
Si trattava di una chiesa di grandi dimensioni (con cinque navate orientate est-ovest), raramente dopo vengono realizzate a cinque, di solito sono a tre navate. La chiesa dimostra quei caratteri che abbiamo menzionato, la grandiosità d’impianto e le decorazioni interne (che conosciamo sempre dal Libro dei pontefici); la chiesa, guardandola in pianta, ci dimostra come la navata centrale è quasi 1:2 quelle laterali, manca il portico d’ingresso; le navate sono suddivise da quindici sostegni diversificati (anche se in realtà varia solamente il coronamento delle colonne che le lega), nelle navate laterali i sostegni sono ventidue colonne, collegate da basse arcate e sollevate su alti plinti; nella navata principale troviamo un architrave orizzontale che corre continuo sino all’imbocco del presbiterio senza interruzione (concludendosi ad ovest in una grandiosa abside semicircolare), questo accade anche nelle navate laterali a quella centrale, mentre nelle navatelle più esterne non arrivano fino in fondo ma si fermano, a causa della presenza di alcuni ambienti trasversali, che costituiscono i bracci di una sorta di transetto (anche se non è un vero e proprio transetto in quanto non ha la forza di una navata trasversale che interseca quella longitudinale, ma certamente è un elemento che segna un’interruzione tra le parti).
L’unico elemento che segna una netta distinzione tra la parte riservata ai fedeli e quella al clero è l’iconostasi ed il transetto, concretizzata attraverso una grande balaustrata centrale sovrastata da statue di argento massiccio (come di argento erano anche i lampadari ed altre strutture decorative). L’iconostasi era sormontata da statue che sorreggevano una sorta di architrave che in corrispondenza dell’asse principale era presenta una forma arcuata (quasi a formare un arco siriaco, che ricordava la facciata del palazzo di Diocleziano nel a Spalato, ovviamente il richiamo a questo elemento è simbolico).
L’organizzazione di questo ambiente vede come protagonisti da una parte l’altare (posto in linea d’area sotto l’arco siriaco) e dall’altro le reliquie contenute dentro l’altare principale; la presenza di questi due elementi determinano la ragione d’essere di questa costruzione, infatti il visitatore entrando viene subito attirato dall’altare dove era collocata la reliquia. Non ci sono ostacoli che visivamente si contrappongono al percorso del visitatore verso l’altare, si tratta di uno spazio libero e sopratutto c’è una copertura molto lineare che rende lo spazio estremamente omogeneo ed indifferenziato.
Come dimensioni la basilica lateranense non era gigantesca, essendo lunga 75 a larga 55 metri, poteva comunque accogliere diverse migliaia di fedeli, presumibilmente le navatelle più esterne erano celate da tende ed in esse si posizionavano i catecumeni, mentre le altre erano riservate ai fedeli battezzati. Per la tecnica costruttiva erano state seguite le tecniche locali, mentre il tetto era a capriate a cassettoni; per quanto riguarda la decorazione l’esterno era quanto di più semplice, mentre all’interno una moltitudine di colori, luci e materiali preziosi creava un’insieme di splendore unico
Tutte le chiese dal IV al VI secolo sono caratterizzate dal questo spazio cinetico, dato da una omogeneità dell’articolazione dei sostegni e delle coperture. La preoccupazione di tutti gli architetti dal VI al X secolo sarà quella di modificare questo senso spaziale cinetico non per negarlo ma per renderlo più rallentato, cioè persiste sempre l’idea che il visitatore debba raggiungere l’altare ma il modo in cui questo avviene viene attuato attraverso una serie di impedimenti che rallentano questo procedere, gli accorgimenti sono numerosi però riguardano principalmente la modalità di posizione o di uso sostegni e le coperture (in particolare la presenza di arredi oppure la presenza di una copertura a volte). Vedremo come l’architettura ottoniana, carolingia, romanica, proto-romanica, catalana ed altre sono architetture che mirano a modificare questo semplice impianto basilicale per raggiungere lo spazio che deve essere conosciuto attraverso un modo rallentato nel procedere (lo spazio diventa sperimentale, ovvero uno spazio che deve essere percorso per poter esser compreso).
L’architettura romanica trova il suo centro in Borgogna, una zona ideale per poter concentrare tutte le esperienze provenienti dalle varie regioni d’Europa per creare una architettura che può essere considerata una sommatoria di tutte queste esperienze particolari; quindi è il momento quello romanico in cui si riunificano tutte le esperienze che prima sono attuate in maniera sparsa, creando un’architettura omogenea in un territorio molto vasto.
Nello stesso tempo la madre di Costantino vuole trasformare l’area principiane del sestiniano in un luogo di culto (in quanto era arrivata dalla terra santa un frammento della croce di Cristo) e trasforma la grande aula (che faceva parte del palazzo) aggiungendo una parte absidale e suddividendo questo spazio attraverso delle tramezzature arcuate e ciascuno di questi vani viene destinato ad una determinata destinazione d’uso; si può dire che questa chiesa attesta la transizione tra la domus aeclesia e la basilica.
