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mercoledì 19 febbraio 2014

L’architettura Cristiana dopo Costantino

Questo quadro può essere completato attraverso lo studio della città di Milano e quella di Ravenna; entrambe emergono tra il IV e VI secolo per ragioni legate a momenti storici, Milano non era sconosciuta quando Costantino assume il controllo, era stata sede dell’augusto Massimiano ed aveva avuto una attività edilizia intensa (con il palazzo imperiale), in questo momento diventa una città che comincia a rivaleggiare con Roma (almeno dal punto di vista strategico perché è posta più a nord e si oppone ai popoli barbari), questa posizione geografica determina la decisione di spostare la capitale dell’impero romano d’occidente dal Roma a Milano nel 353. L’ascesa al potere di Teodosio I nel 379 segna l’unione tra l’impero d’occidente e d’oriente e viene scelta come capitale Milano con imperatore Teodosio I, fortemente coadiuvato da Sant’Ambrogio (che si stabilisce nel 373 a Milano), l’attività edilizia è intensa e vede la costruzione di numerose chiese, le quali in parte riprendono moduli costruttivi già usati e nello stesso tempo introducono una serie di elementi innovativi planimetrici e per quanto riguarda i sistemi costruttivi, influenzando l’architettura ravennate e quella d’oriente (egea in particolare), questo perché dopo Ambrogio si susseguono una serie di vescovi che provengono dall’oriente, che portano con se una serie di usi e costumi; si tratta di una città che elabora ed assorbe le influenza che arrivano.

Questo momento di splendore per Milano si protrae fino al 402, quando l’imperatore Onorio (figlio di Teodosio I) è costretto a trasferire la capitale a Ravenna, perché Milano era diventata una città insicura (per via delle pressioni dei barbari) e invece Ravenna offriva maggiore sicurezza (malgrado terreno acquitrinoso) perché formato da un insieme di isole che comunque consentivano la fuga verso l’oriente (questa idea era già stata pensata dai romani, tanto che durante Augusto vi aveva posto la flotta che proteggeva l’impero d’oriente).

Così viene fermata l’avanzata dei popoli barbari, che consente di attuare una successione all’impero senza grandi preoccupazioni perché Onorino muore nel 425 ma senza eredi, ha solo una sorella il cui figlio aveva cinque anni e quindi si decide di porre al trono Valentiniano III sotto la guida della madre Galla Placidia.

Nel 425 Galla Placidia diventa reggente, mantenendo il ruolo fino alla morte perché l’influenza sul figlio fu notevole, seppe governare con grande diplomazia, sacrificando anche parte della sua vita.

Quando si stabilisce a Ravenna inaugura un momento importante per la storia dell’architettura, forte di questa tradizione milanese e costantinopolitana e anche disponendo di risorse economiche, promuove un’attività edilizia notevole che risente delle doppie culture che la caratterizzavano la sua personalità; le tracce di questa architettura influenzeranno quella successiva, in particolare le esperienza orientali (l’esperienza milanese invece influenzerà particolarmente l’architettura carolingia).

Per capire bene queste due città dobbiamo fare di nuovo un riferimento a Costantinopoli (che supera ormai l’antica Roma), infatti sia a Milano che a Ravenna la città di Costantinopoli viene sempre presa come punto di riferimento. Con la morte di Costantino la città era dotata di un piano urbano molto funzionale, una città le cui parti erano strettamente connesse da un tessuto viario molto efficiente, che collegava direttamente il palazzo con le mura della città (questo legame sia attua attraverso il mesé, per arrivare poi al Philadelphio, dove le strade si biforcano, da una parte si arriva alla porta d’oro e dall’altra il proprio mausoleo; Costantino infatti aveva collocato lungo la via una serie di strutture pubbliche in maniera da attirare la popolazione verso occidente). Il figlio Costanzo II aveva dato un forte impulso all’attività del padre non solo curando la sistemazione delle vie ma anche la stessa Santa Sofia. In seguito l’imperatore Giuliano l’apostolo costruisce un nuovo porto (con dei magazzini annessi, chiamati horrea), il che permetteva l’attracco delle navi che portavano il grano da Alessandria (in seguito anche Teodosio costruisce il porto di Teodosio); la stessa cosa era avvenuta a Roma con il porto di Traiano. Insieme con questa sistemazione portuale viene anche sistemato quello che Costantino aveva visto con grande lungimiranza, ovvero il fatto di creare una serie di strutture che potessero aumentare la densità di popolazione verso le mura; per questa ragione Teodosio costruisce il suo foro, come fa anche Marciano.

Questo graduale spostamento determina la necessità di ampliare il perimetro delle mura, quindi Teodosio II nel 411 decide di posizionare una nuova cinta più ad occidente; queste mura rimane ancora oggi e collegano il Mar di Marmara con il Corno d’oro a nord, anche la porta aurea viene spostata e la vecchia viene chiamata porta saturnino (un patrizio romano). Questo tracciato di città caratterizzato dalle mura poderose rendono la città inespugnabile, non a caso era una cinta come quella aureliana ma doppia. Questo ricordo della città formata da questi nuclei è quella che gli occidentali portano alla memoria quando tornano a Milano e Ravenna, come accade con Galla Placidia, a Ravenna, dove è presente una poderosa cinta muraria sulla quale si trovano delle porte che hanno lo stesso nome di quelle di Costantinopoli.

Architettura dopo Costantino a Roma


Dopo la partenza di Costantino, nel 326, l'antica capitale del mondo per cinquant'anni ignorò i problemi che preoccupavano i costruttori di chiese della cerchia imperiale, il papato e il clero romano, anziché sviluppare nuovi tipi di martyria o di chiese di palazzo, concentrarono la loro attività architettonica sullo sviluppo di un tipo di chiesa utilizzabile per le esigenze correnti delle comunità; tutto questo mutò nel 385, quando si iniziò a costruire la nuova chiesa di San Paolo, come ex voto dei tre imperatori regnanti Teodosio, Arcadie e Onorio.

San Paolo fuori le Mura chiaramente voleva essere una copia di San Pietro in Vaticano; disposta in senso inverso, con l'ingresso a occidente, la nuova chiesa del 385 fu progettata per provvedere alla tomba di san Paolo un riparo altrettanto solenne e monumentale della basilica che racchiudeva la tomba di san Pietro: immensa, costruita sfarzosamente e tale da poter accogliere grandi masse di pellegrini, che venivano per assistere alle funzioni e venerare la tomba, e da servire inoltre come luogo di sepoltura.

Le dimensioni, le proporzioni e pochi tratti della muratura originaria sopravvivono, come ci rimangono numerose illustrazioni; preceduta da un atrio con colonne, la navata, larga quasi 24 metri si estendeva per l'eccezionale lunghezza di 97 metri. Da un lato e dall'altro due navatelle fiancheggiavano la navata maggiore, e la loro ampiezza età pari a quella della navata mediana. Il sacrario di san Paolo si trova sotto l'altare, vicino all'arco trionfale che separava il transetto dalla navata, un transetto continuo ma più alto di quello di San Pietro, copre il sacrario: verso est si concludeva in una grandiosa abside, come quella di San Pietro. Quattro file di colonne ad arcate fiancheggiavano la navata centrale e separavano quelle laterali; in quella centrale sostenevano grossi muri sovrastanti e nelle navatelle dei muri bassi; come a San Pietro, i muri sostenuti da archi delle navatelle erano forati da una serie di aperture sotto il tetto. Ventuno finestroni per lato (invece degli undici di San Pietro), ognuno in asse con gli intercolumni, illuminavano la navata. L'abside re- stava buia, però nel transetto finestre arcuate e oculi riversavano un'ondata di luce sul sacrario.

