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domenica 23 febbraio 2014

Altre opere nell' Impero Carolingio

 Ginevra, dal 400 (Isacco e Sigismondo)
Il processo di formazione episcopale di Ginevra passa attraverso molte fasi, la prima intorno al 400.

Primo edificio: costruito nel 400 da Isacco e composto da tre navate, coperto da capriate lignee, coro semicircolare e un catino decorato a fasce rosse. Questo primo tempio fu dedicato con tutta probabilità ad Augusto e Livia.

Secondo edificio: intorno al 513 fu il re dei Burgundi, Sigismondo, ad edificare la seconda basilica ispirandosi però ai grandi centri cristiani.

Conclusasi nel 515 (ricostruita dopo un incendio) si presentava con tre navate in asse con tre absidi, un coro absidato semicircolare, presente per la prima volta un presbyterium al quale si giungeva con una scalinata. Qui sull’ambone troviamo le reliquie di San Pietro, a cui è dedicata la chiesa. Sono presenti anche un mausoleo ed un battistero.

Mausoleo: situato dietro l’abside si presenta con pianta centrale, deambulatorio con arcate poggianti su basamento.

Battistero: di forma quadrangolare con abside ad oriente, aveva uno spazio sopraelevato dedicato unicamente alla vasca battesimale rivestita in marmo e cemento idraulico, la forma di questa vasca era ottagonale.

Era presente una cripta con doppio deambulatorio colonnato posto sotto il coro absidale con due sale.

Lione; San Giovanni Battista, Santo Stefano e Santa Croce
San Giovanni Battista; orientata a sud del complesso fu conosciuta anche con il nome di maxima ecclesia e fu ricostruita da Leidrado (vescovo). La grande chiesa era dotata di cinque navate, senza transetto e con un ampia abside orientata ad est. Durante gli scavi archeologici furono trovate ben due absidi con orientamento di poco differente; la più esterna in pietrame misurava 11,5 metri di diametro.

Santo Stefano; ubicata a nord di San Giovanni è la più antica tra tutte; ha una sala rettangolare di 12,5x9,1 metri con un abside in mattoni. Al centro di questa sala si trova una vasca battesimale di forma ottagonale del IV secolo. Inoltre la sala pare fosse riscaldata da un sistema ipocausto.

Santa Croce; fu fondata nel IV secolo e trasformata più avanti in chiesa gotica, fu nel diciottesimo secolo inglobata nel sistema attiguo.

Grenoble, San Vincenzo, Santa Maria e le tre necropoli
Quest’area episcopale eretta durante il regno di Massimiano e Diocleziano, (284-293) vede oltre all’area descritta anche la presenza di tre necropoli.

Area episcopale: posta vicino al centro abitato era costituita da due chiese giustapposte; San Vincenzo e Santa Maria.

Le necropoli: hanno una storia più chiara e sono ben tre; la più antica chiamata “Ville Belle Dame”, la seconda comprende numerosi sarcofagi di età merovingia e la chiesa di San Sisto, la terza anch’essa merovingia dedicata a Sant’ Antonio è ricca di sarcofagi. Questi tre centri insieme erano parte di un sistema sepolcrale enorme (quasi 1,5 km di estensione) ed erano situate particolarmente sopraelevate per scongiurare le invasioni.

Vienne; battistero e chiesa Maccabei

Questo centro episcopale è costituito da un battistero e da una chiesa.

Battistero: descritto dal vescovo Avito come a pianta centrale, con un solo piano e con altare centrale, altare riccamente decorato di marmi e mosaici.

Chiesa Maccabei: era la chiesa meridionale dedicata a questi due fratelli, fu poi ampliata con l’aggiunta di una cappella dedicata a San Maurizio.

San Maurizio; abbazia presso Santa Maria
La basilica carolingia fu edificata da Carlomagno in un area già occupata da una chiesa cimiteriale. Il vescovo Teodoro alla fine del IV secolo edificò una piccola cappella di 5x9 metri per ospitare le reliquie di alcuni martiri. I pellegrini che ogni anno affollavano sempre più numerosi il sito ne resero necessario l’ampliamento (verso est).

Si presentava quindi con una navata unica, un coro pentagonale, ed una copertura a falda unica, lunga 8,5metri e larga 6 metri.

L’ultimo edificio fu modificato ancora dall’abate Ambrogio, l’edificio ora era quasi addossato alla parete rocciosa e si presentava con tre navate con abside in asse e due sacrestie rettangolari ai lati, l’ingresso avveniva attraverso un vestibolo e un sistema di corridoi che avvolgevano i lati esterni della chiesa. Lunga ormai 25 metri presentava al suo interno una decorazione con paraste e si rifaceva molto all’architettura ravennate.

Müstair; chiesa di San Giovanni Battista
Questa chiesa fu voluta da Carlomagno negli anni 780-786 conclusasi però poi soltanto intorno all’820-830. In origine costituita da un cortile quadrato con portici; l’impianto ad aula unica era tra i più grandi, fra le analoghe costruzioni. Dotata di tre navate, copertura con capriate poi sostituita da volte a ogiva, era dotata di tre absidi di cui quella centrale emergente. La decorazione pittorica interna con 80 riquadri incorniciati raffiguravano le gesta di Cristo, Davide degli Apostoli e dei Santi patroni di Müstair e di cui la chiesa ne conservava le reliquie.

Disentis; chiesa di San Martino (Coira 700)
Il più antico edificio di quest’area era una piccola chiesa rettangolare con coro absidato dedicato a San Pietro. Essendo questo edificio fatto erigere da Sigismondo e trovandosi vicino alla chiesa di San Martino la sua antichità è confermata e databile intorno al 750.

San Martino; importante per la cripta raggiungibile da una scala angusta, le piccole dimensioni non permettevano lo svolgersi delle funzioni al suo interno. Eretto in pietra a secco è coperto da una cupola, sopra il muro dell’abside una finestra con grata: il punto dove ci si rivolgeva per pregare i santi.

Nuova San Martino; proprio verso la fine del 700, i monaci eressero una nuova e più grande chiesa che sostituì la precedente.

L’edificio era ora largo 16 metri e andò a coprire il sepolcro, si presentava con tre absidi a ferro di cavallo e con la cripta spostata verso occidente, quest’ultima decorata con affreschi particolari: volti umani rappresentati con caricature.

Naturno, chiesa di San Procolo
Questa piccola chiesa della val Venosta ospitava le reliquie di San Procolo, vescovo di Verona. Il ritrovamento di alcune tombe sia nelle vicinanze che nel luogo stesso ci indicano che l’edificio fu edificato nel 650. L’ingresso a sud portava ad un aula illuminata da una piccola finestra rettangolare; aula e coro erano separati da un gradino. La navata ed il coro avevano la stessa copertura piatta, il tetto era a scandole.

Dal 1300 in poi la famiglia Amnesberg trasformerà la chiesa per farne un pantheon personale: verrà aggiunta una torre campanaria, la copertura piatta verrà poi sostituita con una volta che richiederà l’inspessimento dei muri.

Interventi edilizi nell’Italia settentrionale.

Basilica Massenziana ad Aquileia

Questa basilica sorge dalle più antiche “Aule Teodoriane” fondate dal vescovo Teodoro nel 313 su resti romani (da granai romani detti Horrea). Dopo essere stata distrutta dai longobardi è stata poi abbandonata (568), fino a quando Massenzio riportò la sede vescovile ad Aquileia. Con le donazioni di Carlomagno venne riedificata, sotto la guida di Massenzio, venne aggiunto un coro absidato, i due muri laterali furono aperti per creare due ingressi ad altrettante cappelle. Fu creata la cripta sfruttando il muro curvilineo ad est, i capitelli di sostegno erano di impronta carolingia, mentre pareti e volte e piedritti furono affrescati. Il presbiterio e la cattedrale vescovile furono anch’essi di epoca e impronta carolingia.

Massenzio fece poi anche la chiesa dei Pagani situata ad ovest; essa era costituita di tre ambienti di cui due al piano terra: Consignatorum a pianta quadrata era il luogo della cresima.

Vestiarium luogo per i battezzandi; e al primo piano il Catecumenium ove si istruivano i catecumeni. La basilica successivamente sarà ancora distrutta dagli Ungari e ristrutturata da Peppone, e finalmente nel 1031 sarà inaugurata.

San Gallo; Monastero di Gallo (612) Gallo, Otmaro e Gozberto
Il monaco Gallo, dopo un lungo peregrinare, decide nel 612 di ritirarsi nella valle Steinach ove costruisce un monastero molto piccolo e in legno, qui egli vuole riscoprire la contemplazione eremitica irlandese, detta “Locus Amoenus” (anch’egli era irlandese). Nel 646 gallo morì e il piccolo monastero in legno, con attorno le celle dei confratelli, passò ad Otmaro, che, dopo aver seppellito Gallo nella piccola chiesa, tenta di ricostruire il complesso in pietra (cosa che avverrà nel 719).

Otmaro ricostruisce la chiesa in pietra nel 719; era molto semplice, due zone, quella dei monaci e quella dei fedeli divise da una transenna, una cripta finestrata sotto il coro, tetto coperto da scandole. Ed intorno alla chiesa sono ricostruite le abitazioni dei monaci.

Dopo Otmaro il complesso passò nelle mani di Giovanni, che più che occuparsi dell’architettura si occupò della cultura, in quanto rende il monastero un centro di copiatura delle sacre scritture.

Il maggior splendore si raggiunge con l’abate Gozberto, nei primi trent’anni dell’800, il quale decide di ricostruire il complesso con i soldi delle donazioni ricevute negli anni addietro. Così di punto in bianco egli riceverà una pergamena con il disegno della abbazia ideale di quell’epoca, (in piena norma col concilio dell’epoca) con disegni architettonici in inchiostro rosso e legende in inchiostro nero, misurava 112x75cm ed era formata da cinque pelli di pecora.

L’edificio descritto nella pergamena non venne mai realizzato, ma il documento è comunque di grande rilevanza esso prevedeva tre navate con pilastri, arredi liturgici in funzione delle processioni e numerosi altari per ospitare le reliquie dei santi.

