domenica 14 dicembre 2014

Il Pre-gotico

La trasformazione della chiesa romanica nella chiesa gotica comporta un lungo e composito processo di graduale conversione dell’organismo statico-costruttivo, un processo che prende inizio nel terzo decennio del XII secolo e giunge a compimento nel nono decennio successivo. Si tratta di uno sviluppo in cui l’intera massa muraria della chiesa romanica, composta da una grande struttura continua, dotata di forti spessori e dimensioni, posta a creare un sistema statico spingente verso l’esterno, si trasforma attraverso vari fasi e successive modifiche in un organismo diverso, realizzando la propria stabilità attraverso un criterio opposto a quello adottato in origine.
Il nuovo principio risulta quello di definire e specificare con sufficiente esattezza le forze agenti entro il sistema, individuando la direzione e l’entità delle sollecitazioni portate alle singole strutture, ciò allo scopo di sistemare l’ossatura resistente nei nodi vitali della costruzione, convogliando le forze lungo predeterminati percorsi.
In tal modo la trasformazione della chiesa romanica in quella gotica si profila come la graduale sostituzione di un sistema statico non sufficientemente definito (perché resistente per massa materica, spessore e peso), con un organismo che si libera delle parti superflue e tende a conformarsi come la raffigurazione muraria del sistema statico adottato: una trasformazione da blocco murario a sistema scheletrico.
L’impulso che durante il XII secolo spinge gli architetti dell’Ile de France a realizzare gradualmente questa radicale trasformazione sorge da una spontanea potenzialità creativa insita nella stessa azione del costruire.
La specificità figurativa perseguita dai gotici  presenta una scelta graduata nel tempo, secondo specifiche direzioni; considerando che la vera figurazione della chiesa gotica è l’interno (essendo gli esterni il retroscena di quell’immagine) la prima scelta che risulta compiuta è quella riguardante la forma conferita al vano della navata, prevista e realizzata come un corpo altissimo (con un rapporto di larghezza ed altezza da 1:2 a 1:3,5), una tendenza ereditata da alcune importanti correnti architettoniche romaniche (espresse nelle chiese di pellegrinaggio) e nelle grandi costruzioni ottoniane.
Questa preferenza formale necessita chiaramente di una partitura in verticale che si manifesti come geometrica partitura dello spazio, vengono quindi inseriti pilastri a tutta altezza e le arcate a costituire l’ossatura dell’edificio.

Il coro di Saint-Denis

Il monumento che segna l’inizio del sistema strutturale gotico è l’abbazia di Saint-Denis, riedificata dall’abate Suger nel corpo frontale di facciata e nel nuovo coro, consacrato nel 1144, conformato come un doppio deambulatorio.

E’ proprio questo coro (poi rifatto nel XIII secolo) a rappresentare il primo esempio di grande impianto caratterizzato dalla concentrazione dei pesi e delle spinte sopra una serie di sostegni isolati (e relativamente esili), allo scopo di realizzare uno spazio libero e comodo per l’afflusso dei fedeli; inoltre viene qui per la prima volta testimoniata la scelta di un nuovo tipo di copertura, ovvero la volta a crociera costolonata e rialzata, conformata a sesto acuto.
Negli anni successivi alla realizzazione di questo coro prende gradualmente inizio la formazione del sistema scheletro, nel nuovo assetto dell’edificio chiesastico la conformazione delle volte è diretta a realizzare la concentrazione delle spinte nelle ristrette zone d’imposta, situate sulle pareti, contro le quali si ergono gli archi rampanti, che a loro volta scaricano le sollecitazioni sopra i contrafforti rastremati. Si tratta quindi di un sistema che riprende il tema statico strutturale della chiesa romanica, ma lo risolve in una maniera differente.
Le navate sono 3, voltate a crociera, quella centrale più ampia e più alta, e sul lato nord si aggancia una fila di cappelle. L’edificio è preceduto da un nartece con rosone a richiamo dei Westwerk carolingi: 3 portali e una torre sul fianco meridionale. Il complesso comprende archi a sesto acuto, rampanti, volte costolonate, cappelle radiali, deambulatori, cleristorio con enormi vetrate, ecc., era la prima volta che questi elementi comparivano tutti insieme in un progetto.

La cattedrale di Sens

Contemporaneamente al coro di Saint-Denis è quello della cattedrale di Sens (1150 circa) il quale, pur mostrando nei pilastri angolari una robusta membratura di carattere romanico, rivela apertamente forma ormai gotiche nella risoluzione della volta esapartita, la scelta di questo tipo di copertura su pianta quadrata, con la conseguente accentuata diversità fra i pilastri estremi e binato di colonne intermedio, genera una campata doppia, che si definisce come motivo architettonico complesso, accentrato e chiuso in se stesso, motivo che, adottato come modulo, si ripete lungo tutta la navata.
L’architetto, Guglielmo di Sens, nel 1135, ricorre a un volume semplice tripartito e continuo se si esclude la leggera sporgenza del transetto. La facciata principale, quella ovest, richiama quella di Saint-Denis, un nartece con 3 ingressi.
Tutto il perimetro dell’edificio è scandito da contrafforti e da un primo tentativo di impiego di archi rampanti per sostenere le sottili pareti della chiesa.
La navata centrale è scandita dall’alternarsi di pilastri forti e deboli, questi ultimi composti da semplici colonne binate; come nell’età romanica la parete è scandita su 3 livelli, quello più basso è movimentato da archi a sesto acuto, quello intermedio è occupato dal triforio mentre quello più alto, il cleristorio, da ampie vetrate sotto le volte costolonate della copertura. La parete del transetto è scandita da solo 2 ordini, manca il triforio allo scopo di ingrandire le vetrate. Il lato lungo del transetto, in direzione del coro deambulato che termina con un’abside centrale sporgente, presenta 2 absidi che fiancheggiano il corpo longitudinale.


La cattedrale di Laon

Ma la vera innovazione architettonica e compositiva appare nella cattedrale di Laon, costruita fra il 1160 ed il 1204, con torre lanterna, quattro torri, coro rettangolare e la facciata che diventerà prototipo di fronti altogotiche. La scelta compiuta a Laon è quella di realizzare un’immagine dell’interno omogenea e fortemente segnata, riducendo l’ampiezza delle campate, marcando in modo decisivo le linee verticali ed articolando tutto l’insieme, per ottenere una lunga fuga prospettica lungo la navata, svolta secondo un ritmo scandito e serrato. La prevalenza di questa soluzione è così marcata che la forma esapartita delle volte e la differenza fra i fasci di colonnini non riescono ad incidere sugli effetti d’insieme.
Un corpo longitudinale tripartito con navata centrale molto più ampia e alta che conduce verso un transetto ampio è tripartito esattamente come il corpo ed esso perpendicolare; all’edificio è possibile accedere anche dai due bracci dei transetti dotati anch’essi, come la facciata principale di due torri e di un nartece a quattro campate. Le pareti della navata mediana sono scandite su quattro livelli: arcate a tutto sesto, forum, triforio e ampie finestre. Il coro a terminazione dell’edificio, inizialmente a tre navate, è stato ingrandito a dieci, di conseguenza il transetto interseca il corpo longitudinale quasi al centro.

La cattedrale di Notre-Dame a Parigi

L’ultima opera pregotica è la cattedrale di Parigi, Notre Dame, iniziata nel 1163 e modificata più volte, all’interno riprende la soluzione esemplificata che abbiamo visto a Laon: volte esapartite, grosse colonne assimilate a pilastri, tre piani compresa la galleria. In questa grande chiesa a cinque navate, la partitura non ha ricevuto ancora la sua forma matura, la quale compare quando, resa finalmente inutile la presenza delle gallerie, la composizione della parete risulta composta solamente da due piani (arcate e finestre-luci) e da un basso e minore triforio intermedio, è la soluzione che risulta essere adottata per la prima volta nella cattedrale di Chartres.
Il corpo longitudinale è diviso in cinque navate, scandite da dieci campate, fiancheggiate da cappelle che girano tutto il perimetro (ad eccezione della facciata e del transetto); superato il transetto, ampio quanto la navata mediana, non sporgente, segue un coro a cinque navate con cinque campate che portano all’abside semicircolare, doppiamente deambulata e divisa in cinque settori dove sono collocate cappelle radiali. Le navate sono separate da pilastri con semicolonne che reggono crociere costollonate poste sotto una serie di arcate rampanti e contrafforti (poggiano sulle pareti del cleristorio illuminato da vetrate) che reggono le pareti della navata centrale a tre livelli (arcate a sesto acuto, triforio e cleristorio).


La cattedrale di Canterbury

Nel 1174 la cattedrale di Canterbury venne colpita da un incendio e per questo si decise di ricostruirla nelle sue parti danneggiate, tra i vari  maestri costruttori che accorsero si impose Guglielmo di Sens, quale propose il rifacimento, in forme rinnovate, del coro. Gervaso (un monaco del tempo) osserva come i sostegni del nuovo coro (pilastri e colonne) non differiscano in pianta da quelli antichi, ma sono molto più alti (come sono tutte le proporzioni dell’edificio); inoltre con volte a crociera costolonate si presenta come il modulo determinante la spazialità dell’intero edificio, in modo tale che è ridotta l’autonomia di ogni singola parte nella ricerca di una maggiore fusione spaziale, è quanto, con linguaggio attuale, viene definito il superamento della concezione compositiva romanica per sommatoria di entità spaziali autonome e la tendenziale unità dello spazio gotico, si assiste alla dissoluzione del muro in quanto tale e alla riduzione del confine spaziale per arrivare ad un sistema diafano. Da questo deriva il discorso riguardate la luce, l’interno della chiesa gotica è infatti ben diverso dalla profonda oscurità che domina negli edifici romanici, anche se l’incremento di luminosità (dovuto allo svuotamento delle pareti) rimane relativo (almeno nella prima metà del XIII secolo) e comunque non rappresenta lo scopo dei costruttori. Infatti la luce gotica è più che altro una luce colore, che non sembra filtrare dalle finestre ma direttamente emanate da esse, una luce non naturale che si integra con la struttura dello spazio, condizionandola e trasfigurandola con la sua continua mutevolezza nel corso del giorno e dell’anno.
L’edificio ha una pianta un po’ “movimentata”: si inizia con un corpo longitudinale tripartito (voltato a crociera costollonate) da pilastri cruciformi che porta ha un primo transetto, superato il quale sorge il coro seguito dal presbiterio, quest’ultimo collocato nel mezzo di un secondo transetto di poco più grande con, su ogni braccio, 2 cappelle semicircolari che fiancheggiano l’ultimo tratto dell’edificio composto da un ambiente semicircolare di forma allungata (sul quale si aggancia un ultimo vano circolare) contenente tombe e la Cappella della Trinità. Sulla navata di sinistra affaccia un chiostro dal quale è possibile accedere agli ambienti monastici (è possibile raggiungerli anche da passaggi ricavati dai bracci sinistri dei transetti). La facciata principale è fiancheggiata da 2 torri, dalle quali partono contrafforti che circondano tutto il perimetro dell’edificio e dividono a gruppi di 4 le finestre che illuminano le navate laterali scandite su 3 registri sovrapposti e coronati, all’esterno da un’arcata a sesto acuto; una terza torre, più alta, si erge sul vano da crociera ottenuto con l’intersezione dei primo transetto.