I costruttori di San Paolo emularono quelli di San Pietro nelle proporzioni e nella pianta, compresa la rara soluzione del transetto continuo, ma realizzarono una variante, non una semplice copia. Il transetto era alto quasi quanto la navata centrale, più profondo e più corto, con i muri delle testate che sporgevano appena al di là del limite delle navatelle esterne; le ragioni di questa modifica ci sono sconosciute, si sia trattato del bisogno di più. Il sacrario inoltre non si trovava sulla corda dell'abside come a San Pietro, era invece il più possibile a ridosso della navata; il colonnato della navata maggiore era coronato da archi anziché da una trabeazione; in luogo della massa eterogenea di fusti di colonne, basi e capitelli tutti diversi, come avveniva in San Pietro, gli elementi dei colonnati in San Paolo originariamente erano omogenei. I fusti palesemente erano stati scelti con accuratezza tra il materiale di spoglio romano, come i capitelli della navata centrale (quelli al centro furono sostituiti dopo il 442 con altri di spoglio); ma i capitelli delle navate laterali furono disegnati apposta per l'edificio. Il tutto riccamente decorato.

Chiesa di San Clemente
Questa chiesa fornisce non solo un'idea convincente della struttura di una basilica standard nella Roma degli anni intorno al 380, ma esemplifica in modo illuminante il rapporto tra queste chiese romane del IV e V secolo con edifici preesistenti sullo stesso sito, nonché con i loro successivi rifacimenti. L'attuale chiesa, leggermente al di sotto del livello stradale, è una struttura del XII secolo, ridecorata in epoca barocca. La chiesa paleocristiana sorgeva a un livello di oltre 4 metri al di sotto della chiesa attuale e occupava il sito di tre precedenti edifici; l'abside supera, coprendolo, il pianterreno di una casa del II secolo che racchiude un mithraeum del III o degli inizi del IV.
Le navate centrale e laterali sono inserite nei muri di un edificio del III secolo, forse un centro comunitario cristiano, e questo a sua volta sorge sul podio di un edificio pubblico del I secolo. Eppure, entro questo labirinto, i resti della basilica del IV secolo si individuano facilmente; le colonne della navata, otto per lato, sono incorporate nelle fondamenta della chiesa soprastante; le arcate, la parte alta dei muri della navata centrale e la facciata sono incorporate nel muro della navatella destra della stessa chiesa. Un atrio antistante la chiesa, del IV secolo, è sepolto al di sotto dell'attuale cortile, del XII. Da questi resti si può immaginare facilmente la prima basilica: la navata centrale era ampia, relativamente corta e considerevolmente bassa: 15 metri per 35 per 13 e mezzo; le colonne erano tutte diverse per misure e materiale; i grandi archi che le sormontavano nascevano da pulvini a tronco di cono; le finestre nella parte alta della navata centrale erano ampie, separate da stretti pilastri e circondavano tre lati della navata; l'atrio comprendeva un quadriportico a colonne; infine, un'arcata aperta immetteva dalla navata nel portico che correva lungo la facciata, una sorta quindi di esonartece, col risultato che così la navata veniva ad essere circondata su tre lati dagli spazi subalterni delle navatelle e dell'esonartece; la pianta di chiesa che prevale nel V secolo sulle coste egee, alla fine del IV sembra essere stata quindi altrettanto caratteristica a Roma.

Santa Sabina all'Aventino è una basilica di Roma, costruita nel V secolo sull'Aventino e dedicata a santa Sabina. Oltre che una delle chiese paleocristiane meglio conservate in assoluto,  è sede della curia generalizia dell'ordine dei Frati Predicatori (Domenicani).La chiesa fu costruita dal prete Pietro di Illiria tra il 422 e il 432, sulla casa della matrona romana Sabina, poi divenuta santa.
Come risulta da alcune iscrizioni ritrovate nei pressi della basilica, vicino alla chiesa era presente il tempio di Giunone Regina, 24 colonne del quale furono utilizzate per l'edificazione della Chiesa. Nel IX secolo, la Chiesa venne inglobata nei bastioni imperiali. L'interno venne profondamente rimaneggiato nel corso dei restauri di Domenico Fontana nel 1587 prima e di Francesco Borromini nel 1643. Il campanile attuale risale al X secolo. Architettura La chiesa non ha facciata: l'accesso avviene da un'arcata laterale. L'impianto della basilica ricorda quello delle originarie basiliche romane, con pianta rettangolare e navate divise da colonne antiche provenienti da un monumento tardo-imperiale probabilmente mai messo in opera, che sostengono arcate ad arco attico. Gli spazi tra le arcate sono decorati da emblemi in opus sectile. I restauri moderni hanno eliminato le fitte e chiassose decorazioni posteriori, ridandole semplicità e spaziosità. La navata centrale è relativamente alta e le sue proporzioni slanciate conferiscono all'interno leggerezza ed eleganza. Tipiche dell'architettura paleocristiana, oltre alle pareti esternamente lisce (prive di contrafforti poiché la copertura era sempre a capriate, quindi una struttura non spingente) era la presenza di grandi finestre aperte nel cleristorio (la parte più alta della navata centrale). Nei secoli successivi, quando si perse la capacità di fare grandi vetrate, le aperture nelle chiese si ridussero drasticamente. L'abside è coronata da un arco trionfale, cioè una grande struttura ad arco che la inquadra dalla navata. Anticamente sia l'abside, sia le fasce superiori delle navate dovevano probabilmente essere decorate da mosaici, che sono poi andati perduti. Nell'abside oggi si trova un affresco novecentesco.

Lo stesso spirito di rinascita sopravvive ancora nel 468-83, quando fu costruito Santo Stefano Rotondo: relativamente ben conservato, è tuttora possibile coglierne gli elementi essenziali. Una enorme navata 26-27 cilindrica poggia su un colonnato trabeato con capitelli ionici; gli alti muri della navata, al di sotto delle ventidue finestre, originariamente rivestiti di lastre di marmo, può darsi che abbiano sostenuto una cupola in materiale leggero. Questo nucleo centrale è circondato da un deambulatorio che si apre in serie di cinque e sei archi sostenuti da colonne. Queste arcate conducevano, alternativamente, a quattro cappelle alte e profonde (disposte a formare una croce) e presumibilmente a cortili scoperti con piscine che si concludevano con portici ad archi. Resti di una decorazione classica in stucco sono rimasti negli archivolti del primo deambulatorio e permettono di farsi un’idea della ricchezza delle decorazioni d’insieme.