La nuova abbazia invece realizzata da Gozberto in scala minore, con tre navate, un presbiterio rialzato sotto il quale vennero poste le reliquie di San Gallo ed una cripta; venne aggiunto un westwerk ed un atrium. Lunga 200 piedi e larga 40 non aveva absidi ne transetto e gli spazi per i monaci  (come il coro) erano separati da un arco trionfale. La cripta, tramite due corridoi, era un salone rettangolare posto sotto l’altare maggiore.

Ad Otmaro sarà poi dedicata una chiesa ad ovest di quella di San Gallo, soffitto piano, tre navate con colonnati ed una cripta con il corpo di San Otmaro, posta anch’essa sotto l’altare maggiore.

Le due chiese rimarranno separate fino al 1600 quando verranno fuse in un unico complesso abbaziale.

Durante il nono secolo l’azione svolta da quattro importanti abati contribuì ad accrescere il prestigio dell’abbazia ed entrò a far parte della strategia politica carolingia; solo l’assalto dei popoli barbari interruppe questo felice momento nel 926.

Gozberto ricostruì l’abbazia tra l‘829 e l‘837, ma prima di iniziare l’opera aveva ricevuto la pianta di un’abbazia disegnata su una pergamena e di grandezza inconsueta. Il progetto, pur non essendo stato realizzato, costituisce un documento eccezionale per le dimensioni e per lo stato di conservazione, rappresenta la sola testimonianza altomedioevale di un progetto architettonico studiato nei dettagli (offre inoltre un esempio del ruolo del mittente e del destinatario nella prima metà del nono secolo). La pianta può essere considerata come un esempio di un progetto redatto in ottemperanza ai dettami della riforma monastica stabiliti durante le sedute dei Sinodi di Aquisgrana.

la pianta del monastero di San Gallo disegnata sulla pergamena mostra un insieme di edifici che gravitano attorno alla chiesa abbaziale; la chiesa tuttavia rimane l’elemento di maggiore rilievo, essa è munita di due absidi contrapposte, ma l’orientamento risulta evidente dalla presenza di tre altari nell’abside orientale; questo coro è preceduto da un ambiente rettangolare (secondo una disposizione già apparsa a Fulda), sotto il quale si estende una cripta ad aula (con un ampio deambulatorio quadrangolare voltato a botte); l’interno della basilica è a tre navate articolate su pilastri, in complesso accolgono 12 cappelle, il tutto diviso da una moltitudine di transenne.

Nella disposizione delle fabbriche monastiche indicate nella pergamena si riscontra un sistema uniforme di misurazione basato su un modello di base pari a 40 piedi, corrispondente al lato del quadrato del vano di crociera della chiesa; partendo da questo modulo si ottenevano tutti i vari sottomoduli che costruivano l’intero impianto nei particolari. I progetti vennero solo in parte realizzati.

Colonia; Santi Pietro e Paolo
Questa chiesa tardo carolingia era articolata con tre navate e pilastri sorreggenti le arcate, lunga 49 metri e larga 22 metri aveva un presbiterio “more romano” con transetto di 38 metri con abside fiancheggiato da due agumenta porticati al piano terreno e con tribune al primo piano. Nella cripta dedicata a San Pietro sorgeva un corridoio trasversale che formava il vecchio schema anulare.

Il sito presenta 14 fasi di costruzione successive, l’edificio risalente a questo periodo consisteva in una basilica con due absidi aggiunte alla navata preesistente: quella orientale molto profonda, dedicata a San Paolo e collegata ad un transetto, sormontava una cripta; quella occidentale dedicata a San Pietro s’apriva sulla navata ed era circondata da un paradisus (una striscia di terra vergine semicircolare), contornata a sua volta da un deambulatorio aperto verso l'interno, chiuso verso l’esterno e coperto da un tetto. L’impianto lascerebbe pensare alla pianta di un monastero ideale redatta durante le sedute del concilio di Indan.

Reichenau; Chiese di Santa Maria, San Giorgio e Santi Pietro e Paolo
Reichenau situata sul lago di Costanza ospita le tre grandi chiese dedicate ai quattro santi di cui sopra. Fu durante l’età carolingia sede di una prim’ordine religioso e culturale.

Santa Maria ed i Santi Apostoli a Mittelzell, fu trasformato molte volte e fu sempre in riferimento per l’applicazione della regola benedettina.

Intorno alla fine del 700 l’edificio era in muratura con un nartece, un aula ed un coro quadrangolare con tre altari per i tre santi.

Con Ettone I la chiesa viene dotata di tre navate con transetto ed un coro più profondo; l’incrocio tra transetto  e navata genera un quadrato usato poi come modulo e in corrispondenza del quale sorge una torre.

Erlebaldo più avanti aggiungerà un transetto occidentale dopo aver ampliato la basilica nella stessa direzione.

San Pietro e Paolo, attualmente si presenta con tre navate concluse in tre absidi preceduta da un semplice nartece; lunga circa 42 metri. Si ipotizza che in epoca carolingia presentasse una navata unica e profonda abside semicircolare (799).

San Giorgio a Oberzell, chiesa fondata da Ettone III per ospitarne le reliquie del santo, si presentava con tre navate, un transetto, abside con terminazione rettilinea. Anche qui l’incrociarsi della navata con il transetto forma un vano di crociera quadrato. Il coro è separato dalla navata con una scalinata ed un’arcata.

Inden; monastero di San Salvatore
Questo monastero fu fondato da Ludovico Il Pio nell’816, consacrato a San Salvatore. Situato vicino ad Aquisgrana doveva essere il centro della riforma benedettina.

Si presentava con un corpo largo dotato di tre navate divise da due pilastri, una portico rettangolare con tre ambienti ed un chiostro. Il coro rinforzato da contrafforti e le tre absidi sfalsate ed a ferro di cavallo. Non vi era la cripta.

Eginardo, attività il Franconia

Eginardo, cresciuto nell’abbazia di Fulda, fu un grande politico e religioso durante il regno di Carlomagno, tanto che divenne professore nella Scuola Palatina. A Steinbach e a Seligenstadt costruì due basiliche dedicate entrambe a Morellino e Pietro; le reliquie furono portate clandestinamente da Roma.

Basilica di Steinbach 815
Delimitando i confini dei suoi possedimenti e donando il possedimento dell’abbazia di Lorsch, mantenne l’usufrutto di ciò fino alla sua morte. Fece edificare questa chiesa con diverse particolarità, tra cui, inserendo un transetto a bracci bassi. Le tre navate, di cui la centrale prolungata fino all’abside era molto simile ad una sala d’ingresso. I resti di cui disponiamo vedono una struttura muraria con pietre molto piccole ma assemblate da molta malta; la cripta è un altro elemento unico e raro, grande e cruciforme è servita da rampe molto ripide coperte da volte a botte che quando si incrociano (i vani) vanno a formare una volta a crociera.

Basilica di Seligenstadt 828 (città dei beati)
Nell’827 Eginardo sposta le reliquie in questa piccola chiesa di Magonza conosciuta anche come città dei beati. In origine la basilica formata da tre navate con abside, separate da nove arcate in mattoni. Lo sviluppo longitudinale della chiesa (i cui lavori terminarono soltanto nel 840) è interrotto dalla presenza di un transetto sul quale si apre un abside al di sotto della quale giace una cripta semianulare. Sono tutti rimandi all’architettura romana fortemente voluti da Ludovico il Pio, per sottolineare la volontà di riavvicinarsi alla chiesa romana. Ciò sottolineato ancora dalla torre posta in facciata, che toglie longitudinalità.

Basilica di San Giustino a Francoforte
Fu edificata per volere di Otmaro che volle portare qui le reliquie del Santo. Essa presentava una struttura a tre navate con colonne a sorreggere le arcate, un transetto con tre vani quadrati absidati. Interessante il rapporto lunghezza/larghezza 10/5,9.

Herfeldt; chiesa benedettina
Anche in questa pianta si ripercorrono le tendenze romane, un transetto continuo ad est, torri poste ad ovest, arcate su colonne e le tre absidi. Il tutto consegnava una slanciatezza di masse e questo stile troverà molto successo nell’architettura carolingia del IX secolo.

Lione; basilica di San Giusto
Nel 1971 furono attuati degli scavi nel sito in questione ed emersero diversi edifici che si susseguirono durante i secoli.

La svolta arrivò nel III secolo quando il complesso si sposta al fianco di una necropoli, fu eretto anche un complesso semi-ipogeo con portici.

Prima chiesa di San Giusto situata ad est del mausoleo, era molto grande con abside semicircolare innestata nel coro e presentava tre navate, dedicata inizialmente ai fratelli Maccabei, cambiò patrono con lo spostamento delle reliquie.

Nel V secolo essendo vicino alla città ed al cimitero divenne un modello di chiesa cimiteriale.

Seconda basilica di San Giusto, edificata a metà del VI secolo, comprendente un abside poligonale all’esterno e semicircolare all’interno, un transetto con cripte, tre navate con portici laterali ed un nartece. Nell’epoca carolingia fu sistemata una cappella di 8,5 metri posizionata a est dell’abside per rinforzare i muri dove scaricavano le forze esercitate dalla semicupola.

Déas; chiesa di San Filiberto
Ilboldo era priore dell’abbazia di Noirmoutier su un isola, ma le continue invasioni normanne lo costrinsero a spostare l’attività sulla terra ferma in località Déas.

Prima chiesa; edificata da Ermentario, tra l’814 e l’819, si presenta con tre navate, un vano a crociera, transetto a due bracci ed era molto simile nel complesso alla pianta di kornelimunster (a conferma dei buoni rapporti tra Benedetto di Anione ed Aumulfo entrambi legati alla riforma monastica di Ludovico il Pio).

Ilboldo, successore di Aumulfo, decide quindi di spostare la basilica dall’isola alla terra ferma presso Déas, spostando le reliquie di San Filiberto. Il motivo erano le continue incursioni normanne.

I continui miracoli che avvengono attorno alla tomba di San Filiberto richiamano molti fedeli e il complesso necessita di un ampliamento.