giovedì 6 novembre 2014

Cattedrale di Saint Albans

La chiesa ha la navata più lunga d’Inghilterra (84 metri), caratteristico di quest’edificio è l’uso di archi a sesto acuto in sostituzione a quelli a tutto sesto di comune impiego.
 La facciata presenta 3 portali di accesso, che anticipano la ripartizione interna, collocati dentro archi concentrici posti una sorta di tetti molto acuti. Contrafforti, un rosone centrale e archetti pensili movimentano la facciata e nascondono la copertura delle navate laterali (più basse di quella mediana). La facciata è inquadrata da 2 esili torri circolari scalarie che nascondono, ad una prima visione frontale del complesso, i possenti contrafforti esterni che reggono le pareti delle navate laterali.
Internamente il corpo longitudinale, di forma allungata, è tripartito da possenti pilastri con semicolonne addossate sopra le quali partono arcate concentriche e costoloni delle coperture a crociera delle navate laterali mentre quella centrale presenta una copertura piana lignea. Le pareti della navata centrale si sviluppano in altezza e sono articolate su 3 registri: arcate, triforio e cleristorio. Il corpo longitudinale porta al coro prima di raggiungere il punto d’intersezione con il transetto (molto sottile) sopra il quale si erge una torre quadrata; infine si arriva al presbiterio e, in fondo ad est, si apre un piccolo vano rettangolare dove è stata ricavata la Cappella della Madonna.

Cattedrale di Ely

Costruita sotto Guglielmo I nel 1083 dall’abate Simeone all’interno di un ambiente monastico del X secolo sorto probabilmente sui resti di una costruzione religiosa precedente, ha una pianta cruciforme con un ulteriore transetto nella parte occidentale parallelo al corpo longitudinale (è la Cappella della Madonna realizzata in stile gotico). Il nartece è massiccio, scandito da 3 campate quadrate e più largo del corpo longitudinale, presenta una torre scalaria centrale a base quadrata  fiancheggiata da 4 rotonde laterali di cui, però, le 2 a sinistra non più esistenti. Il corpo longitudinale, come il transetto, sono tripartiti da pilastri con semicolonne e, nel loro punto d’intersezione, si erge una torre posta sotto una cupola ad ombrello. Superato il transetto, la parete del corpo longitudinale risulta movimentata da robusti contrafforti. Come la cattedrale di St. Albans, l’edificio è decorato con arcate a sesto acuto che si sviluppano su 3 registri sovrapposti.

Cattedrale di Durham

L’edificio fu  fondato nel 1093, l’edificio ha dimensioni imponenti con un corpo longitudinale di notevole lunghezza: è tripartito da colonne e pilastri su sui sono addossate  semicolonne. Tali sostegni sorreggono gli archi rampanti e le volte a costoloni che hanno consentito di coprire un edificio di pianta così complessa. Le colonne reggono arcate a tutto sesto che separano le navate e i costoloni delle navate laterali che risultano più bassi; i pilastri raggiungono il cleristorio della navata mediana movimentato dal triforio."
Il corpo principale è interrotto da 2 transetti, uno centrale con copertura retta da una fila di sostegni disposti in maniera non centrale nel vano, e uno più piccolo collocata nel tratto terminale dell’edificio. Gli spigoli dei transetti sono dotati di torri circolari mentre sopra il punto d’intersezione con il transetto centrale (segnato dai 4 pilastri più articolati del complesso) si eleva una torre quadrata più grande e più alte di tutte quelle appartenenti al complesso.

Cattedrale di Norwich

Questa chiesa fu iniziata nel 1096 sul sito di due precedenti chiese e conclusa nell’arco di 50 anni. Nei secoli successivi subirà alcune modifiche e restauri. L’edificio ha una pianta cruciforme con corpo longitudinale molto lungo ed un transetto sporgente ma più sottile.
La facciata ha 3 ingressi che anticipano la disposizione interna delle navate; viene rispettato il sistema obbligato, scandito da pilastri sui quali partono le arcate che scandiscono i 2 ordini sovrapposti e sui quali sono appoggiate semicolonne che raggiungono la copertura a vela riccamente decorata. L’edificio ha un notevole sviluppo in altezza che raggiunge il suo punto più alto con la torre quadrata che si erge sopra il vano da crociera e che è coronato da un tetto piramidale di forma allungata. Superato il transetto, il corpo longitudinale avanza fino al coro semicircolare con deambulatorio sul quale di affacciano 3 ambienti di forma originale disposti in maniera radiale.

Il romanico in Spagna

In Catalogna l’arte romanica si manifestò con alcune caratteristiche e si prolungò per tutto il XII secolo. Furono molto diffusi gli edifici religiosi di piccole dimensioni con una struttura abbastanza fissa: unica navata “a sala”, tetto a spioventi sorretti da volte a botte, triplice abside, pareti costruite con piccoli conci e scandite all’esterno da lesene e arcate cieche. Spesso un campanile è affiancato alle absidi e può presentare base quadrata o poligonale, con aperture crescenti nei piani più alti.

Cattedrale di Avila

L’edificio è progettato come una cattedrale-fortezza con passaggi per le sentinelle, merli e dove l’abside è una delle torri della cinta muraria della città. La chiesa fu iniziata nel 1099 ed è dedicata al Cristo Salvatore, per conto di Alfonso VI di León. Cominciò a essere costruita in stile romanico ma, più tardi, il maestro Fruchel si incaricò del progetto e costruì una delle prime cattedrali gotiche della Castiglia. Ha 2 facciate: quella principale (il portale è collocato sotto archi a sesto acuto concentrici), fiancheggiata da 2 torri, una delle quali incompiuta, che le conferiscono un aspetto di chiesa-fortezza, e quella laterale. La pianta è a croce latina all’interno, i visitatori possono vedere il passaggio dal romanico al gotico: le parti romaniche sono fatte di pietra rossa e rosa mentre le parti gotiche sono state costruite con pura pietra bianca, le proporzioni sono esattamente le stesse. Il corpo longitudinale è tripartito da pilastri sui quali sono addossate semicolonne dalle quali partono le arcate a sesto acuto che consentono di accedere alle navate laterali, e i costoloni delle volte a crociera della copertura. Le navate sono scandite da campate quadrangolari di ugual ampiezza, richiamando le Hallenkirchen  tedesche in quanto la navata mediana non è più ampia di quelle laterali, ma si sviluppa maggiormente in altezza con cleristorio dotato di ampie vetrate.

Chiesa di San Martino di Tours a Fromista

Il corpo longitudinale, tripartito da pilastri cruciformi, è dotato di transetto non sporgente ma alto quanto la navata mediana, di poco più sviluppata in altezza di quelle alterali; le 3 navate (quella centrale più larga) sono coperte a botte e conducono a 3 absidi. La facciata principale è fiancheggiata da 2 torri cilindriche; su ogni prospetto, nessuno dei quali particolarmente decorato, si apre un ingresso (tranne quello relativo alle absidi).

Basilica di Sant’Isidoro di Leon

L’edificio fu ricostruito poco dopo tramite la forte influenza di Sancha, figlia di Alfonso V e badessa del monastero. Insieme al marito, Fernando I, erano sovrani di Leon dal 1037. La chiesa era in stile preromanico asturiano di modeste dimensioni e, successivamente, fu ricostruita in stile romanico, con 3 navate (quella centrale coperta a botte) e abside tripla, fu consacrata nel 1063. Quando passò allo stile gotico, una delle absidi fu soppressa. Ai piedi dell’edificio fu collocato un mausoleo  reale, il Pantheon dei Re: vano quadrato basso e voltato, scandito da colonne che reggono costoloni. L’edificio ha pianta a croce latina con corpo longitudinale tripartito da pilastri cruciformi.
Dell’esterno è visibile solo la facciata sud della chiesa perché è circondata da altre costruzioni. Tale prospetto presenta 2 porte: la porta del Cordero preceduta da colonne e pilastri reggenti archi concentrici, che si apre direttamente sulla navata, e la porta del Perdono, con decorazione simile ma più povera, che si apre sul transetto.