Nulla si sa della funzione originaria di Santo Stefano, ma il fatto che fin dall'inizio fosse stato dedicato a santo Stefano, il venerato protomartire, nonché la sua forma circolare, fanno pensare che fosse un martyrium, che custodiva forse una reliquia del santo. Inoltre la pianta complessa, con il compenetrarsi della forma rotonda e di quella a croce, può darsi che sia stata influenzata dall'Anastasis, e magari da altri martyria della Terrasanta. E tuttavia possibile che anche padiglioni dei giardini romani siano tra le fonti di Santo Stefano Rotondo, per quanto finora non ne sia venuto alla luce nessuno di questo tipo, né Santo Stefano

La basilica di Santa Maria Maggiore rappresenta meglio di ogni altro monumento questa rinascenza sistina. L'ampia navata centrale è fiancheggiata solo da due navate laterali, e tutte e tre le navate sono disegnate in proporzioni pacate e maestose. Lunghe file di colonne con capitelli ionici sostengono una trabeazione classica e guidano l'occhio verso l'arco trionfale che continuava nell'originario catino dell'abside. Sui muri della navata centrale, monumentali lesene formavano un secondo ordine, ogni lesena era fiancheggiata da un doppio ordine di colonnine con scanalature a spirali ruotanti da sinistra a destra o viceversa, che sostenevano un fregio in stucco a girali del più puro disegno classico. Lesene e colonnine inquadravano le finestre, nonché i riquadri in mosaico della navata centrale, ognuno dei quali era incastonato in un'edicola con colonne e timpano. Sia nella concezione d'insieme che 24 nei particolari si avverte uno spirito rivolto al passato più di quanto non sia il vivace classicismo di Costantinopoli, più che altro si sente il ricordo dell'arte traianea.

Costantino a Costantinopoli

Quando Costantino decide di fondare Costantinopoli insieme alle opere di carattere pagano, pensa di dover anche costruire edifici di carattere cristiano che testimoniassero questa doppia personalità che vede da una parte una vocazione laica e dall’altra una cristiana; il carattere della città era fortemente pagano perché la tradizione era molto consolidata (anche l’azione esercitata dai cristiani era poco intensa), quando Costantino giunge a Costantinopoli (ucciso il rivale), trova una città profondamente pagana una città nata da una colonia di megaresi e sin dal momento del loro approdo avevano creato tutta una serie di infrastrutture religiose che in parte commemoravano lo sbarco e successivi templi che portano nomi di divinità greche.
Ben presto questa città si era delineato una configurazione urbana simile a tante altre città dell’epoca in cui era visibile l’acropoli (che costituiva il polo religioso, concentrato sulla punta), poi una parte commerciale (che era il tetrapilon, un’area racchiusa da quattro portici, che aveva una funzione di foro anche se al tempo costituiva l’agorà civile), mentre l’agorà commerciale era lo strateghion, un’area vicina ai due porti di carattere militare e commerciale (il bosporion ed il neorino). Era una città già delineata e che era stata fortificata da una cinta muraria il cui percorso non è stato chiarito.
La città era poi stata risistemata e romanizzata da Septimio Severo tra il 193 ed il 196, che aveva cambiato assetto dovuto al fatto che il centro cittadino si sposta intorno al tetraston, con la collocazione della basilica e dell’ippodromo, che servono a denunciare la presenza romana a Costantinopoli.

Quando Costantino decide di fondare la sua città definisce un piano urbano molto preciso, prevede la costruzione di un palazzo imperiale, che viene costruito secondo i canoni che abbiamo espresso, utilizzando la preesistenza dell’ippodromo, collegando questo palazzo imperiale con il suo mausoleo; quindi crea un sistema stradario che serve soprattutto a collegare il palazzo con il mausoleo, che si trova ad una certa distanza (il mausoleo, dopo la morte di Costantino diventerà la chiesa dei Santi Apostoli, ricostruita poi in età giustinianea).
Per collegare il palazzo imperiale con il suo mausoleo riutilizza il mesé, il quale prolunga fino a raggiungere il Philadelphio (una piazza immensa di grande rappresentanza con grandi strutture statuarie), dove la strada si dirama in due vie che portano alle porte principali delle mura, che lo stesso Costantino costruisce come limite della città. Tra la città vera e propria e la cinta muraria esisteva un ampio spazio disabitato, tuttavia Costantino era fiducioso nella crescita della città e per questo aveva collocato dei poli che potessero essere da traino all’espansione della città; colloca il proprio foro circolare, sottolinea l’incrocio tra le strade attraverso la costruzione di un tetrapilo.
Allo stesso tempo Costantino cerca di dare alla città un’immagine cristiana, tuttavia la non ebbe molto tempo per fare il costruttore di chiese perché impegnato in un progetto di espansione della città.

A parte la chiesa di Sant’Irene e la chiesa dei Santi Apostoli non realizza altre architetture religiose, fu suo figlio Costanzo II che si occupa di portare a termine le idee che il padre voleva attuare dal punto di vista cristiano, per questa ragione promuove la costruzione della prima chiesa di Santa Sofia, costruita da Costanzo II intorno al 350 d.C., questa chiesa si muove ancora sulla scia delle esperienze costantiniane ed è una costruzione che risente fortemente di questi modi compositivi che abbiamo sottolineato a proposito di San Giovanni in Laterano e San Pietro a Roma.
Nella città di Costantinopoli (l’attuale Istanbul) possiamo studiare le diverse fasi della fondazione di una città dove possiamo verificare le differenze della sovrapposizione di quattro modelli urbanistici (un caso unico nel suo genere). Pur essendo stata fondata su un insediamento precedente (cioè Bisanzio) la città dispone di un fondatore nella persona di Costantino e di una data precisa di fondazione, il 330 d.C.; una città che dispone di un programma predefinito come centro amministrativo e residenziale dell’imperatore e allo stesso tempo occupa per 11 secoli la funzione di centro culturale e politico di tutto il bacino del mediterraneo. Con la sua fondazione della città conosciamo la sovrapposizione di 4 modelli urbanistici, il primo quello greco - ellenistico (quindi il primo insediamento che si chiamava Bisanzio aveva tutte le caratteristiche di una città greca nell’età ellenistica), con Septimio Severo nel II secolo viene applicato come modello nuovo urbanistico, quello romano (ovvero con questo imperatore ci troviamo di fronte ad un processo di romanizzazione della struttura greco ellenistica della città); arriva poi Costantino, siamo di fronte ad un altro modello con un grande progetto urbanistico; come modello Costantino aveva a disposizione l’esempio delle città che erano state costruite in seguito all’utilizzo del sistema governativo chiamato tetrarchia (ovvero l’enorme estensione dell’impero visti i problemi di gestione locale che entravano in conflitto con il potere centrale, l’imperatore Diocleziano aveva proposto un sistema diverso di gestione del potere dell’impero, ovvero la duplicazione dei ruoli degli augusti e dei cesari, questo aveva portato a prendere in considerazione il trasferimento della sede dell’imperatore in un’altra città dell’impero, quindi la scelta di Costantino di spostare il centro dell’impero non era un fatto nuovo), quindi lo stesso Costantino aveva costruito un palazzo a Treviri, Diocleziano a Spalato oppure altri imperatori avevano scelto altre città, di conseguenza tutti i modelli utilizzati per la costruzione dei palazzi imperiali in queste città di periodo tetrarchico aveva risolto i problemi tipologici e del sistema urbanistico (ovvero avevano definito gli elementi essenziali e le strutture che vanno a formare un centro del potere imperiale) ora il sistema urbanistico significa creare un impianto di città che si basa necessariamente su una idea di città (per esempio il modello greco ellenistico era definito ippodameo ed era definito da una griglia di strade perpendicolari tra loro; le città romane erano fondate su un modello diverso, il castrum romano, impostato su due strade principali, il cardo e il decumano perpendicolari tra loro). Con Costantino ci troviamo di fronte ad un piano che considera sicuramente le strutture presenti a Roma (cioè il centro dell’impero romano), ma per le condizioni orografiche del sito è chiaro che questo modello viene adattato ad una situazione completamente diversa, però qui interviene un fatto importante ovvero che la città diventa il centro del mediterraneo, proprio per questo ruolo dall’oriente arrivano nuove concezioni di città e dall’occidente le esperienze accumulate nel mondo ellenistico e in quello romano; possiamo quindi troviamo sul piano urbanistico di Costantino i riflessi di questa interazione tra la concezione di città dell’oriente e dell’occidente (elementi che lui scegli sono maturati in oriente, per esempio la via porticata è un elemento urbanistico ellenistico, la forma che sceglie per il suo foro romano è circolare, questa forma non esisteva in occidente ma era un modello urbanistico usato in oriente, poi la moltiplicazione degli spazi pubblici, ovvero con la presenza di un unico sovrano il foro unico aveva perso la sua importanza, quindi la moltiplicazione di più spazi pubblici piazze, foro e strade porticate diventano fondamentali di carattere collettivo e pubblico che caratterizzano la struttura urbanistica). Come sappiamo Costantino con l’editto di Milano nel 313 d.C. liberalizza la religione cristiana, questo è importante perché molti studiosi hanno visto nella visione costantiniana la tendenza di costruire una città cristiana, ma in realtà le sua strutture realizzate da Costantino sono di carattere civile, l’unico edificio di carattere religioso è quella della prima chiesa di Sant’Irene e dei Santi Apostoli (mentre la prima Santa Sofia venne progettata dal figlio Costanzo).
Altre motivazioni che spinsero Costantino a spostare la capitale fu lo scontro con il Senato conservatore a Roma, la terza motivazione è la forte crescita del cristianesimo a partire dall’oriente che ha portato Costantino a trasferire il centro dell’impero a Costantinopoli, Costantino capisce l’importanza dei movimenti che provengono dall’oriente (come il cristianesimo) ultima motivazione e la più importante è il suo sito straordinario dal punto di vista strategico, infatti la città un punto importante di collegamento tra oriente ed occidente non solo per via terrestre ma anche per via mare. Si può dire che tutte le scelte architettoniche ed urbanistiche in qualche modo sono sintesi tra i modelli orientali e quelli occidentali, come del resto le scelte urbanistiche ed architettoniche di Costantino troviamo la sintesi tra il castrum romano e la reggia ellenistica.