Seconda chiesa; Ilboldo allungò la navata, il coro poligonale fu circondato da un corridoio che portava ad una sala rettangolare che custodiva le reliquie. Poco più avanti negli anni il coro poligonale sarà demolito per far spazio ad un altro più grande e con ai lati due cappelle ed un abside, sotto questo coro una cripta accessibile a U che funzionava molto bene per il pellegrinaggio. Questa disposizione anticiperà molte altre tra cui quella di Corvey.

Nell’847 l’abbazia viene invasa ed incendiata dai normanni che mettono in fuga i monaci.

Fontenelle; chiesa di San Pietro 823
Ansegiso fu il grande abate di questo monastero, egli tra l’823 e l’833 fu a capo del complesso. L’edificio si presentava con transetto orientato ed un chiostro. Le ali avevano diverse funzioni:

Ala orientale: dormitorio dei monaci.

Ala occidentale: divisa in due parti, la cantina ed il refettorio.

A nord: comprendente la sala del vestiario e del soggiorno riscaldata.

Corvey; chiesa di Santo Stefano e Vito
Furono i cugini di Carlomagno, Adalhardo e Wala ad occuparsi di questa abbazia sorgente sul fiume Weser. Fondata nell’816 da Adalhardo e completata da Wala nel 822-844 sfruttando le numerose donazioni di Ludovico il Pio. A San Salvatore fu poi aggiunto San Vito nell’ 836.

Formato da tre navate con coro rettangolare ampio come la navata ed in asse con la stessa, possedeva un rialzo servito da gradini.

Nell’867 il presbiterio subì una trasformazione, il coro diventa un vano di crociera ed il transetto subisce l’aggiunta di bracci corti, sul transetto si innesta il nuovo coro con corridoio sfociante in una cripta esterna.

Intorno al 873 viene aggiunto il westwerk in facciata con tre torri: quella centrale si ipotizza fosse una torre lanterna con tre finestre su ogni lato per migliorarne la luminosità.
 
Adalhardo e Wala (cugini di Carlo Magno) furono i responsabili della prima fase dei lavori di costruzione dell’abbazia di Corvey, il primo stabilì le fondazioni nell‘816, l’altro effettuò un ampio programma edilizio negli anni 822-844. l’abbazia subì ulteriori modifiche nell‘867 con la sistemazione di un ampio coro e di una cripta articolate, mentre negli anni 873-885 venne realizzata nella parte occidentale il monumentale westwerk.

La basilica era formata da tre navate con un coro rettangolare molto ampio, circondato da un corridoio a forma di U.

Nel westwerk di Corvey sulla Weser, una delle ultime architetture costruite si radunano i vari concetti elaborati precedentemente in una maniera molto più chiara; ovvero si chiarisce in maniera costitutiva l’aspetto tipologico del westwerk, in quanto quasi tutti gli esempi successivi fanno riferimento a questo. Si chiarisce ancora di più il rapporto di corrispondenze di massa alle estremità dell’edificio e le conseguenze che il culto delle reliquie porta nella definizione dell’edificio carolingio. Una sorta di coronamento delle architetture precedenti ma anche una liberazione dall’architettura romana, perché effettivamente si tratta di un elemento originale elaborato dai carolingi; verrà poi scomposto e rielaborato influenzando notevolmente l’architettura medioevale.

La chiesa già esistente viene trasformata nell’ultima fase da Carlo il Calvo e Ludovico il Pio, viene ampliato nella parte absidale mediate l’aggiunta di una serie di ambienti sotterranei che costituiscono delle vere e proprie cripte per le reliquie, ma nello stesso tempo c’era il problema di agevolare il flusso dei fedeli, per questo viene creato una sorta di deambulatorio intorno all’abside preesistente in maniera da consentire ai visitatori di ostacolarsi tra di loro (anticipando i modi compositivi delle chiese di pellegrinaggio dell’epoca successiva). Per aumentare la possibilità di aumentare gli spazi si creano degli ambienti quadrati ma anche cruciformi, che servono ad ospitare le reliquie, quindi anche le cripte subiscono dei cambiamenti rispetto ai modelli romani e proprio in questo va individuato un’altro dei caratteri dell’architettura carolingia.
Per quanto riguarda il westwerk troviamo grossomodo quegli elementi che erano stati anticipati in maniera organica negli esempi precedenti, perché anche qui troviamo il piano terra caratterizzato da un portico, che precede una sala ipostila trattata come una cripta (in quanto diventa una sorta di reliquiario); attraverso le scale (che formano delle vere e proprie torri scalari alle estremità della facciata) si arriva al piano superiore che presenta una tribuna centrale con tre tribune che lo affiancano, mentre il quarto lato era aperto verso la navata; ancora salendo si arriva al secondo piano.

In questo caso troviamo che non c’è quella corrispondenza di masse in quanto si trova solo la parte occidentale, queste diverse soluzioni sono legate a due diversi territori in cui l’architettura carolingia si era diffusa (neustria ed Austrasia), il modello con due corpi di fabbrica contrapposti è quello tipico in neustria, quello con un solo corpo è dell’Austrasia. Un elemento lega i due tipi architettonici, infatti in entrambi i casi si vuole dare importanza alla facciata occidentale, in neustria si tratta di un’importanza religiosa, mentre in Austrasia è data dalla presenza di un solo volume.

Un’altro fatto importante è che dall’esterno è impossibile capire cosa c’è al di la della parete, in quanto manca la corrispondenza tra forma e funzione solo dopo si cerca di evidenziare la funzione dei vari volumi, questo passaggio verrà attuato dall’architettura ottoniana.

Werden, basilica di San Salvatore 804
Fondata da Ludgero, tra l’804 e l’809 è una chiesa senza transetto con una navata centrale conclusa in abside due navatelle divise in cinque parti; tre parti rettangolari e due quadrate; le ultime due parti si attribuiscono ad un westwerk.

All’esterno una cappella ospita le reliquie di San Ludgero, mentre sotto l’abside sorgono le cripte a baldacchino. Sul westwerk si è molto dibattuto: sicuramente posto sulla facciata occidentale costituiva una parte a se rispetto alla chiesa: navatelle e tribuna erano coperte da volte a botte comunicanti tramite arcate.

Effman, storico e studioso attribuisce all’epoca carolingia una semplificazione del westwerk secondo lui alto 22 metri e costruito in 68 anni.

Altri come Borger  ricostruiscono il westwerk  secondo il pensiero tradizionale carolingio (68 anni sono troppi e 22 metri sono esagerati).

Soisson; chiesa di San Medardo
Il protagonista è ancora Ilduino, essendo in possesso in possesso delle reliquie di San Sebastiano, fa demolire la zona presbiteriale di San Medardo per sostituirla. I lavori, iniziati nell’817 finiti nell’841 furono sovvenzionati dall’imperatore (su spinta della chiesa). Furono realizzate profonde cripte con profondi e lunghi corridoi, nicchie a est per le reliquie. La costruzione notevolissima e ingegnosa e funzionale anche per i muri, le volte  a crociera e i giunti murari molto fini e sottili.

Basilica e cripte di San Germano, Auxerre
La prima basilica fu edificata da Clotilde intorno al 520, intitolata a San Germano non aveva cripte ed era fuori dalle mura di Auxerre, dinnanzi a questa chiesa fu poi innalzato un battistero.

Le cripte sono testimoniate grazie ad una fonte iconografica secondo cui due scale laterali al coro (gotico) portano al confessio ubicato al centro di un grande blocco rettangolare, i corridoi che lo circondano sono ad angolo retto e coperti da volte a crociera:

Parte orientale: più stretta per una costruzione rettangolare

Parte occidentale: ove posto il sarcofago di San Germano

Parte centrale: in tre navate, di cui la centrale a botte poggiante su architravi.

Le cripte si presentano con un sistema che unisce in realtà tre cripte: quelle a sala (tipo romana); quella di Centula dell’ opre Echelon e quella della rotonda.

La disposizione con al centro la tomba del vescovo dimostra un determinato ordine nella disposizione della cripta; le cripte erano arredate con affreschi marmi e sculture.

La fine dell’architettura carolingia
L’architettura carolingia arriva di fatto sino all‘888 poiché l’ultimo erede era Carlo il grosso che rimase senza eredi; infatti dopo la morte di Carlo Magno gli succede Ludovico il Pio, il quale continua a diffondere gli ideali paterni dal punto di vista dell’architettura, ma dal punto di vista politico manca la capacità del padre e subisce gli attacchi degli altri figli; per questo gli succede Lotario e dopo varie lotte intestine fra fratelli con un trattato si assiste alla divisione del regno in tre parti tra i figli Lotario, Ludovico e Carlo il Calvo. Tra l‘843 ed l‘888 i tre fratelli continuano a combattere fra di loro per la supremazia, Carlo il Calvo vince nell‘875 e diventa imperatore unico per pochi anni, nei quali costruisce Corvey; gli succede Carlo il Grosso che non resiste alle pretese al trono dei Capetingi da un lato e dei Sassoni dall’altro. I Capetingi erano senza dubbio i più forti e si imposero su tutti gli altri feudatari, dando origine al regno di Francia, mentre ad est l’antico impero di frantuma in una serie di piccoli staterelli al capo dei quali si pone un feudatario. Nel territorio germanico la dinastia sassone riesce ad imporsi, con Enrico l’Uccellatore, prevalendo nella mischia; da questo momento le due aree di muovono parallelamente con particolarità specifiche, legate alle tradizioni locali, ovviamente le terre che avevano subito con maggiore evidenza le influenze dell’architettura carolingia elaborano soluzioni più originali, mentre le terre fuori dal circuito carolingio decadono in una fase di scarsa inventiva.

Parallelamente nella penisola iberica si sviluppa una cultura architettonica indipendente dal centro Europa poiché le tradizioni culturali sono profondamente diverse; non a caso la Spagna non aveva avuto influenze carolingie, anche con il regno delle Asturie erano alleati contro l’islam. Quindi la Spagna del X secolo vede nella parte settentrionale una zona fortemente cristianizzata, mentre tutto il resto è islamizzato, per questo l’architettura che si sviluppa ha scarsi contatti con i regni europei.