giovedì 23 ottobre 2014

Architettura Cluniacense e l'Abbazia di Cluny

Quello che andremo adesso ad analizzare sono le tre fasi dell’abbazia di Cluny e con esse indicheremo i caratteri dell’architettura cluniacense, infatti per quanto riguarda l’ordine cluniacense (un ordine monastico benedettino), la regola ha influenzato in maniera determinante l’architettura. E’ importante Cluny perché è un’architettura che si pone come cerniera tra quelli che sono i caratteri distintivi dell’architettura romanica rispetto a quelli che saranno i caratteri peculiari dell’architettura gotica, nel senso che compariranno (ancora prima che nell’architettura cistercense) degli elementi architettonici che al momento rimangono puramente estetici, ma che nell’architettura gotica assumeranno un carattere strutturale importante (come la presenza dell’arco spezzato, che non ha i caratteri statici dell’architettura gotica e del suo arco a tutto sesto, in quanto funziona ancora come un arco a tutto sesto).
Cluny è una cittadina della Borgogna di fondazione romana, la quale con il tempo e sotto l’imperatore Carlo Magno fu donata, con tutti i suoi possedimenti a Guglielmo d’Aquitania, detto il Pio, il quale decide di donare tutta la proprietà all’abate Bernone, il quale già reggeva una piccola abbazia di monaci riformati secondo l’ordine di Benedetto di Aniane, il quale aveva riformato la regola di San Benedetto da Norcia. Bernone aveva dato un ruolo predominante alla preghiera e alla liturgia religiosa, imponendo ad ogni monaco l’obbligo dello svolgimento di una messa quotidiana, proprio la necessità da parte della comunità monastica di dover celebrare quotidianamente la messa ha derivato in campo architettonico la necessità di avere molti altari all’interno della chiesa stessa perché spesso le celebrazioni della messa avvenivano in contemporanea. Un’altro ruolo molto importante che Benedetto di Aniane aveva dato al nuovo ordine riformato era l’inno dei salmi, i quali andavano cantati, per cui anche il canto, con le sue necessità avrà un ruolo importante nella determinazione dello spazio architettonico in termini di acustica, quindi la necessità di avere degli spazi non bassi ma delle navate piuttosto alte era fondamentale per un’acustica eccellente.
Altro elemento fondamentale furono gli ambiti di preghiera, che determineranno la costituzione all’interno di questi complessi monastici la formazione di ampli corridoi dedicati ai momenti di preghiera dei monaci.
Tutta l’economia del monastero veniva portata avanti dai campi tutt’attorno, perché nel momento in cui Guglielmo il Pio dona le sue proprietà, dona anche i suoi contadini, i quali diventano proprietà di questo nuovo convento.
L’abbazia era talmente importante che quando Roma sarà in pericolo, le reliquie che qui erano custodite furono in parte spedite a Cluny per essere conservate, questo dal punto di vista architettonico comportò un’ulteriore sviluppo dell’edificio religioso; non a caso nel suo momento di massimo splendore 1100-1200 raggiungerà le dimensioni di San Pietro.
Cluny, a differenza dei monasteri cistercensi, sarà un punto accentratore, nel senso che avrà numerose derivazioni, che dal punto di vista della gestione dell’ordine erano tutti delegati a Cluny, qui venivano portate tutte le offerte che arrivavano dai vari monasteri e naturalmente questa opulenza dal punto di vista economico diede luogo in ambito architettonico a strutture che riflettevano la magnificenza dell’ordine, in particolare sono architetture che dal punto di vista della decorazione devono essere didascaliche (come accade nelle chiese romaniche), sopratutto attraverso la scultura.
In generale le varie abbazie cluniacensi sono tutte diverse tra di loro, in funzione delle preesistenze architettoniche, ma anche in funzione delle diverse esigenze dei singoli monasteri.
Il Borgo di Cluny si era sviluppato lungo una via di pellegrinaggio ed era prevalentemente dedicato all’agricoltura; la necessità della presenza degli altari sarà indicativo per le architetture di pellegrinaggio, caratterizzate appunto da molte cappelle in grado di ospitare le varie reliquie.
I momenti di maggiore interesse dell’abbazia di Cluny sono essenzialmente tre, Cluny I (che corrisponde al 927 circa, ad opera dell’abate Bernone), Cluny II (che rappresenta una sostanziale espansione della prima Cluny) e Cluny III (che non include alcuna delle architetture precedenti).
La prima Cluny era dedicata alla Vergine Maria, erano presenti al suo interno quattro altari, nei quali si svolgeva anche il culto dei morti (tipicamente cluniacense); si pensò di ampliare l’impianto e per questo venne edificata una nuova chiesa, quella che chiamiamo Cluny I

Cluny A (910-926)
L’abbazia di Cluny fu fondata nel 910 dal Duca Guglielmo d’Aquitania, detto “il Pio”; era dedicata ai Santi Pietro e Paolo, ed era la sua residenza di caccia di Cluny. Era costituita da 2 corridoi laterali, e dalla presenza di un transetto rettilineo in cui sono collocati tre altari, e da un altare centrale collocato in prossimità dell’ingresso.

Cluny I (926-948)
Bernon intraprese la realizzazione di una prima chiesa, ancora piuttosto modesta definita Cluny I, che fu consacrata nel 926. Inizialmente Cluny era un piccolo edificio con coro e cappelle radiali che custodivano reliquie; in ogni cappella c’era un altare perché venivano svolte contemporaneamente più messe. L’edificio comprendeva un portico d’ingresso, un atrio che conduce alla corte, una galilea ma nessun transetto (il vano da crociera era individuato comunque da 4 colonne) e un’abside internamente circolare. È presente un campanile che va a collocarsi nel vano di crociera individuato da quattro grandi pilastri che determinano la zona dell’altare. Il campanile è un elemento fondamentale dell’architettura cluniacense. È presente anche un’abside circolare.

Cluny II
Iniziata nel 948 e conclusa nel 981 (anno della consacrazione), viene realizzata sotto l’abate Aimardo (942-965). Tra Cluny I e Cluny II non si costruiscono nuovi edifici, ma si completano quelli preesistenti. Si studiano diverse strategie per migliorare l’acustica legata alla pratica del canto. Per quanto riguarda la pianta, il coro con le navatelle si concludeva con un’abside e 2 absidiole, e aveva 2 ambienti rettangolari annessi; uno stretto transetto era preceduto da un corpo longitudinale a 3 navate di 7 campate. L’edificio, per l’epoca, aveva dimensioni notevoli. Intorno al 1000 l’abate Odilone (994-1049) aggiunse a ovest una galilea  preceduta da un atrio.
Più difficile è tentare di ricostruire l’alzato dell’edificio; probabilmente la chiesa aveva un transetto basso con un alto campanile sull’incrocio col corpo longitudinale, un coro coperto da volte, una navata centrale a soffitto piano (venne voltato soltanto al tempo di Odilone) e 2 campanili che segnavano l’ingresso della galilea. La navata fu demolita poco dopo il 1118 per ingrandire il chiostro mentre il coro, il transetto, la galilea e l’atrio scomparvero nel XVIII secolo.

Cluny III
Fu iniziata nel 1088 e fu consacrata nel 1095. Fu costruita sotto l’abate Ugo (1049-1109) e finanziata da Ferdinando I di Castiglia. La costruzione del nartece, intrapresa in seguito, si prostrasse fino al XIV secolo. Gli architetti che si occuparono del progetto furono un matematico e un musicista (uso di archi a sesto acuto, scelti non per via strutturale ma per una migliore acustica). Cluny III fu la più grande chiesa del Medioevo (fu l’unico edificio religioso a superare le dimensioni di San Pietro).
Il corpo longitudinale, suddiviso in 13 campate, aveva 5 navate; tra i 2 transetti di diversa ampiezza, sormontati da 4 campanili impostati su cupole, erano comprese 2 campate di coro a 5 navate e, al di là del piccolo transetto, il coro proseguiva con una campata a 3 navate, seguita da un deambulatorio più stretto con 5 cappelle radiali.
Sia in pianta che in alzato ci sono elementi che anticipano il gotico; le caratteristiche architettoniche sono la navata allungata con navate laterali, il transetto sporgente stretto e più basso della navata; il coro sviluppato a gradoni (origine mozarabica); le absidiole a forma di ferro di cavallo e la presenza di corridoi laterali.
In alzato si nota la presenza del campanile che si colloca nel vano di crociera, e un vano rettangolare che introduce al coro; la decorazione esterna è effettuata a pensili.
Cluny III si colloca come fondamentale nel passaggio tra architettura romanica e gotica sia in pianta che in alzato.
Appare l’arco spezzato (anche se somiglia all’arco a sesto acuto non funziona ugualmente): esso si riteneva essere quello che consentiva una maggiore diffusione del suono. L’arco formalmente è a sesto acuto ma strutturalmente no, resta nell’ambito dell’architettura romanica  basato sulla giustapposizione di campate. L’impianto è regolato da sistemi proporzionali, presenta un doppio transetto, e un coro a cappelle radiali caratterizzato da un deambulatorio.