La fase successiva, con l’imperatore Teodosio il cristianesimo diventa una religione di stato e a questo punto diventano importanti i centri teologici, infatti sappiamo che prima di questa data non esistevano all’interno della città strutture monastiche e poche chiese, subito dopo si avvia la costruzione di 14 chiese, si avvia un processo di cristianizzazione, un processo importante per la realizzazione degli spazzi religiosi, soprattutto con Giustiniano nel VI secolo, nel giro di 50 anni per l’aumento del numero delle chiese e poi in meno di 100 anni troviamo anche i monasteri che prima erano collocati al di fuori delle mura della città (questa caratteristica la differenzia molto da altre città dell’impero).
Riassumendo prima troviamo la cultura greco ellenistica, poi il processo di romanizzazione avviato con Septimio Severo, portato avanti da Costantino, ed infine la cristianizzazione con Giustiniano; dopo la città continuerà ad essere centro dell’impero fino al 1453, quando diventa capitale dell’impero ottomano, mantenendo la sua funzione di centro culturale, politico e commerciale del mediterraneo.
Un altro punto importante va detto che quando parliamo dell’architettura bizantina in realtà parliamo di un stile cresciuto della fondazione della città fino al 1453 che però durante questo periodo non veniva chiamata bizantina (il termine tra 800 e 900) ed indica l’intervento iniziato da Costantino proprio in questa parte del mediterraneo; però l’influenza del mondo bizantino non si limita solo all’area balcanica.
L’influenza bizantina si propaga per gran parte del mediterraneo, infatti molte architetture (dell’Europa orientale) sono caratterizzate dallo stile bizantino, ma anche l’Europa occidentale e l’Italia compresa la Liguria, si forma a partire dal IV secolo sino al VI un modello urbanistico caratteristico con una strada porticata, che formava l’asse principale della città, a Genova troviamo via Sotto Ripa, che riprende il modello di via porticata di Costantinopoli (quello che veniva chiamato mese embolos); infatti i padri del comune di Genova chiedono agli architetti di costruire un embolos su modello di quello costantiniano; inoltre fino al 600-700 a Genova venivano chiamate apoteche, che nel tempo diventa bottega, termine di origine greca; poi ci sono altri elementi che arrivato con lo scambio delle merci che porta con se nuove concezioni tra cui elementi urbanistici; non a caso nel 1300 Sotto Ripa si chiamava bazzarà, infatti in origine le arcate erano chiuse, che la rendevano un vero bazar (un modello urbanistico ottomano). Ma anche l’alternanza di strisce bianche e nere sono di derivazione bizantina, anche se a Costantinopoli erano fasce di pietre alternate a mattoni, questo modello arriva in Andalusia e diventa bianco e nero, da qui poi arriva a Genova ed in altre città italiane.