Accadrà intorno alla fine del X secolo che l’ordine monastico dei cluniacensi (che sorge in Borgogna) sarà elemento unificatore di tutte queste correnti particolari n quanto svilupperà l’architettura definita cluniacense, dotata di una serie di peculiarità che tramanda attraverso una rete di monasteri sparsi in tutta Europa, creando le basi di quella che sarà l’architettura romanica. Anche l’ordine dei cistercensi diede il suo contributo, anche se in un modo un po’ diverso.
 

Carlo Magno, Sacro Romano Impero (771-814)

Egli sull’ondata del padre Pipino III cercò di conservare il grande lavoro fatto dal padre ed anzi, lo portò al suo apice. Come prima cosa ristabilì i buoni rapporti con il papato eliminando la minaccia longobarda che aveva sottratto numerosi territori a papa Adriano (tra l’altro donatigli proprio da suo padre Pipino III).

Carlo Magno si impegnò molto per acculturare il proprio popolo e lui stesso attraverso l’evangelizzazione dei popoli Sassoni Slavi ecc.; egli fonderà la Scuola Palatina e si servirà di funzionari di fiducia per poter meglio amministrare il proprio impero. Nella notte di natale del 800 venne incoronato da Papa Leone III come Sovrano del Sacro Romano Impero. Tra i suoi sostenitori Eginardo e l’abate Adalhardo.

Ingelheim; palazzo reale a fine 800
Questa località vicino a Magonza fu scelta intorno alla fine dell’ VIII per la costruzione di un palazzo reale. Qui molto probabilmente era sorta un’antica villa romana. Ecco com’era suddiviso il palazzo:

Aula Regia: di forma rettangolare e absidata, era una grande sala unica senza altri muri ad intersecarsi, preceduta da portico monumentale a nord, attraversando il quale si poteva entrare. Sono state ritrovate pavimentazioni in opus sectile, le pareti sono state dipinte con le grandi gesta degli eroi romani tra cui le sue e quelle dei suoi antenati (Carlomagno Carlo Martello Pipino III ecc.)

Ala Settentrionale: situata nella zona più alta del palazzo era divisa in sei stanzoni con ognuno un disimpegno verso l’esterno ma di ampiezze variabili. Lo scopo di queste sale era di rappresentanza.

Da questo gruppo di ambienti aggettanti nasceva una grande esedra semicircolare di diametro di 45 metri e comprendeva ambienti che si aprivano in una corte interna semicircolare. Lungo il perimetro erano disposte colonne ogni 25 metri (all’ingresso invece erano a 8,5 metri di distanza). Erano questi modi compositivi ispirati a quelli di molte ville di epoca romana sparse per tutto l’Impero.

Aquisgrana, Palazzo e Cappella Palatina
In questo luogo nel 794 Carlomagno fa costruire un imponente palazzo.

Zona strategica politicamente e militarmente era ricca di sorgenti sulfuree molto amate da Carlomagno. L’area generale di tutto l’impianto era rettangolare e gli edifici erano tra loro collegati da strade ortogonali, ad oggi sopravvivono soltanto l’Aula Regia e la Cappella Palatina.

Le dimensioni di questo complesso furono prese contemplando il modulo carolingio di 0,333 (ottenuto dalla romana del piede capitolino di 0,296 + 1/8 della stessa misura; i numeri vengono desunti dal libro dell’Apocalisse di Giovanni).

Aula Regia: realizzata seguendo il piede capitolino 0.296 è una sala rettangolare di  47x20 metri con un abside ad ovest e due conche, una a nord e una a sud; un impianto triabsidato che si rifà alla basilica di Massenzio. Le pareti sono dotate di finestre inquadrate nelle lesene. È presente un porticus, ossia una stretta galleria a due piani con copertura a botte al pian terreno e a capriate per il piano superiore ed era il collegamento tra l’aula regia e la cappella palatina. Nel punto medio della porticus si intersecava un altro corpo a due piani che era l’ingrasso ufficiale e monumentale del palazzo.

Cappella palatina: Carlomagno pensava ad una pianta centrale e nel 790 iniziano i lavori per la cappella, conclusi nel 798 e consacrata da papa Leone III nell’805, fu frutto dell’architetto Odo da Metz e del sovraintendente ai lavori Eginardo.

L’atrio precedeva la cappella, disposto inusualmente, presentava a nord e a sud due pareti con semicupole. Successivamente furono aggiunti dei sostegni per rialzare un corridoio di 50cm, corridoio destinato a riunioni e cerimonie professionali. Era presente anche un westwerk, un portico sporgente 3,5 metri rispetto alle due torri scalari, al secondo livello del westwerk era posto il trono imperiale in asse al coro occidentale. Passato atrio e westwerk si arrivava all’interno; si tratta di due ambienti uno dentro l’altro; il tamburo centrale ottagonale (che è poi il vano della cupola) è circondato da un deambulatorio a 16 lati coperto da volte triangolari o quadrate. Sopra il deambulatorio si trova il matroneo coperto da volte conoidiche; il vano superiore dell’ambulacro è poi caratterizzato da alte arcate che si affacciano sul tamburo centrale e con doppi ordini di colonne in porfido marmo e granito (ora conservate al Louvre di Parigi).

Il numero otto usato nel tamburo non è casuale: sette sono i giorni della creazione e uno è la personificazione di Dio.

Ancora a nord e a sud della Cappella Palatina si trovavano due edifici rettangolari  con identiche dimensioni 15x23 metri ciascuna munita di abside e nartece.

Aquisgrana venne scelta nel 794 come città stabile per Carlo, al confine tra Germania e Olanda, una città ben posizionata e cara a Carlo Magno perché vi a trascorso l’infanzia e anche perché l’area è ricca di sorgenti termali con efficacia terapeutica, diventerà il palazzo principale e la città capitale di tutto l’impero. L’area scelta era occupata da l’insieme che formava il palazzo imperiale, dagli annessi e dalla cappella palatina.

I dati iconografici desunti dai rilievi permettono di verificare che i costruttori definirono le dimensioni dell’impianto generale e dei singoli edifici sulla base della misura del piede dursico o carolingio; questo era di 33 cm, una unità di misura che viene assunta come riferimento e moltiplicata per i numeri delle sacre scritture (3,7,12 che sono quelli del Libro dell’Apocalisse), secondo diversi studi l’impianto generale era articolato attraverso un sistema modulare che aveva come unità base figure semplici come il quadrato, quindi tutto la zona del palazzo è suddivisa in tanti quadrati all’interno dei quali sono messi altri quadrati, da ricordare è che l’impianto di questo complesso sono regolate da rapporti proporzionali basati su moduli di base che sono dei quadrati, ottenuti moltiplicando il piede dursico per ottenere la lunghezza dei lati.

L’area è suddivisa da una serie di quadrati su cui si adagia la basilica regia, collegata alla cappella palatina attraverso una struttura molto lunga, che porta ad un atrio che precede la cappella palatina vera e propria, che assume pianta cruciforme grazie a delle costruzioni laterali.

Le dimensioni dell’Aula Regia sono le uniche basate sul piede capitolino; la sua vasta sala rettangolare presentava un’abside occidentale e altre due conche laterali a nord e a sud; il su impianto triabsidato rimanda ideologicamente alla basilica di Massenzio.

Lungo il corridoio a due piani (di 120 metri) troviamo una sorta di tretrapilon a due piani con l’intersezione con un’altra strada che portava al palazzo vero e proprio, tale costruzione rappresenta il vero e proprio ingresso al palazzo (ricorda la disposizione della Chalkè, la porta costruita da Giustiniano, la quale univa il palazzo a Santa Sofia); questa struttura seguiva una procedura già diffusa negli ambienti monastici anche qui si creavano i nuclei principali religiosi collegato da strutture porticate o che collegavano con il palazzo del vescovo (posizionata in maniera più elevata), lo stesso troviamo qui.

Edificio rappresentativo è la cappella palatina, costruita da Odo di Metz, che presenta una serie di elementi che per un verso lo collegano al mondo antico ma per l’altro introduce una serie di novità ricavate dal linguaggio occidentale. L’intento di Carlo Magno era quello di edificare la sua cappella similmente ad una costruzione a pianta centrale, secondo il modello delle cappelle imperiali paleocristiane ed in particolare su quella di San Vitale a Ravenna. Si continua sulla scia di San Vitale affermando il rapporto con la struttura, non rallentato come in San Vitale, il visitatore non deve fare più un percorso tortuoso mediante l’accentuazione del senso di simmetria con l’accentuazione dei valori di massa (ormai diventati peculiari), questa attuazione sono inseriti alcuni elementi che la rendono particolare e la mettono in una posizione di distacco totale. Ovvero la presenza di questo corpo d’ingresso chiamato Westwerk; questo corpo occidentale è una invenzione completamente carolingia, si tratta di una struttura costituita da una piano terra che introduce in un ambiente quadrato che funge da vestibolo che consente l’accesso a delle scale laterali e portano a livello del piano superiore, nell’ambiente quadrato era collocato il trono imperiale.

La pianta della cappella è formata da un prisma ottagonale centrale, conclusa da una volta a padiglione ad otto spicchi sferici con tamburo finestrato; questo nucleo centrale è avvolto da un prisma esterno più basso, che ingloba un deambulatorio, la struttura muraria è realizzata con grossi blocchi di pietra accuratamente squadrati ed inframezzati da malta, infine riferimenti teologici sono stati desunti dalle dimensioni dell’edificio.
 

La partecipazione dei fedeli alla sacra liturgia avveniva con la distinzione in classi, il popolo e gli addetti al palazzo assistevano alla messa dal piano terra; nelle gallerie della zona orientale dell’ottagono si disponevano la corte e gli alti dignitari, mentre l’imperatore si posizionava sempre a questo livello ma in asse con l’altare del Santo Salvatore, nella zona occidentale dell’ottagono (cioè sopra l’ingresso).

Questa struttura si configurava all’esterno con una grande torre che diventa un’asse verticale che compete con l’altro della chiesa, questa composizione di masse toglie enfasi al corpo centrale, questa presenza introduce un elemento di rallentamento in questo procedere dall’ingresso verso l’altare e in questo procedere viene attirato verso l’alto e diventa una pausa prima di arrivare all’interno; quello che viene preso ad esempio dalla architetture successive.