Caratteri dell'Architettura Cistercense

Con questo tipo di argomento ci collochiamo cronologicamente nel romanico maturo, inoltre questo tipo di argomento si deve studiare in contrapposizione dialettica rispetto all’architettura cluniacense.
Con architettura cistercense intendiamo un’architettura di carattere religioso che è stata espressa dall’ordine benedettino riformato dei cistercensi, i cistercensi sono a tutti gli effetti dei monaci benedettini, ovvero si collocano nella cultura monastica espressa da San Benedetto, che era vissuto tra il V ed il VI secolo, considerato fondatore del monachesimo occidentale. Nel periodo che prendiamo in considerazione ci troviamo di fronte ad una serie di movimenti riformatori e i monaci non vedono più l’antico motto “ora et labora” come era vissuto all’origine, pertanto alcune figure emergono per mettere in discussione questi nuovi stili di vita e per provare a recuperare quello antico. Uno di questi movimento è quello cistercense, che dal punto di vista storico vede nella figura di Roberto di Molesme il fondatore di una nuova comunità monastica, nella quale voleva proporre un ritorno alla purezza delle origini, in particolare il filone più contrastato era lo stile di vita monastica cluniacense, cioè quello che ruotava attorno all’abbazia di Cluny (che aveva puntato molto sulla liturgia ed aveva dato vita ad un’architettura molto ricca, elaborata e sfarzosa, che era intesa a servizio di questa liturgia). Roberto porta a compimento questa riforma mettendo in discussione lo stile di vita cluniacense; il luogo nel quale prende vita questa comunità monastica è Citeaux in Borgogna. L’ordine era organizzato intorno al motto “ora et labora”, però Roberto di Molesme e gli abati che lo seguono vogliono trovare una mediazione tra questi due termini, a Cluny i monaci tendevano a concentrarsi eccessivamente alla preghiera e trascuravano il lavoro, per i cistercensi bisognava recuperare il rapporto con le antiche scritture e bisognava anche trovare un nuovo spazio per il lavoro, per questo l’abbazia doveva essere autosufficiente.
Uno dei documenti più importanti sulla base del quale possiamo capire la storia dell’ordine è la “carta caritatis”, tra i veri aspetti che venivano trattati in questo documento c’era quello del rapporto tra i vari monasteri, i quali dovevano essere improntati ad un principio di uguaglianza ed equità in modo che attraverso il confronto si potesse arrivare alla soluzione di eventuali problemi (rifiutano almeno all’inizio l’idea di un’abate supremo).
Per recuperare l’importanza del lavoro e per dedicare un giusto tempo alla preghiera i cistercensi sviluppano la figura del converso, che è un laico che vive insieme ai monaci ed assumono il ruolo di lavoratori.
Un’altro aspetto importante riguarda il capitolo generale, costituito da tutti gli abati delle varie abbazie che si ritrovano per discutere dei vari problemi dell’ordine, con lo spirito di collaborazione ed unità, questo spirito l’avrebbe dovuto garantire l’istituto giuridico dell'affiliazione (ovvero c’era l’abbazia madre di Citeaux e quattro “figlie” di La Ferté, Morimond, Clairvaux e Fontenay, dalle quali nascono numerose altre abbazie).
L’ordine si espanse velocemente ma di certo questo ordine non avrebbe avuto questo successo se non fosse intervenuto nell’ordine la figura di San Bernardo di Chiaravalle, il quale mise in evidenza il ruolo della Madonna e diede una sistemazione teologica all’ordine stesso, attraverso l’utilizzo della meditazione e della contemplazione.
L’architettura interessa sopratutto l’arco che va dal XII al XIV secolo, la sua importanza deriva dagli influssi che diede agli orientamenti successici; abbiamo già detto che il cistercense si colloca all’interno del romanico maturo, infatti lo spazio è romanico (sopratutto possiamo fare questa affermazione se pensiamo all’illuminazione degli ambienti interni, anche se iniziarono ad introdurre alcuni elementi che verranno utilizzati dal gotico, come ad esempio la campata quadrata, l’arco a sesto acuto, però tutti questi elementi li usano ancora con una sensibilità romanica, le loro chiese hanno sempre un evidente senso plastico di massa, lo spazio è controllato attraverso mezzi geometrici e matematici, fondata sui contrafforti più che sugli archi rampanti), elementi che oltre che nel gotico, troveremo in Italia negli ordini mendicanti, la cui mentalità verrà ripresa dall’architettura fiorentina tardo-gotica e rinascimentale.
Anche per quanto riguarda l’architettura Bernardo di Chiaravalle ha avuto un grande influsso, sopratutto laddove nei suoi scritti ha evidenziato la necessità di realizzare edifici semplici, facilmente costruibili, diventando più economico e sopratutto permette di ottenere in termini architettonici dei risultati semplici e chiari (non si tratta mai di una architettura decorata ma semplice e scarna, se compaiono delle decorazioni sono elementi prevalentemente geometrizzanti che tendono all’astratto, tutto l’opposto di quel vivacissimo apparato decorativo che era tipico del romanico borgognone di quel tempo, dove l’attenzione del fedele era attirata dall’apparato decorativo); per Bernardo il fedele non deve essere distratto da immagini mostruose ma deve solo pregare e meditare, per raggiungere Dio.
Per quanto riguarda la progettazione degli interni spesso si parla di progettazione “ad quadratum”, ovvero si vuole indicare quel metodo compositivo che si basa sul ricorso a campate regolari, prevalentemente a pianta quadrata, quindi lo spazio complessivo scaturisce proprio dalla combinazione di moduli quadrati, utilizzati in maniera romanica.
Anche nelle proporzioni di pianta ed elevato generalmente si rispettano proporzioni geometriche precise, che oltre a dare garanzie dal punto di vista strutturale, dovevano anche permettere un proporzionamento particolare degli edifici stessi.
Anche gli spazi monastici vengono articolati in una maniera prefissata, la chiesa monastica ha un’impianto basilicale a tre navate, a croce latina, un’altra particolarità delle chiese cistercensi (sopratutto le prime) è quello di avere nella zona absidale delle cappelle a pianta quadrata o rettangolare. Ci sono poi due aree, una riservata strettamente ai monaci ed una riservata ai conversi, tutti questi spazi sono articolati attorno ad un cortile a pianta quadrata che si chiama chiostro, il quale, oltre ad introdurre all’interno delle architetture uno spazio verde, doveva permette ai monaci di passeggiare e di proseguire la lettura delle sacre scritture senza distrazioni, inoltre permetteva di disimpegnare i vari spazi abitativi dell’abbazia (questo schema generalmente accomuna  tutte le abbazie).
Troviamo poi la sala capitolare (ovvero quella destinata all’incontro) e poi via di seguito gli altri ambienti, generalmente articolati in due piani.
C’è da dire che i cistercensi erano molto versatili, nel senso che è vero che abbiamo utilizzato uno schema architettonico a cui aderiscono la maggior parte delle abbazie, però a seconda delle risorse del territorio le architetture venivano realizzate in maniera diversa; una delle risorse che erano prese in grossa considerazione era la presenza di acqua, utilizzata anche per la coltivazione dei campi o come energia; di conseguenza l’architettura doveva essere molto pratica e doveva rispondere anche alle esigenze produttive, oltre che favorire la preghiera.
Il modello che abbiamo analizzato è quello che poi venne elaborato nelle epoche successive, non bisogna pensare che fosse lo schema preferito da Roberto a partire dalla fondazione di Citeaux (si dice che i primi insediamenti fossero dei ripari improvvisati).
Il tipo di progettazione ad quadratum, che viene praticata dai cistercensi (e che diventerà un’elemento importante dell’architettura gotica) da vita a quello spazio che viene definito ideologico, uno spazio che non è esperienziale (non è uno spazio pensato per essere scoperto durante la visita), ma è uno spazio nel quale esiste un’idea (che è il modulo base) e nel momento che il visitatore capisce che quello è il modulo base la comprensione dell’edificio è immediata (non avviene così per il romanico delle origini). Per l’architetto cistercense è necessario che le strutture e gli spazi siano comprensibili chiaramente, sia nel momento in cui vengono costruiti che nel momento in cui vengono utilizzati, non ci devono essere distrazioni; addirittura alcuni storici hanno parlato di iconoclastia bernardiana, ovvero la lotta contro le immagini, proprio perché Bernardo aveva respinto l’eccesso di decorazioni di Cluny.
Nell’abbazia di Fontenay possiamo vedere come lo spazio sia coperto da una volta a botte, intercalata da una serie di arcate che danno un ritmo visivo e strutturale nello scarico dei pesi; gli archi non sono a tutto sesto, ma non sono neanche a sesto acuto come saranno nell’architettura gotica; lo spazio è sì illuminato però il visitatore si sente avvolto dall’architettura, nel senso che l’architettura in questo caso è massa che lavora per gravità, l’elemento di massa è preminente (non è un baldacchino che fa ombra, come accadrà nell’architettura gotica, i pilastri non sono ancora fascicolari e non sono snelli e slanciati verso l’alto, l’architettura gotica è pensata come un diaframma per la luce). Per quanto riguarda il sistema strutturale complessivo, il sistema sfruttato è quello spingente, ma lo schema riprende un po’ le soluzioni dell’architettura  romana, con nella navata centrale una volta a botte continua e ritmata dalle arcate, però abbiamo a contraffortare le spinte della navata abbiamo una serie di altre volte a botte (a sesto acuto), che si sviluppano su assi perpendicolari a quello longitudinale della navata.
L’alzato comprendeva volte a botte ad arco spezzato (longitudinali nel corpo della chiesa e nelle cappelle, trasversali nelle navatelle e nei bracci del transetto) e graduato in altezza secondo una rigida scalatura  che privilegia la grande croce tracciata dalla navata, coro e transetti, illuminati direttamente solo dalle testate terminali e, in basso, dalle striature oblique delle luci provenienti dalle finestre delle navatelle. Diversa rispetto alle precedenti architetture monastiche è anche la disposizione degli edifici: in ambito
benedettino spesso è libera, talvolta condizionata dall’andamento territoriale o dalle preesistenze; mentre i cistercensi disponevano i complessi secondo uno schema ben preciso: intorno al chiostro, un quadrato perfetto affiancato alla chiesa, di solito sul fianco meridionale, si succedevano gli ambienti dove si svolgeva la vita monastica (sacrestia, sala capitolare, parlatorio, cucina, refettorio, dormitori, ecc.).
Sul discorso dei cantieri scuola  bisogna parlare del fatto che i cistercensi hanno contribuito a sviluppare certe competenze nel campo dell’edilizia, proprio perché ogni cantiere aveva una serie di figure così ben organizzate ed una padronanza tale dell’edilizia che questo faceva scuola, inoltre questa organizzazione accurata e razionale permetteva il trasferimento di saperi da un cantiere all’altro.

domenica 12 ottobre 2014

Il romanico in Italia

Le principali motivazioni che nell’Occidente europeo hanno originato la conformazione della chiesa romanica, rispetto ai caratteri dell’edilizia religiosa dei secoli precedenti, riguarda la generale necessità di ampliare e sistemare diversamente l’area del presbiterio, sia per ricavare lo spazio necessario per il clero (ormai molto numeroso), sia per consentire un’officio maestoso e solenne dei riti, dapprima distribuite in tutta la chiesa ed ora concentrate nell’altare maggiore. La risposta a tale esigenza si trova nella forma assunta dal coro, che diventa coro deambulato di dimensioni sempre maggiori.
La seconda motivazione si riferisce al modo di concepire ed immaginare l’edificio religioso, che diventa momento centrale e determinante della vita dell’uomo medioevale; l’oggetto architettonico è quindi sentito come una struttura che gradualmente tende a diventare forma, composta da una massa muraria grave e forte, articolata secondo membrature poste a scandire lo spazio.
Secondo una formula sommaria e semplicistica, la formazione dell’architettura romanica può essere assimilata alla trasformazione della basilica cristiana, che è un edificio dotato di un sistema strutturale discontinuo e coperto a tetto, ad una fabbrica interamente coperta a volte, tale da presentare una completa continuità di strutture murarie, anche se il processo di trasformazione è molto lungo ed articolato, giungendo a maturazione soltanto nella seconda metà dell’XI secolo.
Il processo di formazione dell’architettura romanica sintetizzato e riassunto come la progressiva conquista della capacità di costruire un organismo strutturato e coperto con volte, secondo una forma articolata ed aderente alla funzione d’uso ed alla solidità statico-costruttiva. Tale sviluppo è di consueto ipotizzato come uno sviluppo lento, svolto attraverso diverse fasi successive, inoltre di fondamentale importanza sono le premesse storiche che durante il Medioevo si possono riscontrare in varie parti d’Europa, infatti la copertura di un ambiente attraverso l’utilizzo di una volta, seppur di piccole dimensioni, viene sempre considerato dagli architetti medioevali.
Un secondo motivo è quello che indica ai costruttori del X secolo l’opportunità di realizzare l’intera copertura impiegando le volte, per allontanare il pericolo degli incendi, mediante la sostituzione della muratura al legname. La terza ragione riguarda il desiderio di assicurare i migliori effetti acustici al canto corale, funzione di fondamentale importanza specialmente nelle comunità monastiche.
La chiesa romanica costituisce il risultato di un impulso originario in cui l’uomo medioevale vuole raffigurare in un’immagine architettonica la manifestazione tangibile della presenza del divino nella vita quotidiana; l’espressione linguistica di tale richiesta è quella già detta e lungamente maturata nei secoli VII-X, che tende a tradurre la struttura muraria nei valori di massa plastica coerente ed omogenea, determinando il carattere e la qualificazione figurale dell’edificio.