Quando Costantino sceglie Costantinopoli, oltre alle città del periodo tetrarchico, guarda in maniera diretta al vecchio centro dell’impero, questo il confronto costante con questa città percorre tutta la storia di Costantinopoli; innanzitutto la città viene suddivisa in 14 regioni (esattamente come Roma), a livello architettonico, urbanistico, istituzionale e culturale i primi passi sono sempre analizzare e studiare i modelli che si trovano a Roma, per capire la caratteristiche principali del progetto di Costantino partiamo dal luogo scelto, ovvero Bisanzio (il cui nome è un titolo di carattere generale per indicare il re). Per arrivare alla forma definitiva si parte dalla città di Bisanzio, una piccola città con 20-30000 abitanti, che aveva elementi caratterizzanti una città greca: una acropoli, due porti importanti (neorion e prosphorion uno di carattere commerciale e l’altro di carattere militare), lo strategion (che era l’agorà della città greca), troviamo poi il teatro e ai piedi della acropoli il Tetrastol (una piazza pubblica), infine le mura della città; la scelta per la sua importanza strategica.
Un recente studio ha fatto un’analisi importante, ovvero tenendo conto della linee di costa e della posizione dell’acropoli, ma soprattutto studiando la disposizione dei due porti e la maglia regolare di alcuni elementi pubblici, ha proposto un modello tipicamente ellenistico a maglia ortogonale, anche se non è regolarissima, dovuto alle condizioni orografiche del sito (si passava da 6 a 32 metri).
Con Septimio Severo la questione cambia ovvero gli architetti tengono conto della maglia preesistente (fatto molto importante), quindi non viene creata una città con asse di crescita completamente diversa da quella precedente, ma vengono introdotti da lui elementi essenziali per il processo di romanizzazione, ovvero le terme (chiamato Zeuxippos) e l’ippodromo (tetraston), o almeno gli propone, lui costruisce una struttura importantissima, ovvero una via porticata utilizzata nelle città ellenistiche dell’oriente, che assume il nome di mesè (che significa “in mezzo”), che finisce nella porta principale della città e al di fuori delle mura c’erano le necropoli. Ora l’inserimento di questo nuovo elemento in qualche modo definisce il successivo sviluppo urbano, quindi mantiene la maglia ortogonale di origine greca e per lo sviluppo successivo propone quello della via porticata, che adesso finisce in quella che prima era il tetraston greco.
Costantino ha a che fare con una situazione di questo genere, quello del predecessore non era per costruire una capitale, Costantino ha a che fare con un grandissimo progetto, per realizzare un centro adeguato al centro dell’impero pensa un progetto complesso; se la città era di 20 30 mila abitanti, gli ingegneri pensano ad una città di 100-150 mila abitanti, la superficie del primo intervento di Septimio Severo era 200 ettari, quella di Costantino a 500 ettari, anche se non la finisce. Lui deve definire la città che si definisce attraverso agli assi viari, che devono tenere conto di una struttura importante e precedente, ovvero la strada costruita da Septimio e deve tenere conto delle città sperimentate da altri imperatori, ovvero un modello urbanistico che tiene conto innanzitutto della presenza dell’ippodromo e la sua continuità con il grande palazzo.
Anche lui approva il disegno dell’ippodromo, delle terme e del grande palazzo (anche se in realtà si tratta di un insieme di edifici). Ora quando Costantino prende come riferimento l’ippodromo ed il tratto della via porticata realizzata da Septimio per creare l’orientamento del nuovo sviluppo della città, inserisce subito il suo foro, un grande spazio circolare caratterizzato essenzialmente dalla presenza del Senato.
Tenendo conto della maglia ortogonale di questa parte della città Costantino intende crea due poli diversi, ovvero un polo religioso con Sant’Irene ed un polo civile, mentre l’ippodromo che era considerato punto di incontro tra imperatore e popolo, creando questo spazio inserisce anche il grande complesso palaziale. Anche in questo caso, come a Roma, Salonicco e in molte altre città, il rapporto tra il popolo e l’imperatore era creato dall’ippodromo. Lo spazio di incontro che si crea tra l’asse della via porticata ed il complesso palaziale viene indicato da un elemento architettonico importante che caratterizza lo spazio urbano (attraversò l’inserimento di elementi puntiformi come obelischi, archi di trionfo o tetrapilo), ovvero il milion o tetrapilo, che aumentava la monumentalità dello spazio urbano (il milion nel periodo di Giustiniano si trasforma in una architettura cupolata vera e propria); anche nell’ippodromo ed in particolare in presenza della spina erano inseriti questi elementi puntiformi.
Come abbiamo detto il complesso palaziale è l’insieme di vari edifici architettonici e nel caso di Costantinopoli diventa una vera e propria città nella città, si trattava di edifici cinte di mura separate dal resto della città, tutti i membri della corta avevano uno spazio, che venivano collegati da una serie di strutture presi da diversi molte parti del Mediterraneo (come gallerie, passaggi, giardini, eccetera), tutto insieme scollegato dalla città ma collegato all’ippodromo attraverso la struttura voltata chiamata kathisma, che serviva all’ingresso dell’imperatore.
Con il passare del tempo l’ippodromo diventa una vera città, infatti questa zona era caratterizzata da una serie di terrazzamenti a partire da 6 metri fino ad arrivare a 36, tutte le strutture di sostruzione creavano una serie di ambienti che venivano utilizzati per diverse funzioni. La struttura principale dell’ippodromo era caratterizzato dalla spina (che divideva le due corsie), aveva una larghezza di 123 metri e di lunghezza più di 450 metri. si entrava dalla parte orientale della struttura formata da 12 percorsi e chiamata carceri (da cui partivano anche i carri), questa parte era sovrastata una torre alta 23 metri (su cui era collocata una scultura di una auriga). La spina in realtà era un percorso formato da questi elementi verticali ma che di per se formava una sorta di lunghissima vasca d’acqua per esaltare la presenza degli elementi verticali (che erano di diversi tipo, come obelischi o colonne, che venivano trasportati da altre parti dell’impero; sulla base della colonna troviamo varie decorazioni che ci hanno permesso di capire il compito della Kathisma, l’unico punto che collegava l’ippodromo al grande complesso palaziale). Sulla parte occidentale un emiciclo porticato chiamato sphendoné, che veniva trattato come un fronte di un palazzo, mentre al piano terra vi era una piccola città sotterranea, infatti si trovavano una serie di spazi che svolgevano funzioni pubbliche.
Dopo l’ippodromo arriviamo al foro circolare di Costantino collegato al mesé, innanzitutto questa zona era condivisa tra la VI e la VII regione, nella parte alta si inserisce un altro senato, sulla parte destra il tribunale del foro e in basso il ninfeo; si tratta di uno spazio porticato su due piani, al centro una colonna di porfido (alta 25 metri e diametro 2,90 metri) sulla quale era presente la statua dell’imperatore; il modello di riferimento sono le città orientali, come Jerasha. Non era solo una colonna ma c’era anche un’enorme basamento che non era altro che un tetrapylon all’interno del quale la gente andava a pregare e a portare i suoi doni all’imperatore.
Andando verso occidente troviamo una prima struttura trasversale e verticale (che viene indicato dalla struttura del tetrapylon) e che lega la parte bassa (il mare di Marmara) con la parte alta (dove esistevano due porti); questa struttura secondaria si trasforma in epoche successive in una struttura prettamente di carattere commerciale (basti pensare che le repubbliche marinare avevano qui le loro sedi). Andando ancora ad occidente la struttura della città era caratterizzata da queste vie porticate ed arriviamo ad una punto in cui la strada si divide, in alto andava verso le parti interne dell’impero, la parte bassa portava alla porta Aurea verso la via aeglasia, che collegava la nuova Roma a quella vecchia. All’incrocio si forma uno spazio che guarda ad un modello importante a Roma, ovvero il Campidoglio, ovvero un santuario dedicato alla triade capitolina, ma questi riferimenti non sono più di carattere religiosi ma la sua funzione diventa con Teodosio quella che viene chiamata università di Costantinopoli, nella parte alta c’era il Philadelphio, una piazza dove vi erano varie statue portati dal resto dell’impero.
Uno degli elementi e dei problemi più importanti della città era quello di come far arrivare l’acqua potabile, perché da questo punto di vista era in una situazione gravissima, per questo si iniziano a creare delle strutture adatte per il rifornimento d’acqua, innanzitutto il rifornimento era garantito dall’acquedotto di Valente, poi dalla creazione di una serie di cisterne (che ognuna è un capolavoro di ingegneria vedremo perché), ma la struttura dell’acquedotto (costruito nel 373 dell’imperatore Adriano, ma viene restaurata da Valente) non solo per le sue funzioni ma anche per il linguaggio architettonico rimanda al mondo romano, era la prima struttura per portare l’acqua. La cosa importante è che se si pensa all’orientamento greco ellenistico della prima parte della città, notiamo che l’acquedotto segue una delle linee della griglia però era orientato verso la piazza principale (che si trovava tra il grande palazzo, l’ippodromo e poi Santa Sofia), chiamata Augusteo (in onore di Augusta Elena madre di Costantino).