Sebbene il riferimento di partenza sia San Vitale, la cappella palatina di Aquisgrana si differenzia molto dalla chiesa ravennate, in quanto l’ingresso assiale e la chiara visione del sistema strutturale contribuiscono ad eliminare ogni residuo di illusionismo spaziale e a percepire uno spazio concreto, tridimensionale e funzionale. Inoltre a Ravenna tutte le parti dell’edificio convergono lungo l’asse centrale, mentre ad Aquisgrana l’asse centrale è indebolito dalla presenza del westwerk.

Data dal fatto che la struttura si presenta in maniera semplice e non nasconde niente. Nella cupola sono raffigurati il Cristo con i discepoli e l’imperatore si dispone in una posizione intermedia. 16 sono i lati mentre il nucleo centrale sono ottagonali poi in alzato emerge soltanto l’ottagono, all’esterno i vari volumi sono differenziati tra loro di dodici piedi. Le volte sono triangolari e molto chiare rispetto a San Vitale.

Paderborn; Vestfalia
Qui soggiornò Carlomagno durante le campagne contro i Sassoni poco prima del 794. Nel 777 alcune testimonianze ci parlano di un palazzo sulle cui rovine verrà costruito quello carolingio con chiesa annessa, (terminato nel 799). Ad oggi i resti di un aula rettangolare con coro, mentre la chiesa con tre navate, transetto e tribune laterali. La particolarità di questo edificio si trova al di sotto del coro absidato semicircolare: una cripta deambulata, contenente le reliquie di San Liborio.

Lorsch (Austrasia); basilica di San Pietro e Paolo e la Torhalle
Intorno al 762 fu fondata la prima basilica da Williswinda e dal figlio Cancor. Passata successivamente alla cura del vescovo Crodegango, venne popolata da un manipolo di monaci di Gouze. La chiesa era dedicata ai Santi Pietro Paolo e Nazario.

Nucleo primigenio; costruito sopra i resti di una villa franca, venne adattata alla vita monastica e giustapponendo l’aula più grande con un abside nacque la chiesa (aula ed abside entrambi di forma quadrangolare molto semplice).

Nuova chiesa; i pellegrini affollavano sempre di più l’abbazia tanto da necessitare un ampliamento: il complesso che ora comprendeva ben 5000 mq venne cintato con mura. Il soffitto venne cassetto nato, il pavimento sistemato e la tomba di san Nazario decorata con oro e argento. Il responsabile di tali lavori fu l’abate Elmerico tra il 778 e il 784.

Torhalle: questo edificio costituito da un blocco rettangolare di modeste dimensioni si trova in asse con l’atrio e con la chiesa, ma posizionato in uno slargo. Dotato di un piano terra aperto con tre arcate per lato e di un primo piano al quale si accede attraverso due torri scalari poste sui lati corti, una copertura a falde molto inclinate.

Al piano terra le arcate poggiano su pilastri di pianta quadrata con addossate semicolonne con capitelli compositi con palmette in pietra grigia. All’interno del piano terra non troviamo decori;  mentre il primo piano è decorato con dipinti di colonne ioniche e una trabeazione. Le decorazioni esterne vanno complicandosi dal basso verso l’alto: rettangoli rossi e bianchi a scacchiera; sopra ai quali poggiano rombi in parallelo, il marcapiano poi divide gli esagoni circondati da triangoli bianchi che formano i raggi stellari, motivi ricorrenti nei pavimenti romani in opus sectile (già visti ad Ingelheim). Questo edificio rievoca molti altri edifici romani, come l’arco trionfale romano, altri credono che sia un rimando ad un edificio dell’epoca di Costantino, posto davanti ad una scalinata che dava accesso all’atrio di San Pietro a Roma, teoria accreditata vista la stima dichiarata per Costantino, ma non verificabile in quanto davanti a San Pietro non v’è più.

Nel 765 Crodegango nominò abate di Lorsch (presso Worms) il fratello Gundelando e nel 772 Carlo Magno proclamò l’abbazia reale e la pose sotto la sua protezione; quando costruisce questa abbazia era ancora re, ma i lavori so protrassero sino all’ottavo secolo; oltre ad ospitare molti monaci l’abbazia costituiva una vera e propria città circondata da mura e all’interno si trovava l’abbazia vera e propria, in questo caso di grandi dimensioni, dedicata a San Nazario di cui erano state portate le reliquie da Milano; è una chiesa che non mostra particolarità dal punto della tipologia edilizia; era priva di transetto ed era costituita da tre navate articolate in pilastri e comprese tra un coro rettangolare ad est ed un’imponente edificio con due alte torri fiancheggiate da blocco centrale ad ovest. In origine era conclusa da un’abside in seguito sostituita da una abside a livello della navata (questo cambiamento è del IX secolo). La chiesa possedeva un atrio (lunghezza 25 metri), sul cui lato occidentale si apriva un ingresso fiancheggiato da due torri (aggiunte probabilmente nel 1090); ciò che contraddistingue questo chiostro è la presenza di un edificio isolato che porta all’atrio interno, ovvero la Torhalle o königshalle (significa sala del re), una sala riservata all’imperatore o personaggi importanti che venivano ospitati nell’abbazia, anche se la datazione è dubbia.

Costituito da un nucleo centrale porticato mentre dai lati corti si trovavano delle torri scalari rotonde che portavano alla zona superiore; si impone per la policromia del trattamento murario tramite l’uso di piastrelle ed elementi geometrici che rimandano ad esempi tardo antichi (seguendo il desiderio di ripensamento della tradizione romana), nella parte inferiore le arcate che formano volte a crociera poggiano su pilastri di sezione rettangolare (ai quali si addossano semicolonne, sorreggenti un architrave ornato), che evocando l’arco di Costantino a Roma, l’unico a tre fornici (anche se potrebbe ricordare anche quello di Septimio Severo). Il prevalente cromatismo non riesce a risolvere la sostanza della massa in pura superficie di colore, in quanto lo schema strutturale appare in tutta evidenza in quanto sottolineato da cornicioni scolpiti, lesene e semicolonne con capitelli compositi.

Alla zona tripartita inferiore corrisponde in quella superiore una loggetta cieca formata da nove strette campate; formate da strette paraste di tenue spessore coronate da capitelli ionici all’antica e coronate da piccoli frontoni cuspidati. Questi elementi triangolari non di facile interpretazione, si possono spiegare pensando che se si tratta di un momento storico in cui si cerca di accontentare il papa con la ripresa di elementi romani e dall’altro si utilizzano anche elementi della tradizione locale, quindi è probabile questo sia la trasposizione lapidea di elementi locali lignei (una via nuova).

Perché questo edificio sorgesse isolato, la spiegazione si trova nelle chiese romane di età costantiniana, ma dinnanzi alla chiesa di San Pietro c’era un edificio simile che precedeva le basiliche importanti, come a San Lorenzo fuori le mura. Anche i capitelli ricordano quello ionico.

Anche l’interno riprende temi antichi con una architettura basata su elementi proporzionali, che entrano in rapporto con le partiture sovrastanti; questo interesse è spiegabile con l’interesse del trattato di Vitruvio, questo è dovuto al culto verso questo testo operata da Eginardo (personaggio importante nella corte carolingia).

L’uso delle torri in facciata è di età romanica non carolingia, in origine era molto massiccia ed era chiamata castellum, dietro un secondo atrio posto all’incrocio dei due assi, spazio scoperto chiamato paradisus.

Fulda; Austrasia. Abbazia di San Bonifacio e San Salvatore (744)
Nel 744 grazie alle donazioni di molti nobili tra cui Carlomanno, Winfred Bonifacio edificò, sui resti di una villa romana comprendente una cappella, un’abbazia. Poco dopo, nel 751 Sturnio, subentrato a Bonifacio, edifica un nuova chiesa, ampliando la vecchia con una sala da 20x30 metri, tre navate ed un abside semicircolare ad est. Le continue rivolte che avvengono in questa abbazia obbligano Sturnio  a rifugiarsi in Normandia; solo dopo l’intervento di Pipino III farà ritorno, spostando la tomba si San Bonifacio sotto la croce al centro esatto della chiesa (754).

Nel 791 Baugulfo modificherà la chiesa: tre navate suddivise tra loro da file di colonne con capitelli compositi; Ratgaro invece, interverrà a sua volta con una copertura lignea, aggiungendo un transetto e un doppio coro (rappresenta un doppio centro di culto) sotto i quali vengono inserite due cripte:

Prima cripta sotto l’altare di San Salvatore con tre navate e un abside.

Seconda cripta sotto il coro occidentale dove furono spostate le reliquie di San Bonifacio.

Curioso poi il doppio muro dietro l’abside che forma un corridoio di cinque metri di larghezza e fiancheggiante il transetto.

Cappella di San Michele: nell’area del cimitero, attorno all’ 820 viene eretta una cappella con il probabile scopo di ospitare la sepoltura degli abati. A pianta centrale con deambulatorio e cupola, è dotata di una cripta corrispondente alla rotonda superiore ma con ambulacro separato dal centro con muri e presenza di capitelli ionici.

L’esempio di architettura in cui si dimostra questa riconoscenza e di affermazione di questo modo di governare è l'abbazia di Fulda (in Renania) (un tempo appartenente ai Frisoni), una zona che era stata cristianizzata da San Bonifacio, il quale stabilisce il suo polo di azione in Germania settentrionale, scegliendo questo come luogo di residenza. Nel 794 viene creato il primo insediamento utilizzando le case romane del luogo che vengono adattate per il nuovo utilizzo (un fenomeno molto frequente, sopratutto nelle abbazie cluniacensi). A quel tempo le abbazie erano costrette a pagare un tributo al vescovo, ma Bonifacio si rifiuta di pagare e fonda questo monastero, creando una tensione perché il vescovo di Magonza non aveva accettato la decisione e si era rivolto al papa (eventi significativi di questo momento storico di grande cambiamento). Questo periodo di grandi rivoluzioni si riflette anche in ambito architettonico in quanto in molti casi queste abbazie autonome rientravano per certi periodi sotto il controllo della diocesi e quindi si cambiava progetto e monaci.