 

 

La chiesa di Sant'Ambrogio a Milano







Sant’Ambrogio milanese (coro 784, absidi 940, atrio 1098), che presenta un corpo a tre navate iniziato nel 1080 ma coperto da volte solo dopo il disastroso terremoto del 1117, qui la partitura della grande navata impiega la tipologia delle chiese di pellegrinaggio a navata cieca, in quanto bloccata dalle collaterali e dalle gallerie sovrapposte, ma nello stesso tempo ne modifica fortemente le proporzioni, rinunciando allo slancio verticale (tipicamente francese), adotta invece una conformazione bassa e larga quasi priva di luce dalle arcate, dalle volte e dai matronei. La forza delle membrature che scandiscono con ritmo largo e grave la grandiosa successione delle campate cupoliformi risalta nella luce radente che penetra dagli arconi della facciata, in contrasto con l’ombra diffusa delle navatelle. La facciata è composta da un loggiato su grandi arcate, corrisponde ad una pianta rettangolare, a tre navate senza transetto.
E’ un’architettura che meglio sintetizza temi che riguardano il mondo paleocristiano e temi provenienti dal nord (in quanto l’Italia era in forte ritardo nella costruzione di edifici a crociera), si tratta poi di un’architettura che elabora e trasmette questi temi alle architetture successive sia in Italia centrale che in quella del sud. L’architettura della chiesa è formata da due elementi essenziali, la chiesa vera e propria e il quadriportico (un elemento che appartiene all’architettura paleocristiana); il razionalismo nella progettazione di questa struttura porta all’uso di un modulo molto significativo, cioè se noi guardiamo la pianta della chiesa notiamo

 

La chiesa di San Michele a Pavia

San Michele a Pavia (1120-1150), che nel corpo delle navate riprende la tipologia ambrosiana, ma ne rifiuta la soluzione a nave cieca, rialzando i muri della navata principale sopra il livello delle gallerie per aprirvi delle finestre. Qui troviamo la presenza del transetto sporgente, l’abside è diverso da quello di Sant’Ambrogio in quanto riprende le architetture del nord, il rapporto tra la dimensione delle navatelle e la navata centrale sono invece temi ripresi dalla basilica milanese, quindi c’è un proporzionamento dello spazio interno ed in più l’uso del pilastro a stella. Ma l’elemento più importante che diventa caratteristico di questa architettura è la facciata, tripartita attraverso la costruzione di due poderosi pilastri, la presenza di un nuovo elemento che diventa quasi costante nelle architetture emiliane e toscane, ovvero le loggette sommitali le quali hanno una lontana origine romana e bizantina (che diventa una reinterpretazione di un tema già visto, ovvero gli archetti pensili).

 

Cattedrale di San Gimignano a Modena






La cattedrale di San Gimignano a Modena eretta tra il 1099 ed il 1110 dal lombardo Lanfranco.
Organismo semplice su pianta rettangolare, tre absidi, senza transetto, articolato su campate doppie di pilastri alternati a colonne, falsi matronei, grande cripta e presbiterio; presenta un nuovo tipo di facciata è un esempio importante per la complessità del suo insieme, ovvero se noi guardiamo la facciata notiamo elementi che abbiamo visto prima, ma notiamo la presenza di due spioventi (rialzato quello centrale), la suddivisione in tre parti e l’uso delle loggette e del protili; elemento completamente nuovo è l’uso del tema della loggetta anche sulle altre fronti della chiesa (come elemento unificatore di tutti i prospetti), inoltre troviamo la forte presenza della cripta. Lo spazio interno ed il verticalismo rimandano alle architetture del nord, il tema della nave cieca di Sant’Ambrogio qui viene risolto con la presenza di un’architettura al di sopra del matroneo.
L’interno è stato gravemente alterato mediante la sostituzione dell’originale copertura ad arconi trasversali e tetto piano con pesanti volte a crociera a sesto acuto costolonate, con l’inclusione di uno pseudo-transetto basso e di un’enorme rosone sulla facciata; l’esterno sviluppa il ritmo agile e slanciato di una serie continua di archi triforati, che unifica fianchi ed absidi dell’edificio.
L’originalità dell’opera di Lanfranco è quella di aver tradotto il linguaggio lombardo (cioè romanico) con una concezione figurativa che non è più romanica, in quanto ha rinunciato alle motivazioni di ordine statico-strutturale e le ha sostituite con una visione rigorosa e cristallina. Lanfranco rinuncia alla copertura a volta, rinunciando così alla poetica romanica della massa-struttura, e vi contrappone una visione ritmica di spazi e superfici, priva di tessitura strutturale e senza primari e diretti riferimenti d’ordine statico e costruttivo.

 

 

La chiesa di San Zeno a Verona




Sempre nell’ambito della cultura lombarda, i monumenti veronesi costruiti in questo periodo manifestano influssi franco-normanni, sono invece modenesi le influenze che incidono nella zona anteriore della grande chiesa benedettina di San Zeno (1120), originando dopo il 1150 la costruzione di due arconi trasversali, che presumibilmente avrebbero dovuto estendersi all’intera navata, ma questa proposta e quella originaria (che prevedeva il completamento naturale della partitura delle semicolonne, mediante una sovrapposta copertura a volta) vennero abbandonate e il vano ricevette una copertura a tetto piano, che si definisce quale corpo estraneo rispetto al resto della struttura.
La facciata è stata il modello a cui si ispirarono tutti gli interventi romanici veronesi. Un unico portale d’accesso è collocato sotto un protiro (una sorta di baldacchino a mensola), quest’ultimo composto da due colonne poggiate su piedistalli che reggono una piccola volta a botte posta sotto due spioventi.
Il corpo longitudinale, privo di transetto, è tripartito da pilastri cruciformi alternati a colonne che conducono all’abside semicircolare prolungata da un vano quadrato.
 

giovedì 27 febbraio 2014

Architettura Protoromanica

Nella contea di Barcellona

Un diverso atteggiamento assumono gli architetti della contea di Barcellona, nella quale si realizzano edifici che apparirebbero con tendenze opposte a quelle della Germania perché gli interessi degli architetti della contea di Barcellona sono rivolti verso problemi strutturali, infatti realizzano tutta una serie di architetture che si contraddistinguono per le coperture a volte e anche per congegni strutturali molto complessi. Questo modo di procedere è dato dalle tradizioni locali di cui già la realtà carolingia aveva dato prova in numerosi esempi, ma anche il contributo notevole alla continuità di questa tradizione era stata data dalle maestranze lombarde, ovvero delle maestranze itineranti che dell’Italia settentrionale si erano spostate verso la Provenza, la Lingua d’Oca e poi a Barcellona. La presenza di queste maestranze lombarde in Catalogna fu favorita da circostanze storiche poiché i conti di Barcellona, in particolare il conte Oliba, il quale era molto legato al papato e durante i suoi viaggi passa anche per l’Italia settentrionale, rimane fortemente colpito dalle architetture complesse che qui venivano realizzate e soprattutto delle decorazioni ad arcatelle cieche poggianti su lesene, decide quindi di portare queste maestranze con se a Barcellona, ai quali affida la costruzione di nuove chiese oppure di ristrutturazione di chiese antiche, che vengono riadattate con modi compositivi lombardi, che possiamo individuare soprattutto nel sistema di coperture a volte a botte.

Queste volte a botte ricoprono per interno le navate (dall’ingresso all’altare) e per la loro lunghezza vengono chiamate volte a tunnel, sono generalmente rinforzate lungo il loro percorso da archi trasversali che rinforzano la struttura stessa. Il figlio del conte, che si chiama anch’esso Oliba, è più responsabile dello sviluppo dell’architettura catalana; fu un vescovo di vastissima cultura ed è legato con importanti personaggi; effettua anche lui dei viaggi e al suo ritorno da Roma è ospite del futuro vescovo di Milano ed ha la possibilità di osservare ancora meglio queste maestranze, di cui rimane affascinato e procede al reclutamento di uomini.

Si tratta di strutture del tutto simile a quelle in Italia settentrionale, molto articolate dal punto di vista strutturale e con la tipica decorazione ad archetti pensili, anche l’interno si nota come sia stata aggiunta la cripta (che naturalmente alza il pavimento del presbiterio).

Basilica di San Michele di Cuixa
I principali esempi che caratterizzano questa architettura le ritroviamo nelle abbazie dove Oliba fu presente prima come abate e poi come vescovo e sono le chiese di San Miguel de Cuixa (una chiesa dove trascorse i primi anni del noviziato), questa utilizza le strutture di una chiesa più antica di alcuni benedettini (che erano fuggiti in quanto la loro chiesa era stata inondata), in seguito al forte richiamo dei fedeli si necessità di un ampliamento, sempre ad opera dei conti di Barcellona, i quali costruiscono una chiesa nuova che viene consegnata nel 974. La chiesa della fine del X secolo si presenta con un impianto molto singolare che associa elementi della tradizione più visigota, insieme ad elementi della tradizione cluniacense (dovuta alla presenza di monaci, come il monaco Guarino), insieme a degli elementi nuovi come la presenta delle cappelle orientate, che si aprono sui bracci del transetto.

Quindi in questo momento, ancora prima dell’arrivo di Oliba, la chiesa presenta un impianto a tre navate, con una navata centrale che si prolunga anche nella zona presbiterale (separate da una serie di pilastri rettangolari, molto diffusi nella Spagna islamico, legate da arcate che hanno un profilo a ferro di cavallo, come tipico nell’architettura islamica). Questo corpo basilicale è unito al presbiterio da un transetto molto allungato e stretto, sul quale si aprono due cappelle orientali per ogni lato, questo è un elemento estraneo alla tradizione iberica ed era invece abituale nel mondo europeo poiché sono i cluniacensi che elaborano questo partito. Una delle due cappelle è stata chiusa perché nel XII secolo sono stati aggiunti due campanili (uno dei quali nel frattempo e crollato).

Gli interventi di Oliba, che vengono effettuati nel periodo in cui è vescovo, riutilizzano l’antica struttura e ne modificano sostanzialmente la parte presbiterale, in quanto riempie lo spazio che intercorreva tra le due absidi ed il presbiterio centrale con un corridoio che avvolge l’antico presbiterio, sul quale apre delle cappelle semicircolari, secondo un partito che era apparso in epoca carolingia. Questo corpo di fabbrica è molto particolare perché segna un momento di passaggio continuo ed è collegato anche con il transetto mediante porte che hanno anch’esse un profilo a ferro di cavallo; quindi le parti di Oliba non si limitano a questa zona, ma aggiungono anche nella parte occidentale tutto un corpo di fabbrica, articolato su più piani.

Gli elementi lombardi sono chiaramente individuabili nella presenza di archetti con le lesene e soprattutto nella disposizione delle finestre (che dal basso verso l’alto diventano sempre più aperte).

Quindi nella parte occidentale aggiunge un nuovo settore che si sviluppa su due piani, uno al livello della chiesa antica e l’altro più in basso, sfruttando la pendenza del terreno, la parte sottostante è una specie di cripta, formata da due navate che immettono in due corridoi (che sono due cappelle), tra le quali si trova una zona centrale, formata da una cripta, coperta da una volta a botte anulare (che si appoggia sui muri perimetrali e su un pilastro centrale, anche questa soluzione non è nuova ma proviene dal mondo carolingio); la cripta ha lo stesso orientamento nella chiesa.