Oltre a questa struttura vengono costruite le cisterne, due in particolare erano importanti di fronte a Santa Sofia (chiamata Yerebatan, che occupa la posizione che in antico veniva chiamata basilica) e l’altra era la Bin bir direk (vicini all’ippodromo, il suo nome significa “mille ed una colonna”), erano due modelli di riferimento importantissimi non solo dal punto di vista funzionale ma anche dal punto di vista strutturale per il periodo successivo.
Si tratta di cisterne enormi, la prima era 138 per 65 metri, l’interno era formato da 28 file di 12 colonne (336 colonne in totale), non a caso molti storici parlano di una foresta di colonne (una definizione che troveremo nella moschea di Cordoba in Spagna); gran parte dei capitelli erano elementi di prelievo (presi dal altre architetture), come le colonne, mentre nella parte alta (in quello che viene definito “attacco al cielo”) troviamo una serie di archi incrociati, che crea un movimento straordinario, ci troviamo di fronte ad uno spazio estremamente vasto.
Nell’altra cisterna si introduce un elemento nuovo, dopo l’esperienza precedente si era visto uno spazio del genere, basso e molto lungo, dava un senso di pressione, allora decidono di sovrapporre le colonne raddoppiando l’altezza e ponendo una colonna sopra l’altra, raccordate da un dado (questa soluzione viene ripresa a Cordoba), la soluzione permette di raddoppiare la capienza della cisterna e dal punto di vista architettonico ed estetico il rapporto tra l’altezza ed il basamento viene risolto; nella parte alta troviamo una struttura a serie di archi incrociati fatti di mattone, che diventa un elemento caratteristico nella cultura costruttiva bizantina soprattutto a partire dal VII secolo; (queste soluzioni verranno prese in altre parti dell’impero).
Passiamo adesso agli spazi pubblici (siamo arrivati a descrivere fino al Philadelphio del periodo di Costantino), in realtà su queste due strutture urbane vengono creati altri spazi pubblici, innanzitutto il foro di Teodosio I, con il quale cambiano le scelte progettuali, infatti mentre con Costantino vi era un riferimento al mondo orientale e quindi la struttura era circolare; con Teodosio si ritorna alle forme quadrangolari tipiche di Roma, un modello che viene usato per altri due spazi urbani.
In questo periodo storico si formano due porti importanti, infatti sebbene fossero già presenti due porti, l’enorme crescita della città necessita la creazione di due nuovi porti, ovvero il porto di Giuliano e di Teodosio (importanti dal punto di vista funzionale e commerciale), poi abbiamo già visto la costruzione alla fine del IV secolo dell’asse trasversale (quello che molti studiosi ritengono sia un riferimento al cardo del modello romano); da Teodosio i poi soprattutto da Giustiniano, questo asse assume una funzione prettamente commerciale (troviamo infatti molto macellum, che possiamo considerare dei punti di vendita) e notiamo tutte le tipologie utilizzate avevano come riferimento a Roma.
In parallelo al primo asse viene creato un altro asse, che è sempre funzionale al commercio, infatti avviene un processo urbanistico molto importante, ovvero se prima le funzioni commerciali erano concentrate nell’agorà e nel foro, con la crescita della città c’è un abbandono di questa parte pubblica, trovando spazio lungo le vie porticate; infatti se prima si trattava solo di una via porticata senza alcuna funzione, a partire da questo momento si creano degli spazi per la vendita sotto i portici, poteva per esempio essere degli horrea, ovvero uno spazio molto semplice e molto allungato (all’incrocio di queste strade vi erano in genere dei tetrapylon). Questa via viene chiamata a partire da questo momento storico in poi Embolos.
All’interno dello spazio del foro di Teodosio, che aveva come unica funzione quella celebrativa, era presente una colonna, il cui modello era Roma, poi ai due lati del foro, dove arrivava il mesè, vi erano due archi celebrativi.
Infine arriviamo ad un periodo molto impostante ovvero quello di Teodosio, si tratta della formazione di una capitale dell’impero, una schema semplice, funzionale e di una qualità straordinaria.
Durante il tempo la città continua a svilupparsi e non basta più la città progettata da Costantino, devono quindi decidere dove collocare la cinta, gli ingegneri si mettono a lavoro ed hanno a disposizione un modulo ovvero un miglio romano (che sono 1480 metri), per questo prendono il Milion, ovvero punto di incontro tra l’ippodromo ed il grande palazzo e da dove partiva il mesè, allora loro prendono il miglio come misura e tracciano un arco con il centro nel Milion con un raggio di tre miglia romane, questo era il punto ideale per tracciare il limite della cinta muraria (ovvero aggiungono un altro cerchio e si raggiungono tre miglia romane), questo nel 400 d.C. e avevano tenuto conto della crescita della popolazione e della estensione ottimale, tenendo conto delle due strutture monumentali della città, quindi la città assume una fisionomia definitiva, che rimane tale per 11 secoli.
Una volta definito il limite, la prima cosa che fa Teodosio è costruisce una doppia cinta muraria (costituita da pietre e mattoni) con una complessità incredibile; si tratta di mura con altezza interna di 11 metri (con 96 torri di forme diverse 74 quadrate, 14 ottagonali, 5 esagonali e 2 rettangolari ad intervalli regolari di 70-75 metri), dopo troviamo un fossato largo 15-20 m e profondo 5-7 metri, in più 92 piccole torri e 10 porte, la più importante delle quali la porta Aurea (importante dal punto di vista architettonico per volontà di arrivare ad un disegno piramidale per le aperture, lo troveremo in diverse cattedrali medioevali); dopo, nel 439 d.C. anche i lati mare vengono dotato di cortine murarie.
In questo periodo per la prima volta con Teodosio Costantinopoli supera Roma, per la costruzione ed il tipo di questa struttura e l’estensione della città arriva a 1400 ettari, mentre nello stesso periodo Roma arrivava a 1380.
Con Giustiniano (VI secolo d.C.) inizia un periodo di conquiste, perché l’imperatore ha l’intenzione di portare a termine il progetto di renovatio imperi, infatti nel V secolo Roma cade e l’unico centro dell’impero rimane Costantinopoli, non a caso in questo e in quello successivo Costantinopoli arriva a 50000 abitanti. Le sue campagne di riconquista di Giustiniano lo portano da un lato a conquistare le terre che nel periodo precedente sono state sottratte all’impero, ma allo stesso tempo deve pagare un conto salatissimo, ovvero tutti i suoi interventi dal punto di vista architettonico ed urbanistico hanno sempre caratteri militare. Tutti tranne le chiese, si assiste ad un processo di cristianizzazione, Giustiniano infatti non pensa più di inserire elementi che ricordassero l’antica Roma ma pensa di aumentare i luoghi di culto; i monasteri vengono costruiti anche all’interno delle città, che prima non avevano il permesso di essere costruiti, quindi tutta l’attenzione dell’imperatore era concentrata su architetture religiose. In tutti gli elementi di Giustiniano (tranne a Costantinopoli dove esistevano già) elemento fisso dei suoi interventi sono le vie porticate e la costruzione di cinta murarie imponenti.
Come succede nella sua città natale, dove troviamo la piazza principale, la via porticata e le mura di cinta, però troviamo anche enormi complessi religiosi, come i monasteri; questo comporta una notevole novità, infatti i monasteri all’interno si trasformano come luoghi di accoglienza di viandanti e malati e qui si creano tipologie nuove, come il Pandokeion che altro non era che un ospedale, ora questo pandokeion, che nel mondo andaluso arabo diventa fonduc, che torna in Italia e diventa fondaco, ovvero luoghi di accoglienza.
A Costantinopoli Giustiniano si trova di fronte ad una struttura già matura e concentra la sua attenzione nella costruzione di edifici religiosi ed approfitta di un incendio che distrugge le due chiese che già esistevano (Santa Sofia e Sant’Irene), questo gli permette di progettare una nuova architettura basata sulla presenza della cupola, riprogetta quindi Santa Sofia (che era una sintesi tra oriente ed occidente) e ricostruisce Sant’Irene, che hanno come elemento fondamentale la cupola, poi ristruttura il resto del palazzo.
Progetta anche una piazza chiamata Augusteo, uno spazio contornato da portici e di fronte l’edificio del senato, qui colloca la sua statua e diventa punto di riferimento tra il palazzo in basso e lo spazio religioso della città in alto.
Per quanto riguarda Santa Sofia, noi sappiamo che li Phanteon aveva una base circolare, Santa Sofia si appoggia si quattro pilastri quindi la basi della cupola e quadrangolare, bisognava risolvere gli angoli di passaggio da una base quadrangolare a quella circolare.