L’abbazia di Fulda è un caso perché già dall’inizio si direziona verso alcuni progetti che poi subito dopo vengono cambiati perché scoppia all’interno del monastero una grande tensione, sopratutto dopo la morte di Bonifacio. Il suo successore, un certo Sturnio, voleva tornare sotto la dipendenza del vescovo.

La complessità di questa costruzione si intona con il modo di procedere di questo periodo particolare perché Sturnio, quando eredita il posto di Bonifacio, altera la vecchia struttura romana (una struttura molto semplice adattata ai bisogno della comunità monastica con una piccola aula che veniva utilizzata come chiesa, però già nel momento in cui Bonifacio si insedia richiama molti fedeli dai territori vicini, per cui si rendeva necessario adattare le strutture). La morte di Bonifacio aumenta questa fama dell’abbazia e i devoti venivano per ammirare il sepolcro di Bonifacio e si rendeva ancora una volta necessario l’ampliamento della vecchia struttura romana.

Viene quindi costruita una chiesa di maggiori dimensioni, con una grande navata unica conclusa da una parte absidale molto sporgente ed orientata ad est, che mostra un ventaglio di influenze non limitate al linguaggio costantiniano, in genere si riferisce anche all’architettura paleocristiana (in particolare Santa Sabina a Roma del V secolo, che presenta un impianto molto simile). Ma siccome le controversie non si erano ancora esaurite Pipino III decide di porre l’abbazia sotto il suo controllo, reinsediando Sturnio che nel frattempo era stato cacciato, per questo decise l’ampliamento della chiesa; questa è la situazione intorno al 754, proprio nel momento in cui Pipino III diventa re.

La fasi successive sono state attuate nel periodo di Carlo Magno, in questo periodo la chiesa ha sostanzialmente due fasi, una sotto l’abate Baugulfo (779-802) e l’altra più importante sotto l’abate Ratgaro (802-817).

Sotto Baugulfo la chiesa che Sturnio aveva creato viene ampliata per far fronte alle esigenze di afflusso, ampliamento venne attuato con una nuova ed ampia chiesa a tre navate priva di transetto e con un ampio coro orientato ad est.

Queste opere vengono concluse da Ratgaro, che nel momento in cui diventa abate la chiesa di Fulda diventa il manifesta l’ideologia carolingia e l’omaggio a San Pietro rappresentava un’ulteriore segno di riconoscenza che Carlo Magno attribuiva al papa.

L’abate quindi decide l’aggiunta del transetto continuo con pareti divisorie, orientato ad ovest (seguendo lo schema di San Pietro, di cui è fotocopia, differiscono di 70 cm), della collocazione dell’altare lungo la linea che separa il transetto dalla navata, ma anche l’articolazione dei sostegni, con colonne completate da un architrave.

Insieme con questa operazione si verifica un cambiamento di tipologia edilizia determinato dalla presenza di due cori, che sono tra di loro contrapposti, questo tipo di chiese erano già esistite precedentemente, sopratutto in ambito paleocristiano ed in particolare in chiese africane ed ispaniche, dove però il secondo coro aveva funzione esclusivamente funeraria, qui invece ha un significato differente, in quanto qui i cori contrapposti avevano pari dignità nello svolgimento liturgico (anche se in quello occidentale c’erano le reliquie di San Bonifacio), al coro vengono poi affiancate due alte torri, secondo una disposizione che ricorda quella di Lorsch.

L’opera di Ratgaro viene completata dall’abate che gli succede, un certo Egilone, con la costruzione di un atrio quadriportico preceduto da un portico d’ingresso a tre fornici, fiancheggiato da due torri, realizzando una facciata massiccia; questa aggiunta non stona con la concezione di riprendere San Pietro, perché anche nella basilica romana si trovava un atrio nella parte orientale e anche in quella occidentale, il quale viene costruito dietro l’abside orientale ma non da Ratgaro.

Subito dopo la morte di Carlo Magno assume un nuovo abate completa l’opera di Ratgaro, non solo aggiungendo l’atrio (su esempio di quelli romani di San Paolo fuori le mura e San Pietro), ma anche realizzando due cripte sotto le due absidi, sia quello orientale che quello occidentale. La cripta orientale contiene una sala sotterranea con tre navate (dove quella centrale si prolunga in un’abside che costituisce le fondamenta di quella superiore), imitando la cripta di Santa Maria in Cosmedin a Roma, mentre ad oriente viene scavata una cripta ad aula dove vengono collocate le reliquie di San Bonifacio.

Dalla visione esterna emerge chiaramente la volontà di concentrare le masse e i volumi alle due estremità dell’edificio, in questo caso il senso spaziale cambia, in quanto lo sviluppo longitudinale viene sminuito da queste concentrazioni.

Nei pressi della chiesa era collocata la zona cimiteriale dominata dalla cappella di San Michele costruita nel 822, l’impianto di fondazione, non più conservato al piano superiore, corrisponde ad un edificio a pianta circolare con ambulacro tuttora esistente, coperto forse da una cupola con lo spazio centrale impostato su otto colonne. La cripta corrisponde come impianto alla zona superiore ma con un ambulacro separato dalla zona centrale tramite muri, anche se l’elemento che più colpisce è la presenza di questa volta centrale che poggia nella zona mediana su una colonna con un capitello ionico ed una base massiccia, secondo un modulo che verrà successivamente adattato nella architettura ispanica.

L’abbazia di Fulda era un edificio bipolare per la disposizione delle due absidi poste alle due estremità, la composizione delle masse rivela tuttavia che il blocco occidentale è più importante di quello orientale, cosa che non accadeva a San Pietro.

Corbie; Santi Pietro e Paolo, Stefano e San Giovanni
Edificato tra il 657 e 661 dalla regina Balthilde, fu abitato per primi dai monaci di Luxeil.

Gli edifici dedicati agli apostoli Pietro e Paolo e Santo Stefano; unta terza chiesa fu poi dedicata a San Giovanni. Il cugino di Carlomagno, Adalhardo, migliorò con la sua amministrazione l’economia, la politica e la fama in generale dell’abbazia. Alla sua morte Adalhardo fu sepolto sotto il vano a crociera della chiesa di Corwey di cui fu tra l’altro il primo abate dopo la fondazione.

I tre complessi di Corbie: San Pietro e Paolo, Santo Stefano e San Giovanni, rievocano la Trinità.

Centula; San Ricario e Santo Stefano (790) nella Neustria
Angilberto fu grande amico e collaboratore di Carlomagno tanto che nel 790 dopo aver costruito un monastero a Centula, lo riceve in dono da Carlomagno, ma ne sfrutta soltanto il reddito. Detto anche “Omero” per la sua passione letteraria, ha una relazione con Berta, la figlia di Carlomagno, e conduce una vita mondana. Ammalatosi giura voto a San Ricario: in caso di guarigione si sarebbe dedicato all’abbazia. Guarito, Angilberto nel 796, ristruttura l’abbazia che si trovava in pessime condizioni. Il complesso è composto da tre chiese (trinità come a Corbie) San Ricario, Santa Maria e San Benedetto; imponendo la regola benedettina e insegnando scienze umanistiche ed il canto fece di questa abbazia un polo di richiamo per molti fedeli.

Il complesso è ben tre volte più grande di quello di Metz (che era sotto la guida di Crodegango) organizzato in corpi di fabbrica in base al programma liturgico. La chiesa di San Ricario comprendeva due torri quasi uguali, una lanterna poggiante sul corrispettivo tamburo, le guglie in legno sono testimonianza della bravura dei carpentieri carolingi. L’atrio con tre ingressi era coperto da altrettante cappelle dedicate ai Santi Gabriele, Raffaele e Michele.

L’altra abbazia importante dell’epoca di Carlo Magno è quella di Centula, costruita negli anni dell’apogeo di Carlo Magno; esisteva già un’abbazia più antica, ma questa venne ricostruita dal nobile Angilberto, grande collaboratore di Carlo Magno, che gliel’aveva donata come ricompensa per i suoi servigi. Ricostruita l’abbazia, questa viene consacrata nell‘801, diventando una tra le più importanti del regno, non a caso era una delle poche abbazia che esercitava laudes perpetuae.

La chiesa è molto modificata rispetto al periodo carolingio, fortunatamente ci sono delle fonti iconografiche e scritte che ci permettono di avere una visione chiara del progetto, tutte la parti della chiesa erano funzionali allo svolgimento della liturgia stazionaria e munita di tutti quelli elementi necessari della vita monastica (secondo alcune fonti descrivono una comunità di 2500 case); vi erano tre chiese principali e cinque cappelle, in quanto le processioni partivano dall’abbazia e si svolgevano nel territorio circostante (dove vi erano anche delle tettoie e portici) toccando tutte le cinque (anche se di cappelle ce n’erano altre sette).

La disposizione è particolare in quanto tutta l’impostazione del progetto è animata da un significato religioso legato in primo luogo alla Regula Canonicorum ed in secondo luogo sempre ai numeri sacri (3, 7 e 12), quasi con il desiderio di trovare conforto in questi testi antichi, e anche nelle processioni i monaci si disponevano secondo questi numeri; tutte queste cose le conosciamo attraverso due testi, il Chronicon Centulense ed il Libellus Angilberti.
La chiesa abbaziale di San Ricario e del Salvatore si sviluppava longitudinalmente per 80 metri; essa concentrava la sua forza monumentale su due torri rotonde quasi identiche, formate da un tamburo cilindrico coronato da una lanterna a tre piani, simmetricamente disposte alle estremità della navata principale (il tutto probabilmente costruito in legno). A questi due corpi ne erano giustapposti altri due, ai quali si accedeva attraverso torri scalari. La chiesa era preceduta da un grande quadriportico, il quale si presenta in una maniera più complessa in quanto presentava tre ingressi sormontati da cappelle, formando delle vere e proprie torri.

Dopo che si ha attraversato la porta principale si entra in una struttura molto complessa, si tratta di una sorta di sala ipostila, un ambiente ricco di colonne e pilastri collegati da volte a crociera; questa struttura così complessa è chiamata cripta salvatoris, in quanto nella parte centrale c’è un reliquiario; il fatto di essere così configurata la fa sembrare una cripta.

