essere circondata su tre lati dagli spazi subalterni delle navatelle e dell'esonartece; la pianta di chiesa che prevale nel V secolo sulle coste egee, alla fine del IV sembra essere stata quindi altrettanto caratteristica a Roma.
Santa Sabina all'Aventino è una basilica di Roma, costruita nel V secolo sull'Aventino e dedicata a santa Sabina. Oltre che una delle chiese paleocristiane meglio conservate in assoluto, è sede della curia generalizia dell'ordine dei Frati Predicatori (Domenicani).La chiesa fu costruita dal prete Pietro di Illiria tra il 422 e il 432, sulla casa della matrona romana Sabina, poi divenuta santa.
Come risulta da alcune iscrizioni ritrovate nei pressi della basilica, vicino alla chiesa era presente il tempio di Giunone Regina, 24 colonne del quale furono utilizzate per l'edificazione della Chiesa. Nel IX secolo, la Chiesa venne inglobata nei bastioni imperiali. L'interno venne profondamente rimaneggiato nel corso dei restauri di Domenico Fontana nel 1587 prima e di Francesco Borromini nel 1643. Il campanile attuale risale al X secolo. Architettura La chiesa non ha facciata: l'accesso avviene da un'arcata laterale. L'impianto della basilica ricorda quello delle originarie basiliche romane, con pianta rettangolare e navate divise da colonne antiche provenienti da un monumento tardo-imperiale probabilmente mai messo in opera, che sostengono arcate ad arco attico. Gli spazi tra le arcate sono decorati da emblemi in opus sectile. I restauri moderni hanno eliminato le fitte e chiassose decorazioni posteriori, ridandole semplicità e spaziosità. La navata centrale è relativamente alta e le sue proporzioni slanciate conferiscono all'interno leggerezza ed eleganza. Tipiche dell'architettura paleocristiana, oltre alle pareti esternamente lisce (prive di contrafforti poiché la copertura era sempre a capriate, quindi una struttura non spingente) era la presenza di grandi finestre aperte nel cleristorio (la parte più alta della navata centrale). Nei secoli successivi, quando si perse la capacità di fare grandi vetrate, le aperture nelle chiese si ridussero drasticamente. L'abside è coronata da un arco trionfale, cioè una grande struttura ad arco che la inquadra dalla navata. Anticamente sia l'abside, sia le fasce superiori delle navate dovevano probabilmente essere decorate da mosaici, che sono poi andati perduti. Nell'abside oggi si trova un affresco novecentesco.

Nulla si sa della funzione originaria di Santo Stefano, ma il fatto che fin dall'inizio fosse stato dedicato a santo Stefano, il venerato protomartire, nonché la sua forma circolare, fanno pensare che fosse un martyrium, che custodiva forse una reliquia del santo. Inoltre la pianta complessa, con il compenetrarsi della forma rotonda e di quella a croce, può darsi che sia stata influenzata dall'Anastasis, e magari da altri martyria della Terrasanta. E tuttavia possibile che anche padiglioni dei giardini romani siano tra le fonti di Santo Stefano Rotondo, per quanto finora non ne sia venuto alla luce nessuno di questo tipo, né Santo Stefano
La basilica di Santa Maria Maggiore rappresenta meglio di ogni altro monumento questa rinascenza sistina. L'ampia navata centrale è fiancheggiata solo da due navate laterali, e tutte e tre le navate sono disegnate in proporzioni pacate e maestose. Lunghe file di colonne con capitelli ionici sostengono una trabeazione classica e guidano l'occhio verso l'arco trionfale che continuava nell'originario catino dell'abside. Sui muri della navata centrale, monumentali lesene formavano un secondo ordine, ogni lesena era fiancheggiata da un doppio ordine di colonnine con scanalature a spirali ruotanti da sinistra a destra o viceversa, che sostenevano un fregio in stucco a girali del più puro disegno classico. Lesene e colonnine inquadravano le finestre, nonché i riquadri in mosaico della navata centrale, ognuno dei quali era incastonato in un'edicola con colonne e timpano. Sia nella concezione d'insieme che 24 nei particolari si avverte uno spirito rivolto al passato più di quanto non sia il vivace classicismo di Costantinopoli, più che altro si sente il ricordo dell'arte traianea.
Nessun commento:
Posta un commento