martedì 18 febbraio 2014

L'Architettura Paleocristiana a Roma

San Giovanni in Laterano

Viene costruita come chiesa ex novo e che deve entrare a far parte del palazzo di Laterano donato da Costantino, sorge in un’area limitrofa al palazzo, in un’area precedentemente occupata da una caserma (che però era abbastanza in disuso), Costantino espropria una parte aggiuntiva e costruisce la chiesa.
Si trattava di una chiesa di grandi dimensioni (con cinque navate orientate est-ovest), raramente dopo vengono realizzate a cinque, di solito sono a tre navate. La chiesa dimostra quei caratteri che abbiamo menzionato, la grandiosità d’impianto e le decorazioni interne (che conosciamo sempre dal Libro dei pontefici); la chiesa, guardandola in pianta, ci dimostra come la navata centrale è quasi 1:2 quelle laterali, manca il portico d’ingresso; le navate sono suddivise da quindici sostegni diversificati (anche se in realtà varia solamente il coronamento delle colonne che le lega), nelle navate laterali i sostegni sono ventidue colonne, collegate da basse arcate e sollevate su alti plinti; nella navata principale troviamo un architrave orizzontale che corre continuo sino all’imbocco del presbiterio senza interruzione (concludendosi ad ovest in una grandiosa abside semicircolare), questo accade anche nelle navate laterali a quella centrale, mentre nelle navatelle più esterne non arrivano fino in fondo ma si fermano, a causa della presenza di alcuni ambienti trasversali, che costituiscono i bracci di una sorta di transetto (anche se non è un vero e proprio transetto in quanto non ha la forza di una navata trasversale che interseca quella longitudinale, ma certamente è un elemento che segna un’interruzione tra le parti).
L’unico elemento che segna una netta distinzione tra la parte riservata ai fedeli e quella al clero è l’iconostasi ed il transetto, concretizzata attraverso una grande balaustrata centrale sovrastata da statue di argento massiccio (come di argento erano anche i lampadari ed altre strutture decorative). L’iconostasi era sormontata da statue che sorreggevano una sorta di architrave che in corrispondenza dell’asse principale era presenta una forma arcuata (quasi a formare un arco siriaco, che ricordava la facciata del palazzo di Diocleziano nel a Spalato, ovviamente il richiamo a questo elemento è simbolico).
L’organizzazione di questo ambiente vede come protagonisti da una parte l’altare (posto in linea d’area sotto l’arco siriaco) e dall’altro le reliquie contenute dentro l’altare principale; la presenza di questi due elementi determinano la ragione d’essere di questa costruzione, infatti il visitatore entrando viene subito attirato dall’altare dove era collocata la reliquia. Non ci sono ostacoli che visivamente si contrappongono al percorso del visitatore verso l’altare, si tratta di uno spazio libero e sopratutto c’è una copertura molto lineare che rende lo spazio estremamente omogeneo ed indifferenziato.
Come dimensioni la basilica lateranense non era gigantesca, essendo lunga 75 a larga 55 metri, poteva comunque accogliere diverse migliaia di fedeli, presumibilmente le navatelle più esterne erano celate da tende ed in esse si posizionavano i catecumeni, mentre le altre erano riservate ai fedeli battezzati. Per la tecnica costruttiva erano state seguite le tecniche locali, mentre il tetto era a capriate a cassettoni; per quanto riguarda la decorazione l’esterno era quanto di più semplice, mentre all’interno una moltitudine di colori, luci e materiali preziosi creava un’insieme di splendore unico

Tutte le chiese dal IV al VI secolo sono caratterizzate dal questo spazio cinetico, dato da una omogeneità dell’articolazione dei sostegni e delle coperture. La preoccupazione di tutti gli architetti dal VI al X secolo sarà quella di modificare questo senso spaziale cinetico non per negarlo ma per renderlo più rallentato, cioè persiste sempre l’idea che il visitatore debba raggiungere l’altare ma il modo in cui questo avviene viene attuato attraverso una serie di impedimenti che rallentano questo procedere, gli accorgimenti sono numerosi però riguardano principalmente la modalità di posizione o di uso sostegni e le coperture (in particolare la presenza di arredi oppure la presenza di una copertura a volte). Vedremo come l’architettura ottoniana, carolingia, romanica, proto-romanica, catalana ed altre sono architetture che mirano a modificare questo semplice impianto basilicale per raggiungere lo spazio che deve essere conosciuto attraverso un modo rallentato nel procedere (lo spazio diventa sperimentale, ovvero uno spazio che deve essere percorso per poter esser compreso).
L’architettura romanica trova il suo centro in Borgogna, una zona ideale per poter concentrare tutte le esperienze provenienti dalle varie regioni d’Europa per creare una architettura che può essere considerata una sommatoria di tutte queste esperienze particolari; quindi è il momento quello romanico in cui si riunificano tutte le esperienze che prima sono attuate in maniera sparsa, creando un’architettura omogenea in un territorio molto vasto.
Nello stesso tempo la madre di Costantino vuole trasformare l’area principiane del sestiniano in un luogo di culto (in quanto era arrivata dalla terra santa un frammento della croce di Cristo) e trasforma la grande aula (che faceva parte del palazzo) aggiungendo una parte absidale e suddividendo questo spazio attraverso delle tramezzature arcuate e ciascuno di questi vani viene destinato ad una determinata destinazione d’uso; si può dire che questa chiesa attesta la transizione tra la domus aeclesia e la basilica.