San Pietro in Vaticano
La chiesa (o meglio martyrium) di San Pietro in Vaticano (probabilmente risalente al 324) presenta caratteristiche sia per impianto che per tecnica costruttiva simili a San Giovanni in Laterano ma se ne differenzia per alcune caratteristiche (che lasciano tracce nell’architettura successiva), mentre San Giovanni in Laterano elabora un tipo ma non trova una grande imitazione, San Pietro diventa una architettura di riferimento costante (soprattutto per motivi ideologici, costituiva l’esempio da imitare a tutti i costi). Nella chiesa del papa, autorità massima in campo religioso, troviamo i caratteri già riscontrati (la suddivisione in navate attraverso l’articolazione dei sostegni) però rispetto a San Giovanni presenta l’aggiunta del quadriportico che precede la chiesa, questo quadriportico è preceduto da una scalinata che porta ad uno dei lati del porticato che prende il nome di esonartece; si entra in questo grande atrio (o paradisus) a si arriva all’endonartece (luogo dove sostavano i catecumeni) attraverso un’altra scalinata. Si arriva poi all’interno della chiesa la cui spazialità non differisce da quella di San Giovanni in Laterano, però il movimento cinetico (dall’ingresso all’altare) subisce qui una sorta interruzione dovuta alla presenza del transetto continuo (ovvero non presentava divisioni al suo interno se non alle estremità), un volume che si evidenzia con tutta chiarezza e che all’interno non presenta alcuna suddivisione, creano uno spazio molto amplio dedicato al clero. Il transetto era separati dalla navata principale da un grande arco di trionfo, mentre dalla navate laterali era separato da un diagramma di colonne, sull’asse della navata centrale il transetto si apriva in un’immensa abside.
Entrando nella navata principale il visitatore si trovava di fronte ad un ampio vano rettangolare, sorretto da ventidue grandi colonne di dimensioni, capitelli ed architrave completamente diversi gli uni dagli altri (in quanto tutti elementi di spoglio), al di sopra un doppio ordine di affreschi con le storie del vecchio testamento; per le navate laterali (come a San Giovanni in Laterano) si trovavano colonne su alti plinti, che reggevano una serie di archi La maggiore ampiezza si manifestava anche con una fastosità inusuale, l’altare corrispondeva all’edicoletta sopra la tomba del santo. Tutt’intorno si trovano tutta una serie di edifici sepolcrali che attestano la sistemazione precedente di un cimitero.
Questo posizionamento della tomba determina un orientamento particolare della chiesa, il transetto continuo (che non ha divisioni interne), ha uno sviluppo in altezza uguale a quello centrale; questo transetto orientano ad ovest insieme all’abside è determinato dalla presenza dell’altare, segnando una sorta di eccezione rispetto alle architetture successive, perché subito la morte di Costantino le chiese cambiano orientamento (cioè l’altare si trova sempre ad oriente), questo è dovuto al fatto che durante il IV secolo c’è un cambiamento di liturgia, prima il sacerdote doveva guardare verso est dando le spalle ai fedeli, dopo Costantino si assiste a questo cambiamento, non troviamo più chiese orientate ad ovest, se non quella di San Pietro. E’ singolare che a partire dalla metà del IV secolo tutte le chiese sono orientate in un certo modo; dopo quattro secoli in seguito all’idea della renovatio imperi (soprattutto con Carlo Magno) ritorna nuovamente in auge la chiesa orientata ad ovest (come San Pietro), tale rimando al mondo costantiniano era talmente forte da volerlo riproporre in una maniera molto diretta, quindi tutte le chiese carolingie sono orientare ad ovest è esclusivamente per un motivo ideologico (come anche accade nell’architettura ottoniana).
Con una lunghezza della navata di 90 metri ed una larghezza di 64 la chiesa era pronta ad accogliere le folle di fedeli, ma non solo perché la sua funzione era anche quella di cimitero coperto, in quanto molte persone volevano essere seppellite a fianco del principe degli apostoli, tanto che vennero costruite anche strutture funerarie esterne, come la tomba degli Anicii
La chiesa quando nasce non ha una cripta, in seguito viene costruita e diventerà un riferimento per tutte le architetture successive (infatti le prime chiese carolingie imitano anche la cripta di San Pietro), la cripta fu aggiunta successivamente occupa tutto la spazio circolare sottostante la zona dell’altare, l’inserimento della cripta comporta il rialzamento del pavimento del presbiterio, le conseguenze dal punto di vista spaziali sono considerevoli perché la differenza di pavimenti interrompe la monotonia delle parti.
Questo scavo viene introdotto dinnanzi ad una necessità urgente, ovvero dinnanzi alle minacce delle invasioni barbariche (soprattutto Ostrogoti in questa fase), si rese necessario proteggere le reliquie che stavano all’esterno della città portandole all’interno. Nel 604 il papa decide di costruire la cripta, che prende il nome di semianulare perché forma una forma ad anello sotterraneo (riprendendo il profilo dell’abside), questo tipo di cripta è relativamente semplice e avrà molta fortuna nelle chiese contemporanee ed in quelle successive.
La difficoltà di collocare questi ambienti sotterranei non incoraggiava molti costruttori, quando le reliquie divennero numerose la diffusione fu resa necessaria; coloro che non potevano scendere nella cripta potevano guardare le reliquie dalla zona dell’altare, perché c’era una sorta di foro che lasciava vedere la tomba e la zona sottostante.
Roma in questo periodo era meta di pellegrinaggi, tanto che la zona intorno alla chiesa richiese numerose variazioni dovute alla collocazione di numerosi ospizi ed ospedali, addirittura certe monarchie creano dei centri di raccolta per i pellegrini che venivano a Roma; il VI secolo è il culmine di questa prassi religiosa e vede la formazione di un nucleo (l’attuale Vaticano) su cui poi si imposta lo sviluppo dell’area successiva. In seguito Giulio II decide di costruire una nuova chiesa, smantellando la precedente.
Chiesa di Santa Croce

Mausoleo di Santa Costanza

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