Le volte di questa cripta sostenevano una tribuna superiore alla quale si accedeva attraverso le torri scalari, qui si trova il seggio imperiale, mentre sul lato occidentale si trovano delle arcate che permettono all’imperatore o al vescovo di assistere alla cerimonia; questa tribuna funge da vera e propria chiesa perché si trova anche qui un altare dedicato al Santo Salvatore e come tale veniva utilizzata durante la settimana santa; sopra questo si trovava anche un secondo piano (si tratta quindi in generale di un westwerk).

Il corpo centrale è coronato da un volume e si afferma ancora una volta la bipolarità delle costruzioni, regolata attraverso due masse alle estremità, rimane un problema riguardante l’importanza di queste due parti, dal punto di vista formale differenze non ce ne sono, dal punto di vista religioso si, il volume d’ingresso occidentale è più importante in quanto qui si trova l’altare del San Salvatore, posto in una posizione più elevata.

L’articolazione della zona absidale con un giro di colonne ricordava direttamente la chiesa del santo sepolcro a Gerusalemme (tutto filtrato attraverso la mentalità carolingia); secondo un’interpretazione i due altare maggiori della chiesa sarebbero altresì assimilabili da una parte al Martyrium e dall’altra alla rotonda dell’Anastasys, con il corpo basilicale che univa le due entità, anche se l’orientamento in questo caso è ad ovest, mentre nelle chiese costantiniane è ad est.

Germigny des pres; Neustria chiesa di San Salvatore (803)
Intorno all’803 Tedulfo, consigliere e membro della scuola Palatina, fece costruire per se una villa con annesso un oratorio.

Villa: di questo edificio sappiamo che fu ornata con pitture ed affreschi riguardanti le 4 stagioni, le 7 corti liberali e un mappamondo.

Oratorio: in pianta si presentava con quattro ambienti quadrati e cinque rettangolari con arcate e pilastri collegati tra loro. Il nucleo centrale quadrato definito da quattro pilastri angolati è sormontato da una torre con cupola. Le finestre sotto gli archi inondano di luce la sala fino all’altare; attorno al nucleo centrale poi si formano quattro ambienti rettangolari che formano una croce greca. Al contrario degli interni della villa, Tedulfo non contempla figure, seguendo la linea iconofobista dettata dai “libri carolini”.


Tedulfo, consigliere di Carlo Magno, fece costruire nel 803 in prossimità dell’abbazia di Fleury  una sontuosa villa e un oratorio annesso; la pianta dell’oratorio era formata da nove vani separati da arcate che collegano quattro pilastri centrali con le pareti esterne, e racchiusi in un quadrato. Il nucleo centrale quadrato è sormontato da una torre lanterna a due piani conclusa da una cupola con archi di rinforzo.

Attorno all’ambiente centrale quattro dei nove vani hanno una forma rettangolare, formando i bracci di una croce greca coperti da volte a botte e si aprono tutti su una piccola abside a ferro di cavallo.

In elevato la costruzione così articolata di configura come un cubo compatto messo in risalto da una croce greca a bracci uguali e interrotto lateralmente da absidi e verticalmente da una torre centrale. L’impianto generale dell’oratorio evoca modelli orientali ed occidentali, ma si tratta soltanto di meri riscontri planimetrici poiché in alzato l’organismo architettonico mette in risalto l’originale risoluzione spaziale attuata dagli architetti carolingi, mirata essenzialmente ad enfatizzare il coordinamento delle masse.

Pipino III e la formazione del Regno Carolingio



Pipino III regna dal 751 al 768 e fonda con l’aiuto di Fulrado e Crodegango (rispettivamente un abate e un vescovo) il Regno Carolingio. Pipino incoronato nel 754 guadagnerà i favori della chiesa dopo averla liberata dai Longobardi. Diventato in seguito Principe Europeo il suo potere è tale da poter dividere il suo regno in due parti: una per Carlomanno e l’altra per Carlomagno.

Romainmotier, Svizzera
Questa chiesa fu consacrata dal Papa Stefano II in occasione di un sua visita nel 753 (poco prima dell’incoronazione di Pipino III presso San Denis a Parigi). Questa chiesa costruita similmente alla precedente presentava una grande navata con un’ abside semicircolare e con ai lati due Agumenta quadrati.

La chiesa poi fu dotata di un Ambone intorno all’VIII secolo. Nel 1026 l’ordine di Cluny fece restaurare la chiesa che si distinse per l’aggiunta di due absidi (tre in totale).

Coira; cripta anulare di San Lucio
Situata nella Svizzera alpina è dotata di una cripta semianulare; questa cripta seguiva l’abside soprastante, era interrata e coperta da volta a botte con l’accesso disponibile tramite due rampe. Era collegata  tramite un corridoio alla sala delle reliquie. Quando venne aggiunta la cripta venne alzata la zona absidale rispetto al transetto.

La prima tappa principale sono Coira, in questo monastero troviamo le prime tracce di influenza romana in terra franca, la chiesa di San Lucio viene modificata che consiste sopratutto nella sistemazione della cripta nella zona presbiteriale, introduce questo tipo architettonico, segno tangibile di un modo di costruire romano; la cripta anulare non è altro che una fotocopia di quella di San Pietro del Vi secolo. La chiesa di San Pietro diventa il punto di riferimento per questo tipo architettonico anche perché il papa porta con se tutta una serie di reliquie in modo che si diffondesse questo rito (qui a San Lucio), la chiesa attuale è radicalmente cambiata, tranne la cripta (segna l’inizio dell’influenza romana in territorio franco, favorito dalla corte carolingia che ha tutto l’interesse di cristianizzare l’impero per ottenere questa alleanza con il papa, e per essere nominati imperatori bisognava sempre avere la delega papale). Il desiderio di ottenere questi riconoscimenti si ha a vantaggio della chiesa romana.

San Denis; Parigi
Prima Chiesa: fondata nel 475 da Santa Genoveffa sulla tomba di San Dionigi che fu vescovo di Parigi. La cappella poggiava su antichi resti di monumenti romani situati sulle rive della Senna.

Seconda Chiesa: la nuova costruzione risale al 550 quando la costruzione viene ampliata verso ovest e dotata di un nartece (doveva diventare il Pantheon della dinastia Merovingia) la pianta era composta da tre navate; quella centrale terminava con un’ abside. Queste opere furono portate avanti dal re Childeberto ma secondo  alcuni, invece, fu opera di Dagoberto.

San Denis Chiesa di opera Carolingia: nel 768, con la morte di Fulrado, la chiesa assume una forma architettonica con tre navate con otto file di colonne sorreggenti arcate. Le navate sono larghe in totale 20 metri; era presente un transetto continuo di circa 28 metri e un abside di 9,40 metri. La cripta situata sotto l’abside con forma semianulare e corridoio assiale (come quelle normanne) portava ad una piattaforma con i resti di San Dionigi.

Nel suo viaggio un’altra città nella quale si ferma è San Maurizio, che dovrebbe essere il secondo esempio di cripta anulare. Dopo questo viaggio l’esempio più importante di questa prima fase è la basilica di St. Denis essendo stata scelta come luogo dell’incoronazione, viene ristrutturata per l’occasione, era il borgo più importante dell’intera Neustria. Per l’occasione la chiesa viene trasformata in maniera da presentarsi in una dimensione degna di ospitare una cerimonia così illustre, é la chiesa che diventata sempre di più l’emblema dell’architettura francese per le epoche successive perché durante la sua esistenza continua ad avere un peso rilevante per le esperienze successive. Ha una grande trasformazione durante varie età fino ad assumere il ruolo attuale di grande chiesa gotica nel XIII secolo, questa fase ha completamente eliminato le preesistenze precedenti (solo con la guerra furono scoperte parti più antiche e si è potuto costruire le fasi di costruzione). La prima chiesa fu elevata nel 475 da Santa Genoveffa sulla tomba di San Dionigi, al quale era dedicata una chiesa semplice che radunava una serie di tombe oggetto precedentemente di un culto all’aperto, sorgeva infatti in un’area cimiteriale; questo nucleo si amplia in età carolingia, con la trasformazione di una chiesa in tre navate e conclusione absidale, in piena linea con le ricerche della basiliche romane.

Una seconda fase si può identificare quando la basilica di Santa Genoveffa sarebbe stata ampliata verso ovest intorno al 550 e chiusa da questo lato da un profondo nartece rettangolare, destinato a pantheon della dinastia merovingia (come dimostra il ritrovamento della tomba della regina Aregonda e i resti della struttura con apparecchio murario regolare a piccoli blocchi). Secondo altri sarebbe stato Dagoberto ad ampliare la cappella nel 630 per ospitare la sua tomba e quella degli altri re merovingi, costruendo una chiesa a pianta basilicale, a tre navate, munita di coro ad est riccamente decorato e concluso da un’abside semicircolare.

La riforma introdotta a metà dal VII secolo dalla regina Balthilde, contribuì a richiamare una folla sempre maggiore di fedeli presso la tomba di San Dionigi, in questo modo il monastero di ingrandì, creando una vera e propria cittadella monastica. Per la sua importanza a Saint-Denis fu educato Pipino III, per volontà del padre Carlo Martello.

Nella terza fase si arriva alla chiesa carolingia, Fulrado amplia la chiesa preesistente la conoscenza nei dettagli dell’organismo carolingio appare difficile per le successive aggiunte, demolizioni ed alterazioni in genere avvenute durante i secoli; quello che gli studi dei vari studiosi e le fonti (in particolare nei Miracula sancti Dyonisii) ci permettono di dire è che la chiesa era articolata in tre navate divise da otto colonne da arcate e poggianti su basi squadrate e scolpite (le cui diverse altezze lasciano supporre che i fusti delle colonne siano stati di altezza variabile, che potevano essere elementi di spoglio provenienti da altri edifici merovingi oppure deliberatamente utilizzati per affermare un senso di continuità storica).