  Al piano superiore costruisce sempre un’altra cappella che si sovrappone a quella sottostante (dedicata alla trinità), fiancheggiata sempre da corridoi-cappelle, riunendo la parte preesistente con un atrio interno; all’atrio si arriva direttamente attraverso le scalette laterali (come avveniva nelle chiese paleocristiane dell’area adriatica), mentre dalla cappella superiore di arrivava attraverso altre scale poste sulla facciata.

Monastero di Santa Maria di Ripoll
L’altra chiesa, dove troviamo Oliba come abate, è la chiesa di Ripoll, anche questa è il risultato di una serie di modifiche che sono state fatte nel tempo (almeno 5 o 6) e prima che Oliba arrivasse ne aveva già subite tre, infatti le origine della chiesa sono molto più antiche. La fama di questa abbazia era legata alla presenza di uno scriptorium, nel quale i monaci copiavano i testi antichi miniandoli; dal nostro punto di vista ciò che è importante è che erano mozarabici (ovvero venivano dalla Spagna islamizzata), quindi nel disegnare queste miniature ripropongono una serie di elementi decorativi tipici della tradizione islamica.

La chiesa viene notevolmente trasformata quando Oliba diventa abate, prima che arrivasse la chiesa era limitata soltanto alla parte basilicale, con una struttura a cinque navate che evoca intenzionalmente San Pietro; questa chiesa terminava con cinque absidi e non esisteva il transetto. La navata centrale era limitata con una fila di pilastri, mentre le parti laterali erano suddivise da un’alternanza di pilastri e colonne, probabilmente di derivazione sassone.

Quando diventa abate, ormai l’abbazia è diventata celeberrima quindi decide di ampliarla, abbatte le cinque absidi che terminavano l’antica chiesa e su quest’area costruisce un transetto continuo come quello di San Pietro, mentre il muro di chiusura viene contornato da sette absidi, mentre tutto il transetto è coperto da volte a botte continue (rinforzate da archi trasversali, seguendo il modo di procedere dell’architettura lombarda), mentre l’altro settore della chiesa continua ad essere coperto da volte a capriate; questa differenza delle coperture rientra in quella mentalità di dinamismo che abbiamo accennato.

Altri elementi aggiunti da Oliba sono la presenza portico con due torri laterali ed ancora la decorazione ad archetti pensili che manifestano la presenza di maestranze lombarde.

La chiesa venne in seguito quasi completamente distrutta da un incendio, durante la ricostruzione si presero elementi provenienti da altre chiese, commettendo una sorta di falso.

Monastero di San Martino de Canigo
Questa chiesa è l’espressione più tangibile della presenza lombarda in terra catalana, poiché è una struttura in cui le maestranze sono state presenti in maniera molto numerosa; dall’esterno l’elemento che preannuncia questa presenza è il campanile, ma all’interno i sistemi di copertura sono quelli elaborati dai magistri lombardi. Il complesso è formata da due chiese sovrapposte, una più bassa chiamata cripta (che è separata da un altro settore, il cui tetto serve da sagrato alla chiesa superiore), quindi la chiesa sottostante è più lunga di quella superiore.

La struttura è molto complessa perché le tre navate sono coperte con volte a botte molto allungate, sostenute da archi trasversali appositamente introdotti; nella parte presbiteriale invece si trovano delle volte a crociere e tre absidi. Tutta questa struttura costituisce la fondazione della chiesa superiore, che però presenta una non coincidenza delle absidi con quelle sottostanti (le absidi della chiesa superiore sono più arretrate); anche questa chiesa superiore è coperta da volte a botte a tunnel (sostenute da colonne al centro e da muri all’esterno).

In Italia

La basilica di Sant'Ambrogio è una delle più antiche chiese di Milano. Edificata tra il 379 e il 386 per volere del vescovo di Milano Ambrogio Nel IX secolo, subì importanti ristrutturazioni volute dal vescovo Angilberto II (824-860), il quale fece aggiungere la grande abside, preceduta da un ambiente sovrastato da volta a botte, sotto il quale si svolgevano le funzioni liturgiche.

  Al ciborio, di epoca ottoniana, vennero aggiunti quattro fastigi con timpano, decorati con stucchi nel X secolo ed ancora eccellentemente conservati. Sotto il ciborio venne collocato l'Altare di Sant'Ambrogio, capolavoro dell'oreficeria carolingia La basilica ha preso il definitivo aspetto tra il 1088 e il 1099, quando, sulla spinta del vescovo Anselmo, venne radicalmente ricostruita secondo schemi dell'architettura romanica. Venne mantenuto l'impianto a tre navate (senza transetto) e tre absidi corrispondenti, oltre al quadriportico, anche se ormai non serviva più a ospitare i catecumeni, ma come luogo di riunione. Rispetto alla chiesa originale, la nuova eredita scrupolosamente la pianta: tre navate absidate con quadriportico antistante. La pianta interna della basilica è longitudinale e (se si escludono le absidi) ha le stesse dimensioni del portico antistante. La facciata (detta "a capanna") è larga e bassa, tipica anche dei casali di campagna: la sua forma esprime l'attaccamento alla terra che tanta parte ha nella concezione che sta alla base della progettazione della chiesa. Presenta due logge sovrapposte. Quella inferiore ha tre arcate uguali e si ricongiunge con il perimetro interno del portico, mentre quella superiore ha cinque arcate che scalano in altezza assecondando il profilo degli spioventi. Presenta anche degli archetti pensili, cioè file di piccoli archi a tutto sesto che "ricamano" la cornice marcapiano e gli spioventi. Le volte delle navate laterali, con campate di dimensioni pari alla metà del lato di una campata nella navata centrale, poggiano su pilastri minori e reggono i matronei. Questi ultimi occupano tutto lo spazio eventualmente disponibile per il cleristorio .

La basilica e il battistero di Agliate

Costituiscono uno dei più interessanti esempi di architettura romanica in Brianza, riconducibile ai secoli IX-X. Oggi la basilica si presenta con una facciata a salienti interrotti che rivela la tripartizione interna della chiesa. L’interno presenta uno schema a tre navate absidate, senza transetto né tiburio; le navate, coperte da legno a vista, sono separate da due file di sette colonne piuttosto basse; alcuni capitelli sono costruiti con materiale di reimpiego. Sotto il presbiterio e l’abside centrale si trova la cripta a tre navate e quattro campate, del tipo cosiddetto "ad oratorio" che si diffuse in tutta la val Padana tra il X e l’inizio del XI secolo. La chiesa doveva essere interamente affrescata; il restauro del 1985-86 ha tentato di recuperare l’aspetto originale degli affreschi rimasti, che erano stati ridipinti durante il restauro di fine 800. Accanto alla chiesa si trovano il battistero e un edificio medievale con i muri rinforzati a barbacane. Il battistero presenta la soluzione, unica nel suo genere, della pianta a nove lati due dei quali compresi nell’abside. Il materiale costruttivo è simile a quello della basilica, con alternanza di tratti a spina di pesce e di grossi conci. La superficie è coronata da una serie di fornici collocati in maniera disordinata. Sotto i fornici corre una decorazione di archi ciechi che poggiano su peducci a goccia. La parte sottostante, priva di lesene, ospita grandi finestre strombate. All’interno non compaiono, secondo un modello diffuso ad Arsago Seprio e Galliano, logge o matronei. La cupola è ad otto spicchi. La datazione del battistero va collocata in un'epoca di poco successiva alla costruzione della chiesa, all’inizio dell’XI secolo.

In Francia

Abbazia aux Hommes 1068-1081
Pianta: un solo tipo di piedritti (pilastri con semicolonne addossate), tre navate con terminazione absidale e transetto poco sporgente.

Coperture: lignee per la navata centrale, a crociera per quelle laterali. Successivamente anche la navata centrale è stata coperta con volte a crociera. All’innesto del transetto è presente una torre lanterna.

Facciata: è detta “armonica” ed è tipica Normanna, con le due alte torri laterali, che occupando lo spazio delle navate secondarie, rendono leggibile dall’esterno la partizione interna. E’ presente il sistema tipico pilastro-matroneo-finestre.

Verso il 1063, il duca Guglielmo il Conquistatore e la duchessa Matilde fondarono le abbazie aux Hommes e aux Dames in quanto atto espiatorio del loro matrimonio consanguineo .Lo schema d’alzato segue l’andamento a tre livelli che diventerà la scelta tradizionale normanna in epoca romanica, pur aggiungendo tre innovazioni di maggiore interesse : l’ampiezza delle gallerie superiori prospicienti la navata attraverso un grande arco unico (impianto ricorrente nella cattedrale di Norwich) ; nella navata, a gruppi di due campate, l’alternare di pilastri forti a pilastri deboli, quelli forti essendo adibiti a sostenere degli archi diaframma e i muri tagliafuoco, i quali sono andati dispersi insieme alla copertura a capriate lignee originale ; infine, la via di camminamento del terzo livello .La struttura stessa della navata con ampi vani vuoti alternanti con pilastri costituisce una sistemazione che avrebbe portato in maniera del tutto naturale alla crociera ogivale. Verso il 1115, delle volte con sei spicchi sostituirono il soffitto ligneo, il che provocò un mutamento del piano superiore : le aperture verso la navata vennero modificate (invece di quattro arcate grandi per ogni due campate, la combinazione di un’arcata grande con una piccola); di conseguenza, una colonnina venne aggiunta in cima ai pilastrini dei pilastri forti per sostenere la spinta degli archi. In facciata viene a combinare un sostegno massiccio quadrato con tre file di aperture, irrigidito da quattro robusti contrafforti, con le due torri, il cui sapiente progredire delle arcature e delle aperture alleggerisce la massa nello slanciato verticalismo. È senza dubbio una reinterpretazione dei massicci occidentali di tradizione carolingia e ottoniana, ma è anche il primo esempio della facciata armonica normanna, la cui modulistica verrà diffusa fin dal secolo successivo nelle grandi cattedrali.
 

martedì 25 febbraio 2014

Architettura Ottoniana

Questo nuovo quadro ha posto in luce l’architettura promossa dalla dinastia Sannone, insieme a quella Catalana e poi in seguito quella dei Capetingi (in un periodo successivo).

l’impero di Germania diventa protagonista a partire dagli inizi del X secolo, quando è ancora una sorta di ducato, con Enrico detto l’Uccellatore (duca di Sassonia), il quale emerge ma senza ancora avere un ruolo primario rispetto agli altri feudatari. Gradualmente Enrico raccoglie intorno a se una serie di forze che gli permettono di esercitare un controllo più diretto sui suoi territori e anche di ottenere il riconoscimento di altri feudatari che governavano i territori limitrofi; questi riconoscimenti gli permettono di essere eletto re nel 919 (che viene considerata la data di fondazione del regno).