San Pietro in Vaticano
 
La chiesa (o meglio martyrium) di San Pietro in Vaticano (probabilmente risalente al 324) presenta caratteristiche sia per impianto che per tecnica costruttiva simili a San Giovanni in Laterano ma se ne differenzia per alcune caratteristiche (che lasciano tracce nell’architettura successiva), mentre San Giovanni in Laterano elabora un tipo ma non trova una grande imitazione, San Pietro diventa una architettura di riferimento costante (soprattutto per motivi ideologici, costituiva l’esempio da imitare a tutti i costi). Nella chiesa del papa, autorità massima in campo religioso, troviamo i caratteri già riscontrati (la suddivisione in navate attraverso l’articolazione dei sostegni) però rispetto a San Giovanni presenta l’aggiunta del quadriportico che precede la chiesa, questo quadriportico è preceduto da una scalinata che porta ad uno dei lati del porticato che prende il nome di esonartece; si entra in questo grande atrio (o paradisus) a si arriva all’endonartece (luogo dove sostavano i catecumeni) attraverso un’altra scalinata. Si arriva poi all’interno della chiesa la cui spazialità non differisce da quella di San Giovanni in Laterano, però il movimento cinetico (dall’ingresso all’altare) subisce qui una sorta interruzione dovuta alla presenza del transetto continuo (ovvero non presentava divisioni al suo interno se non alle estremità), un volume che si evidenzia con tutta chiarezza e che all’interno non presenta alcuna suddivisione, creano uno spazio molto amplio dedicato al clero. Il transetto era separati dalla navata principale da un grande arco di trionfo, mentre dalla navate laterali era separato da un diagramma di colonne, sull’asse della navata centrale il transetto si apriva in un’immensa abside.
Entrando nella navata principale il visitatore si trovava di fronte ad un ampio vano rettangolare, sorretto da ventidue grandi colonne di dimensioni, capitelli ed architrave completamente diversi gli uni dagli altri (in quanto tutti elementi di spoglio), al di sopra un doppio ordine di affreschi con le storie del vecchio testamento; per le navate laterali (come a San Giovanni in Laterano) si trovavano colonne su alti plinti, che reggevano una serie di archi La maggiore ampiezza si manifestava anche con una fastosità inusuale, l’altare corrispondeva all’edicoletta sopra la tomba del santo. Tutt’intorno si trovano tutta una serie di edifici sepolcrali che attestano la sistemazione precedente di un cimitero.
Questo posizionamento della tomba determina un orientamento particolare della chiesa, il transetto continuo (che non ha divisioni interne), ha uno sviluppo in altezza uguale a quello centrale; questo transetto orientano ad ovest insieme all’abside è determinato dalla presenza dell’altare, segnando una sorta di eccezione rispetto alle architetture successive, perché subito la morte di Costantino le chiese cambiano orientamento (cioè l’altare si trova sempre ad oriente), questo è dovuto al fatto che durante il IV secolo c’è un cambiamento di liturgia, prima il sacerdote doveva guardare verso est dando le spalle ai fedeli, dopo Costantino si assiste a questo cambiamento, non troviamo più chiese orientate ad ovest, se non quella di San Pietro. E’ singolare che a partire dalla metà del IV secolo tutte le chiese sono orientate in un certo modo; dopo quattro secoli in seguito all’idea della renovatio imperi (soprattutto con Carlo Magno) ritorna nuovamente in auge la chiesa orientata ad ovest (come San Pietro), tale rimando al mondo costantiniano era talmente forte da volerlo riproporre in una maniera molto diretta, quindi tutte le chiese carolingie sono orientare ad ovest è esclusivamente per un motivo ideologico (come anche accade nell’architettura ottoniana).
Con una lunghezza della navata di 90 metri ed una larghezza di 64 la chiesa era pronta ad accogliere le folle di fedeli, ma non solo perché la sua funzione era anche quella di cimitero coperto, in quanto molte persone volevano essere seppellite a fianco del principe degli apostoli, tanto che vennero costruite anche strutture funerarie esterne, come la tomba degli Anicii
La chiesa quando nasce non ha una cripta, in seguito viene costruita e diventerà un riferimento per tutte le architetture successive (infatti le prime chiese carolingie imitano anche la cripta di San Pietro), la cripta fu aggiunta successivamente occupa tutto la spazio circolare sottostante la zona dell’altare, l’inserimento della cripta comporta il rialzamento del pavimento del presbiterio, le conseguenze dal punto di vista spaziali sono considerevoli perché la differenza di pavimenti interrompe la monotonia delle parti.
Questo scavo viene introdotto dinnanzi ad una necessità urgente, ovvero dinnanzi alle minacce delle invasioni barbariche (soprattutto Ostrogoti in questa fase), si rese necessario proteggere le reliquie che stavano all’esterno della città portandole all’interno. Nel 604 il papa decide di costruire la cripta, che prende il nome di semianulare perché forma una forma ad anello sotterraneo (riprendendo il profilo dell’abside), questo tipo di cripta è relativamente semplice e avrà molta fortuna nelle chiese contemporanee ed in quelle successive.
La difficoltà di collocare questi ambienti sotterranei non incoraggiava molti costruttori, quando le reliquie divennero numerose la diffusione fu resa necessaria; coloro che non potevano scendere nella cripta potevano guardare le reliquie dalla zona dell’altare, perché c’era una sorta di foro che lasciava vedere la tomba e la zona sottostante.
Roma in questo periodo era meta di pellegrinaggi, tanto che la zona intorno alla chiesa richiese numerose variazioni dovute alla collocazione di numerosi ospizi ed ospedali, addirittura certe monarchie creano dei centri di raccolta per i pellegrini che venivano a Roma; il VI secolo è il culmine di questa prassi religiosa e vede la formazione di un nucleo (l’attuale Vaticano) su cui poi si imposta lo sviluppo dell’area successiva. In seguito Giulio II decide di costruire una nuova chiesa, smantellando la precedente.

Chiesa di Santa Croce

Grandi diversità che si notano nell'architettura costantiniana delle chiese, con piante che variano a seconda delle consuetudini locali, si accentuano ancora di più quando si tratta di chiese non destinate ad una normale comunità. A Roma, nel Palazzo Sessoriano, la Casa imperiale, o forse la stessa madre dell'imperatore, Elena, fece costruire Santa Croce in Gerusalemme come cappella palatina e probabilmente lei stessa donò alla chiesa una reliquia della Vera Croce. A questo scopo fu trasformata una vasta sala rettangolare del 200 circa: fu aggiunta un'abside a uno dei lati brevi e l'interno fu diviso nella parte alta da due pareti trasversali parallele, sostenute da archi, presumibilmente tre, poggianti su colonne binate. La soluzione risponde al concetto e alla funzione di cappella di corte: assai monumentale, i suoi tre vani trasversali (stretto, ampio, stretto) si prestano a una successione di tre spazi distinti, per la servitù, per la corte e per l'altare, col clero che presiede nell'abside.

Mausoleo di Santa Costanza

Si tratta di un mausoleo dedicato alla figlia di Costantino (Santa Costanza), qui il vano centrale, circolare e coperto da una cupola, si innalza da una serie di archi sostenuti da dodici coppie di colonne composite, dodici finestroni nella parte alta del muro inondano di luce la parte centrale, questa è circondata da un deambulatorio in ombra, coperto da una volta a botte, che nella parte opposta all'entrata è interrotto da un vano più alto e ben illuminato, una sorta di baldacchino. Questo sorge al di sopra di una lastra di porfido al di sotto dell'arco mediano del vano centrale, sulla quale sembra poggiasse un tempo il sarcofago della principessa. Della decorazione rimangono i mosaici della volta del deambulatorio: in un crescendo, si passa da disegni geometrici, nella campata d'ingresso o in quelle attigue, a riquadri con viticci e putti, per culminare, nella zona buia ai lati del sarcofago, in riquadri pieni di racemi e vasellame dorato usato per le libagioni. Di qui si passava poi ai mosaici del baldacchino, che rappresentavano la Gerusalemme celeste, gli apostoli sotto forma di agnelli e la volta dorata del ciclo, così come la decorazione della cupola, dove scene del Vecchio Testamento su un fondo azzurro erano inquadrate da cariatidi dorate con pantere bacchiche accucciate ai loro piedi. Tra le finestre e al di sotto di esse i muri del vano centrale erano rivestiti di marmi policromi. Materiali preziosi, luce e colore si fondevano in un insieme organico, fondato però su elementi visivi non strutturali. Gli archi in corrispondenza degli assi principali del vano centrale sono impercettibilmente più larghi e alti degli altri, e ancora quelli sull'asse longitudinale, sopra e di contro al sarcofago, sono leggermente più larghi e più alti di quelli sull'asse trasversale. Le piccole nicchie nel muro del deambulatorio non corrispondono agli archi: solo dall'arco opposto al sarcofago diventano interamente visibili.