La larghezza complessiva era poco più di venti metri, con la navata centrale larga 10 e le navatelle laterali 5; l’interno della basilica era attraversato al centro da un muro trasversale che divideva la navate centrale dal transetto, questo si sviluppava ad est (trasversalmente all’asse del corpo basilicale, per una lunghezza di circa 28 metri). All’estremità orientale si trovava un’abside semicircolare traforata da una serie di finestre; l’abside sormonta una cripta semianulare con corridoio assiale come quelle romane, solo che qui la fossa “a caput” era sostituita da una piattaforma sulla quale erano posti i sarcofagi di San Dionigi e dei suoi discepoli.

I resti della parte occidentale sono ancora più frammentari, secondo alcuni studiosi essa sarebbe stata costituita da tra ambienti, corrispondenti alla divisione interna delle navate (destinati a luoghi di sepoltura); Carlo Magno avrebbe poi esteso questa parte, costruendo un blocco formato da sei ambienti e sormontati da due torri (che forse vennero ricostruite nell’XI secolo, prima dell’intervento dell’abate Suger).

Nella chiesa carolingia fu realizzato uno dei primi esempi di transetto continuo, inspirato dalle due basiliche paleocristiane di San Pietro e San Paolo fuori le mura; il rimando a questo elemento architettonico era qualcosa di nuovo per la terra franca (abituata a prendere spunto dalle coste meridionali ed orientali del Mediterraneo). Si avverte però un diverso senso spaziale in quanto il veloce movimento orizzontale delle basiliche romane è qui in qualche modo compromesso della presenza di grandiosi volumi a più piani del presbiterio e della facciata (che si presentano adesso come due poli contrapposti). Un’altro elemento contraddistingue Saint-Denis da San Pietro a Roma, ovvero il fatto che nella basilica costantiniana il sistema transetto-coro è orientato ad ovest, mentre a Parigi est, in quanto i costruttori avevano utilizzato l’abside della vecchia struttura merovingia,

Un’ondata di rimandi a Roma dovuta a motivi politici ma anche ideologici, perché andava l’idea di una renovatio imperi sotto l’egemonia del regno carolingio, questa politica era mal vista dalla curia romana, poiché il papato cominciava ad intravedere una autonomia da parte dell’impero, Carlo Magno inizia ad avere un atteggiamento autonomo, questa doppia condizione si avverte anche nell’architettura come nell’abbazia di Lorsch nella quale appare evidente questo atteggiamento.

San Denis; cripta a navate
Intorno all’832 Ilduino, arcicappellano di San Denis dopo Fulrado, aggiunse alla basilica la cappella del pellegrino e, ancor più importante per l’architettura, una cripta esterna a tre navate di cui la centrale absidata, ampia circa 15 metri era divergente dall’asse della chiesa di cinque gradi verso nord.

Era questo un chiaro esempio e rimando alla liturgia e alla politica romana nel mondo franco.

Metz; Centro episcopale
Metz, capitale dell’Austrasia merovingia, toccò il massimo splendore sotto la guida di Crodegango dal 742. Egli introdusse nella vita monastica la “Regola Canonicorum” ispirata quasi alla lettera alla regola benedettina (ora et labora). La vita monastica ritrovò una linea guida precisa e severa tanto che fu presa come punto di riferimento anche dal Concilio di Aquisgrana. Favorì una maggiore dignità nella vita ecclesiastica e ispirò molti restauri di edifici del V secolo.

Tutto ruotava attorno alla cattedrale di Santo Stefano, vicino alla quale sorge anche un chiostro. Il centro era definito in due parti secondo la regola Canonicorum:

Domus: residenza del vescovo con le tre chiese principali; Santo Stefano, San Pietro e Santa Maria

Claustra: tutto ciò che comprendeva il clero come i refettori le cucine e il chiostro.

Santo Stefano: nato come un piccolo oratorio viene poi ampliato e  restaurato fino a cattedrale. Tra gli altri Crodegango inserisce un coro con abside e ornamenti sacri. Dalla coperta del sacramentario, un oggetto di nove placche d’avorio raffiguranti una messa ed un baldacchino si può pensare che sia la chiesa di Santo Stefano (la fatidica messa rappresentata nella coperta del sacramentario e dunque la stessa in cui è custodita).

Santa Maria: edificata intorno al 630 sotto il regno di Dagoberto, si presuppone da documenti del XIII secolo che avesse una pianta circolare. Essendo situata non lontano dalla cattedrale è probabile che in età carolingia avesse lo stesso aspetto.

San Pietro Maggiore: restaurata da Crodegango e precedentemente edificata dal vescovo Goeric si presenta con tre navate un coro absidato, un ambone d’oro ed argento, una cattedra episcopale. Particolare la posizione dell’altare maggiore rivolto sia verso la cattedrale che verso il cosiddetto (Thronus Ante Ipsum Altare) spazio dei fedeli.

Esempio di questa fase legata a Pipino il breve è la chiesa episcopale della città di Metz, un’antica città gallo-romana e capitale dell’Austrasia merovingia, attraversò un periodo di grande importanza in epoca carolingia ed in particolare negli anni in cui Crodegango diresse la diocesi (dal 742 al 754); durante questo periodo si evidenzia una netta distinzione tra il clero benedettino e quello di città, in genere quello di città si concentrava nella zona episcopale, la sua funzione in genere era quella di esigere le decime che ogni anno dovevano versare.

Questa situazione generale richiedeva una sorta di riforma all’interno dell’ordine in modo da richiamare la regola originale di San Benedetto, per questa ragione Crodegango emana la regola dei canonici, rivolta al clero di città, in cui era contenuta una serie di dettami che imponeva regole di vita simili al clero di campagna (erano obbligati a dedicarsi esclusivamente ad offici religiosi). Il clero episcopale si vedeva esautorato di tutta una serie di privilegi ma la sua forza era tale da imporre nella città in cui si trovava, gli altri vescovi prima di adottarla dovettero aspettare un pò di tempo.

Per accrescere i valori della sua riforma modifica l’assetto della città con la ricostruzione di chiese esistenti e quella di chiese nuove con l’intento di estendere la liturgia stazionare nell’intera città, in questo caso la le stazioni erano le stesse chiese della città (la città risultava quindi molto importante, una specie di città sacra fortificata). Questa sistemazione intorno alla cattedrale porta come conseguenze lo spostamento della zona residenziale a ridosso delle mura (tra l’altro la città diventò un polo di attrazione spirituale fortissimo poiché era additata come la diocesi tangibile della liturgia stazionaria).

Il centro episcopale gravitava attorno alla chiesa di Santo Stefano, secondo la regola canonicorum il centro sarebbe stato costituito da due parti: la domus ed la claustra; la domus comprendeva la vera e propria abitazione del vescovo e le tre principali chiese (Santo Stefano, Santa Maria e San Pietro Maggiore); la claustra comprendeva invece gli ambienti dedicati al clero canonico e al personale di servizio, raggruppati attorno al chiostro (il refettorio, la zona riscaldata, la cucina, il dormitorio e le camere), le fonti indicano altre chiese situate nella città di notevole importanza, le quali comunicavano direttamente con il claustra (la basilica di San Pietro il vecchio, San Paolo, San Pietro Maggiore, eccetera).

La cattedrale di Santo Stefano, in origine una semplice chiesa crociforme, venne ristrutturata da Crodegango, il quale aggiunse un coro formato da un’abside semicircolare; la chiesa di Santa Maria aveva probabilmente una forma circolare od ottagonale, mentre la basilica di San Pietro Maggiore a tre navate, venne ristrutturata da Crodegango, con l’inserimento di un coro absidato.

L’assetto urbano attuale ha modificato quello antico, la disposizione del chiostro è una delle prime che vediamo attuate e che daranno la forma all’insediamento monastico vero e proprio, diventerà un elemento fisso che verrà rispettato anche in epoca cluniacense (chiostro quadrato della parte orientale). Intorno c’è la sala cardinale il dormitorio e anche gli ospizi e gli ospedali, che esistevano per accogliere i fedeli che provenivano anche da terre lontana (chiamati anche diaconile, che erano delle istituzioni il cui scopo era dare assistenza ai fedeli che provenivano da terre lontane); queste erano necessariamente uffici religiosi e si distinguevano dai senodochi che erano invece una sorta di ospizio per i poveri, dove venivano accolti i fedeli più poveri.

Entrambi non sono istituzioni nuove ma una trasmigrazione di modelli romani in aree franche, molte volte si trasformano anche in chiese in epoche successive (tutto quello apparso a Roma viene ripetuto in terra franca). La disposizione del monastero fissa una regola con tutti gli edifici funzionali alla vita dell’abbazia impostati intorno al chiostro.

Interessante la transenna o iconostasi in questa chiesa appare questo cancello scolpito in pietra, realizzato da maestranze italiane ce si spostano per insegnare ai scultori locali (ben presto acquistano autonomia tanto da superate i modelli di riferimento).

Questi due grandi episodi rappresentano la prima fase dell’età carolingia, sono un periodo di formazione in cui sono gettate la basi di quella che sarà l’architettura carolingia del regno successivo; sopratutto questo periodo incrementato tutte quella attività politiche legate alla diffusione dell’architettura stazionaria e delle reliquie; insieme con questa aspirazione di permeare questa architettura di una ideologia che portava all’origine dei regno di Costantino, per questo tutta l’architettura legata a San Pietro continua questo percorso, è la chiesa che deve essere imitata per suffragare l’idea dei carolingi.

La morte di Pipino il beve lascia una eredità ricca di presupposti che andavano esaltati attraverso un programma più comunicativo (una architettura di corte che deve comunicare questa idea della renovatio imperi), per questo ci vuole il riferimento all’epoca dell’impero romano. Carlo raccoglie l’eredità paterna e decide la fondazione di numerose chiese, in quanto aveva creato la figura del vescovo-conte, in quanto essendo dei religiosi non avevano eredi e quindi alla loro morte il potere tornava centrale. Questo spiega perché con Carlo quasi tutte le città diventano centri episcopali e si assiste ad una grande diffusione di chiese cattedrali in tutto l’impero. I monumenti carolingi sono moltissimi, animati da queste finalità politiche; tra le opere più importanti, prima di dedicarsi alla creazione del suo palazzo, dobbiamo segnalare il progetto dell’abbazia di Lorsch costruita nel periodo di transizione tra il regno di Pipino il breve e di Carlo Magno.