Enrico ben presto manifesta le sue doti espandendo il suo territorio a tutto il resto dell’antico territorio germanico che faceva parte dell’antico regno capetingio, inoltre muove guerra contro le popolazioni dell’oriente europeo, che erano le popolazioni che minacciavano il nascente impero. Queste campagne (a partire dal 924) portano ad aggiungere vasti territori ad oriente che determinano uno stato molto esteso e potente, la conquista fu rapida ma molto difficile i quanto erano popolazioni molto forti dal punto di vista militare; inoltre le popolazioni annesse non venivano considerate facenti parte del nuovo stato e questo rendeva estremamente difficile il processo di integrazione.

Dopo aver conquistato questi territori, pochi anni dopo muore ed il figlio Ottone I gli succede con il titolo di imperatore (dal papa); il figlio continua l’opera del padre cercando una sorta di stabilizzazione di tutto l’impero con opportuni interventi, che in sintesi possiamo considerare come la concessione di alcune autonomie a determinati feudatari e la politica di alleanza con la chiesa di Roma.

Questa situazione di continue guerre non favorisce l’attività edilizia, anche se, terminate le lotte contro i popoli orientali, si riattivano i commerci e la sicurezza garantita dalla fine della guerra, portata da Ottone I, porta ad un incremento degli scambi e di attività edilizia, inoltre delega il controllo ad ecclesiastici importanti che si distinguevano per la loro cultura (Ottone è colui che riprende l’abitudine dei vescovi-conti).

Questa situazione di controllo sulla chiesa esercitata da Ottone si ripercuote anche sul controllo delle elezioni vescovili e di conseguenza del papa (che spesso provenivano dalla Germania). Quindi si inaugura una nuova fase nella politica europea caratterizzata da una sorta di controllo delle autorità imperiali (da qui iniziano le lotto tra impero e papato nell’elezione dei vescovi).

Ottone I possiamo consideralo come l’imperatore che consolida in maniera definitiva questo vasto impero; il figlio, Ottone II, da un’impronta più culturale alla vita dell’impero in quanto ebbe come moglie la principessa Teofane (vissuta alla corte di Costantinopoli ed imparentata con l’imperatore d’oriente, che procura all’impero l’annessione dell’Italia meridionale). Questo matrimonio modifica sostanzialmente gli orientamenti culturali della Sassonia, introducendo una cultura classica (mediata dall’ambiente bizantino) che si evidenzia anche in architettura (molte delle chiese costruite in questo periodo presentano influenze orientali).

La morte improvvisa di Ottone II crea un momento di incertezza nell’impero, tuttavia l’azione saggia della moglie Teofane e dei vescovi-conti, riesce a tenere salda la compattezza dello stato, in attesa che Ottone III raggiungesse la maggiore età.

Ottone III si distinse per la sua vasta cultura, essendo stato educato dalla madre e da due importanti prelati Bernoardo di Hildesheim e Gerberto d’Aurillac, il secondo prese anche il nome di Silvestro II, in modo da ricordare quell’accoppiamento tra Costantino e Silvestro I (il rimando all’età di Costantino è sempre presente, poiché gli Ottoni, come i Carolingi, sono persuasi da questo desiderio di rinnovare l’impero dei cesari, in maniera molto più evidente dei carolingi, perché gli Ottoni intendevano unificare anche la chiesa oltre che i territori d’oriente e d’occidente, cosa che volevano anche i carolingi).

Questo è il contesto di questo momento storico, che presenta diverse analogie con il periodo carolingio, prima fra tutte l’ideologia politica; entrambe infatti sono due culture che si basano moltissimo sulla tradizione antica, anche in architettura, non solo legati all’epoca di Costantino ma anche alla Roma imperiale e a tutti quegli elementi che potevano ricordarli, per esempio attraverso l’uso di materiali di spoglio (che venivano trovati in situ oppure direttamente portati da Roma).

La morte improvvisa di Ottone III pone fine a questo impero, che lascia tracce indelebili nella storia dell’architettura.

L’impero finisce di esistere nel 1024 perché Enrico II ascende al potere, anche questo breve periodo è molto ricco di esperienze architettoniche ed è considerato come un momento di coronamento di esperienza lasciate incomplete dal predecessore. In realtà dopo il 1024 non esistono più eredi del casato e alla dinastia succedono altre dinastie, con le quali si fa iniziare l’architettura romanica tedesca, che in realtà non ha molte differenze con le esperienze ottoniane, infatti sembra che il romanico tedesco continui quei partiti architettonici che erano stati elaborati in epoca ottoniana, senza apportargli sostanziali modifiche (sono invece la Francia e la Spagna a contribuire in maniera fondamentale a questo movimento).

San Ciriaco di Gernrode
Iniziamo ad analizzare quelle architetture che si trovano tra il periodo proto-romanico ed il romanico vero e proprio, in particolare iniziamo dall’impero di Germania.

L’edificio più rappresentativo costruito nella prima fase dell’architettura ottoniana è San Ciro di Gernrode, che viene costruita durante il regno di Ottone II ed sottoposta già sin dal momento della sua ristrutturazione sotto il controllo della principessa Teofane (per questo una abbazia molto famosa e anche ricchissima, le varie mogli portavano che se delle doti). Tutte queste attenzioni pongono l’edificio in una posizione di riferimento ma anche la pongono in una situazione di singolarità, in quanto è l’edificio che risente maggiormente di queste influenza orientale che Teofane introduce. Bisogna precisare che la cultura orientale, per quanto la regina si sforzasse di diffondere, non era ben accetta poiché il mondo culturale tedesco era molto chiuso e legato alle tradizioni locali (in genere in ambito architettonico si preferisce utilizzare partiti architettonici di altre culture piuttosto che soluzioni architettoniche vere e proprie, come dall’architettura lombarda prendono gli archetti pensili, si tratta comunque di elementi che non mutano la struttura e le forme generali dell’architettura tedesca). Anche qui troviamo la ripresa di motivi orientali permeati nella cultura locale; questa presenza orientale la troviamo soprattutto nell’uso dei matronei (che appaiono per la prima ed unica volta nelle chiese ottoniane), inoltre la chiesa si distingue per un ordine architettonico molto particolare, il quale però viene assoggettato nelle sue configurazione alle regole dell’architettura ottoniana, molto diversa da quella orientale (nel mondo orientale l’architettura aveva assunto una fisionomia diversa da quella orientale, che invece era rivolta ad esaltare i valori di massa); quindi questi matronei appaiono con una chiarezza strutturale ben lontana dagli esempi delle chiese orientali.

L’edificio è caratterizzato da strutture realizzate in epoche diverse, esistono strutture costruite in un periodo successivo a quello di fondazione (che avviene nel 961), esistono parti risalenti al XII secolo (che trasformano la chiesa in una chiesa a doppio coro, seguendo una prassi che troveremo molto spesso nel romanico tedesco), questa seconda modifica nasce dalla volontà di creare due poli (così come l’architettura carolingi aveva preannunciato in alcune strutture, in particolare a Fulda). In seguito si assistette ad altre aggiunte, con anche annessi laterali, che hanno modificato in maniera sostanziale l’aspetto volumetrico iniziale della costruzione, poiché l’ampliamento in orizzontale ha tolto quella enfasi di sviluppo verticale, che l’architettura carolingia voleva ottenere; questa parte aggiunta è facilmente percepibile dall’apparecchio murario (in quanto è formata da pietre molto regolari ed isodrome).

Elemento caratteristico della struttura originale di epoca ottoniana è la presenza del transetto continuo, il quale deriva dal mondo romano, ma che subisce delle modifiche durante una ristrutturazione successiva, infatti mentre precedentemente la struttura era libera, quando viene successivamente costruito un nuovo settore, per recuperare spazio, viene realizzata una nuova struttura che potesse ospitare il re o la stessa principessa durante le funzioni religiose. Quindi inizialmente la struttura era formata da un transetto continuo su modulo romano, però orientato ad est (come era stato a Saint-Denis) poiché con tutta probabilità la struttura preesistente condiziona l’andamento obliquo del transetto stesso (probabilmente si usarono le fondazioni di un’antica struttura).

La chiesa è dotata anche di una cripta coperta dal pavimento del presbiterio, accessibile da delle scale, si tratta di una cripta a sala.

Rispetto all’uso del transetto continuo che abbiamo visto in altre aree, ancora prima che il transetto assumesse questa forma definitiva nel XII secolo, viene assunto come parametro di partenza del progetto il quadrato formato dall’incrocio della navata e del transetto. Questo elemento diventa il punto di partenza per determinare la lunghezza del corpo basilicale, si passa quindi ad un nuovo modo di procedere che tiene conto di parametri di riferimento, che sottendono delle proporzioni precedentemente stabilite; cioè da questo momento il vano d’incrocio costituisce l’elemento di base per la determinazione del corpo di base (bastava ripetere questa forma geometrica) e tutto l’impianto risulta essere la forma di forme geometriche che possono essere ripetute più volte.

Questo modo di procedere introduce un senso di ritmo all’interno della navata e lo fa in una maniera ritmata, in quanto le pareti della navata principale perdono quell’ordinamento semplice, tipico della basilica cristiana, arricchendosi di una serie di partiti architettonici, disposti a fasce orizzontali che tendono ad arricchire il senso di dinamismo all’interno della navata; elementi che attirano fortemente l’attenzione del visitatore.

Il visitatore entrando si trova nella prima campata e già subito viene colpito dalla differenza dei sostegni (cioè ad un pilastro si alterna una colonna) e questa alternanza introduce dinamismo all’interno dell’edificio. Questa variazione si percepisce anche ai piani superiori nelle varie gallerie, nel primo si assiste all’utilizzo non di una ma di tre arcate, le quali a loro volta sono divise in due parti; al di sopra si trovano delle finestre, quello che stupisce è che queste finestre non sono in asse ne con le arcate sottostanti ne con quelle del primo piano. Emergi qui uno dei caratteri principali dell’architettura ottoniana, ovvero quello di sostituire alla parete semplice della basilica paleocristiana della partiture decorative orizzontali, ciascuna delle quali autonoma rispetto all’altra.

Questo ordinamento verrà superato dall’architettura romanica perché nell’architettura romanica ed in particolare in Germania si creeranno delle partiture di grandi arcate che dal pavimento si innalzano comprendendo i due piani superiori. Questa soluzione di trasformare una serie di elementi orizzontali in un coordinamento di elementi verticali si verifica in maniera coerente in Germania nel duomo di Spira (luogo che viene indicato come origine del romanico).

Altro aspetto peculiare della chiesa è quella di essere caratterizzata da una aggregazione di vari volumi, i quali che sono tra di loro indipendenti e trovano però un elemento di integrazione nelle grandi arcate che si trovano in tutta la chiesa.

Tutti questi elementi sottolineati sono quelli tesi ad attaccare l’antico ed anticipano con tutta chiarezza (pur non essendo coperte da volte) l’architettura romanica, infatti l’architettura romanica rispetto a questa sede non farà altro che coprire ciascuna forma geometrica, assunta come modulo di base, con una volta (tutte le chiese ottoniane le coperture sono a capriate, pur conoscendo la tecnica della volta, la ragione è sempre il ritorno all’età costantiniana).

Gli unici elementi che cambiano sono quelli legati all’ordinamento dell’edificio basilicale, che è impostato su sistemi proporzionali e su una regola d’ordine, un ordine che si riflette anche nell’alzato, il quale, pur ricordando alcune chiese bizantine per la presenza delle tribune, si differenzia per questo senso di ordine percepibile in tutta la chiesa (infatti in esempi bizantini non si ha mai questa chiarezza d’impianto, in quanto sono spesso utilizzate colone antiche che presentano diverse altezza, qui invece le colonne sono tutte identiche e contribuiscono a dare un senso di ordine, anticipando certe soluzioni successive).

Altro elemento che colpisce ancora di più è che questo senso di ordine da complessivamente l’idea di un volume molto chiaro e definito.

San Michele di Hildesheim
Nella stessa Sassonia si costruisce un edificio che è più significativo dal punto di vista delle soluzioni adottate ma manifesta anche una varietà di soluzioni all’interno di questa architettura ottoniana, una varietà che non riesce a compromette la sintassi costruttiva generale, ma è una varietà che tende ad arricchire i partiti di partenza con altre soluzioni.

La chiesa di San Michele venne fatta costruire dal vescovo Bernoardo (precettore di Ottone III), riprende temi già noti nel mondo carolingio e li sottopone ad un processo di modifica, il suo impianto si ricollega alla struttura bipolare che abbiamo visto nel mondo carolingio (ovvero quella struttura architettonica che imposta la sua fondamentale importanza sulla corrispondenza di parti uguali poste alle estremità dell’edificio). Si tratta di due corpi di fabbrica (così come abbiamo visto a Centula) uniti da un corpo basilicale che è formato da tre vani uguali a quello formato all’incrocio tra la navata ed il transetto, in una maniera più organica di quello che abbiamo visto a Gernrode (dove l’incrocio non era perfettamente geometrico a causa delle preesistenze). Viene quindi riproposto questo senso di ordine, che questa volta viene ancora di più ritmato perché mentre nel primo esempio tra i due pilastri è interposta una colonna, in questo caso sono interposte due colonne; nel primo caso l’alternanza (pilastro-colonna-pilastro) si chiama alternanza renaria, mentre questa si chiama alternanza sassone; sono tutti elementi che contribuiscono a rendere il percorso movimentato e ritmato.

La presenza del Westwerk che abbiamo visto a Centula, qui non è riproposta, poiché il corpo occidentale non ha la funzione di vero e proprio westwerk perché essendo formato da due parti che si corrispondono identiche l’ingresso avviene lateralmente, questo ingresso laterale e non più lungo l’asse di simmetria e apporta un’ulteriore modifica nella concezione dello spazio interno, infatti quando si entrava da occidente il visitatore sommava i quadrati e poi giungeva all’altare, in questo caso entrando da uno dei due lati non è subito attirato dall’altare, ma è colpito da un ventaglio di prospettive che si presentano ai suoi occhi, poiché quando entra vede questo intrigo di sostegni e vede in lontananza anche ambienti diversi rispetto all’ingresso.

Quindi la visione dinamica in direzione dell’altare si accresce ancora di più perché lo sguardo è catturato da elementi specifici che lo portano a conoscere queste parti prima di arrivare all’altare, quindi come abbiamo detto è lo spazio d’esperienza che comincia ad affermarsi con sempre più evidenza ed alla ricchezza di elementi architettonici si associano anche elementi decorativi, soprattutto le dimensioni degli ambienti laterali (che in questo caso fungono anche da portici d’ingresso) si dilatano, perché in questo caso le navate laterali sono tre quarti quella centrale (questa grande profondità è un elemento di ritorno alle grandi basiliche paleocristiane e ai grandi edifici termali così come abbiamo visto in altri esempi).

La mancanza di un westwerk avrebbe in qualche modo negato l’importanza dell’edificio per questo si rimedia a questa mancanza disponendo nei transetti delle gallerie che fungono a westwerk.

Elemento d’interesse è anche la presenza della cripta, la quale presenta un deambulatorio, anticipando quelle soluzione delle chiese di pellegrinaggio che diventeranno diffuse in epoca romanica; ma la vera caratteristica è che il muro esterno è sovrapposto a quello più interno ed è più elevato, per rendere il passaggio fra i piani più armonico possibile, troviamo quindi un nuovo elemento ovvero quello di tener conto del dosaggio di proporzioni nella disposizione di volumi esterni (elemento che caratterizzerà fortemente l’architettura romanica tedesca, cioè il romanico tedesco non ha particolari originalità rispetto ad altri impianti ma sicuramente si distingue per questa attenzione rivolta alla distribuzione delle masse, continuando la tradizione ottoniana, il romanico tedesco cattedrali come Worms, Magonza o la stessa Spira si distinguono per il fatto che riprendono il tema equipolare, quindi arricchendo le composizioni agli estremi con un insieme di aggiunte di torri, oppure realizzano chiese in cui soltanto la parte occidentale è prevalente rispetto a quella orientale, allo stesso modo che in epoca carolingia però arricchendosi di forme diverse e variegate).

All’interno si nota come mancano le tribune e quindi si trovano le arcate al piano terra e la fila di finestre al piano superiore, la fascia intermedia manca, però si continua a mantenere le indipendenze tra i vari piani (infatti le arcate delle finestre non sono in asse con le arcate sottostanti); si riscontra anche la volontà di ottenere dei volumi perfettamente definiti poiché la superficie liscia delle pareti accentua questo significato.

Chiesa di San Pantaleone a Colonia
Ultimo elemento di questa architettura è quello rappresentato dalle modifiche che l’architettura ottoniana porta al westwerk carolingio ed in particolare nella chiesa di San Pantaleone a Colonia troviamo un esempio ancora ben conservato che ci mostra questa modifica che il westwerk carolingio ha subito nel processo di trasformazione operato dagli architetti ottoniani. Quando abbiamo visto il Westwerk di Corvey sulla Weser abbiamo visto come la struttura fosse compatta, formata da un piano inferiore (la cripta) ed un piano superiore, mentre all’esterno si configurava come un insieme compatto fino ad una certa altezza, da cui emergono le tre torri. Questi elementi non lasciano intravedere la funzione che ogni volume assolve, in San Pantaleone si opera una sorta di modifica alla struttura massiccia evidenziando con molta chiarezza i volumi che costituiscono questo corpo occidentale (quindi mentre nel westwerk di Corvey questa parte era tutta compatta, qui invece i volumi sono distinti già a partire dalla base e abbiamo l’assoluta certezza della loro funzione), nello stesso tempo sono elementi volumetrici che concorrono (insieme a tutti gli altri volumi) a definire la composizione delle masse alle estremità dell’edificio. Quindi forma e funzione sono in questo caso molto chiari, diversamente da quanto avveniva in precedenza, questo è un dato che l’architettura romanica mostrerà chiaramente che si chiama “leggibilità delle parti” perché quando si osserva una chiesa dall’esterno l’ordinamento della facciata ci fa vedere la divisione interna che regola lo spazio della chiesa interna.

In altri termini il westwerk carolingio nell’architettura ottoniana viene semplificato attraverso questa disposizione di volumi e questa semplificazione non avviene solo all’esterno ma anche all’interno, perché in questo caso viene eliminata la cripta al piano terra (con l’intrigo di sostegni) ed in questo caso si tratta di un ambiente molto libero, in quanto la tribuna e direttamente a contatto con la chiesa, cioè un’ulteriore divisione che nel westwerk carolingio era posto a questo piano (cioè nel westwerk carolingio c’è un primo schermo di arcate e un secondo più avanzato, questo secondo viene eliminato in modo da consentire la visione dello svolgimento nella messa nella parte bassa). Quindi tutto l’insieme viene semplificato tanto all’interno che all’esterno, con una volontà precisa di creare una struttura più funzionale e direttamente percepibile nella forma e nelle parti costruttive.

In generale si prende come riferimento l’architettura carolingia, la si sottopone ad un processo di elaborazione che tende ad ordinare le parti dell’edificio in modo tale che ciascun edificio mantenga la sua autonomia e che nello stesso tempo sia legato agli altri. Si precisano in questa architettura questi interessi per i sistemi proporzionali e geometrici, che abbiamo già visto nell’architettura carolingia, motivi che vengono assunti come base di partenza del progetto (il principale che viene usato è l’incrocio tra il transetto e la navata, che viene ripetuto più volte per determinare la lunghezza della navata), rafforzando il senso ritmico, che trova conforto nell’alternanza dei sostegni e nella leggibilità delle parti che denotano una coincidenza tra forma e funzione; questi sono gli elementi che l’architettura ottoniana elabora e trasmette all’architettura romanica.

La mancanza di coperture a volte, che sembrerebbero strane in questo momento storico, viene giustificata in base alla carica ideologica che è alla base di questa architettura, cioè il ritorno all’architettura costantiniana che vede costruzione con tetto piano.

La chiesa della Trinità di Essen
La chiesa della Trinità di Essen presenta una maggiore varietà di soluzioni rispetto alle basiliche dello stesso tipo edificate nella Bassa Lorena. L’abbazia fondata in epoca carolingia, viene ricostruita in gran parte negli anni 946- 971; la torre ottagonale sul coro occidentale viene innalzata negli anni 1039-151.

La prima navata centrale, articolata in colonne e pilastri alternati si compone di tre campate doppie ed è separata dai due cori mediante l’interposizione di due transetti a bracci bassi. Il transetto orientale è molto vasto, ma più stretto e meno alto della navata maggiore; quello occidentale, leggermente più alto delle navatelle, appare più largo di ciascuna campata: la mancanza di rapporti proporzionali tra le varie parti dell’edificio sembra essere stata provocata dalla necessità di dover utilizzare le fabbriche preesistenti. Ad Essen la torre ottagonale che si staglia dal coro occidentale supera per importanza storica e per bellezza intrinseca tutte le costruzioni ottoniane che imitano la Cappella Palatina ad Aquisgrana. La disposizione dei piani vista dall’attuale navata gotica ricorda decisamente la Cappella Imperiale: la volta a bacino dell’abside del coro conclude i due piani sottostanti costituiti da arcate triple sormontate da un alto cleristorio. Passaggi traforano i muri e nicchie sono scavate nell’omogenea compattezza delle pareti.