giovedì 27 febbraio 2014

Architettura Protoromanica

Nella contea di Barcellona

Un diverso atteggiamento assumono gli architetti della contea di Barcellona, nella quale si realizzano edifici che apparirebbero con tendenze opposte a quelle della Germania perché gli interessi degli architetti della contea di Barcellona sono rivolti verso problemi strutturali, infatti realizzano tutta una serie di architetture che si contraddistinguono per le coperture a volte e anche per congegni strutturali molto complessi. Questo modo di procedere è dato dalle tradizioni locali di cui già la realtà carolingia aveva dato prova in numerosi esempi, ma anche il contributo notevole alla continuità di questa tradizione era stata data dalle maestranze lombarde, ovvero delle maestranze itineranti che dell’Italia settentrionale si erano spostate verso la Provenza, la Lingua d’Oca e poi a Barcellona. La presenza di queste maestranze lombarde in Catalogna fu favorita da circostanze storiche poiché i conti di Barcellona, in particolare il conte Oliba, il quale era molto legato al papato e durante i suoi viaggi passa anche per l’Italia settentrionale, rimane fortemente colpito dalle architetture complesse che qui venivano realizzate e soprattutto delle decorazioni ad arcatelle cieche poggianti su lesene, decide quindi di portare queste maestranze con se a Barcellona, ai quali affida la costruzione di nuove chiese oppure di ristrutturazione di chiese antiche, che vengono riadattate con modi compositivi lombardi, che possiamo individuare soprattutto nel sistema di coperture a volte a botte.

Queste volte a botte ricoprono per interno le navate (dall’ingresso all’altare) e per la loro lunghezza vengono chiamate volte a tunnel, sono generalmente rinforzate lungo il loro percorso da archi trasversali che rinforzano la struttura stessa. Il figlio del conte, che si chiama anch’esso Oliba, è più responsabile dello sviluppo dell’architettura catalana; fu un vescovo di vastissima cultura ed è legato con importanti personaggi; effettua anche lui dei viaggi e al suo ritorno da Roma è ospite del futuro vescovo di Milano ed ha la possibilità di osservare ancora meglio queste maestranze, di cui rimane affascinato e procede al reclutamento di uomini.

Si tratta di strutture del tutto simile a quelle in Italia settentrionale, molto articolate dal punto di vista strutturale e con la tipica decorazione ad archetti pensili, anche l’interno si nota come sia stata aggiunta la cripta (che naturalmente alza il pavimento del presbiterio).

Basilica di San Michele di Cuixa
I principali esempi che caratterizzano questa architettura le ritroviamo nelle abbazie dove Oliba fu presente prima come abate e poi come vescovo e sono le chiese di San Miguel de Cuixa (una chiesa dove trascorse i primi anni del noviziato), questa utilizza le strutture di una chiesa più antica di alcuni benedettini (che erano fuggiti in quanto la loro chiesa era stata inondata), in seguito al forte richiamo dei fedeli si necessità di un ampliamento, sempre ad opera dei conti di Barcellona, i quali costruiscono una chiesa nuova che viene consegnata nel 974. La chiesa della fine del X secolo si presenta con un impianto molto singolare che associa elementi della tradizione più visigota, insieme ad elementi della tradizione cluniacense (dovuta alla presenza di monaci, come il monaco Guarino), insieme a degli elementi nuovi come la presenta delle cappelle orientate, che si aprono sui bracci del transetto.

Quindi in questo momento, ancora prima dell’arrivo di Oliba, la chiesa presenta un impianto a tre navate, con una navata centrale che si prolunga anche nella zona presbiterale (separate da una serie di pilastri rettangolari, molto diffusi nella Spagna islamico, legate da arcate che hanno un profilo a ferro di cavallo, come tipico nell’architettura islamica). Questo corpo basilicale è unito al presbiterio da un transetto molto allungato e stretto, sul quale si aprono due cappelle orientali per ogni lato, questo è un elemento estraneo alla tradizione iberica ed era invece abituale nel mondo europeo poiché sono i cluniacensi che elaborano questo partito. Una delle due cappelle è stata chiusa perché nel XII secolo sono stati aggiunti due campanili (uno dei quali nel frattempo e crollato).

Gli interventi di Oliba, che vengono effettuati nel periodo in cui è vescovo, riutilizzano l’antica struttura e ne modificano sostanzialmente la parte presbiterale, in quanto riempie lo spazio che intercorreva tra le due absidi ed il presbiterio centrale con un corridoio che avvolge l’antico presbiterio, sul quale apre delle cappelle semicircolari, secondo un partito che era apparso in epoca carolingia. Questo corpo di fabbrica è molto particolare perché segna un momento di passaggio continuo ed è collegato anche con il transetto mediante porte che hanno anch’esse un profilo a ferro di cavallo; quindi le parti di Oliba non si limitano a questa zona, ma aggiungono anche nella parte occidentale tutto un corpo di fabbrica, articolato su più piani.

Gli elementi lombardi sono chiaramente individuabili nella presenza di archetti con le lesene e soprattutto nella disposizione delle finestre (che dal basso verso l’alto diventano sempre più aperte).

Quindi nella parte occidentale aggiunge un nuovo settore che si sviluppa su due piani, uno al livello della chiesa antica e l’altro più in basso, sfruttando la pendenza del terreno, la parte sottostante è una specie di cripta, formata da due navate che immettono in due corridoi (che sono due cappelle), tra le quali si trova una zona centrale, formata da una cripta, coperta da una volta a botte anulare (che si appoggia sui muri perimetrali e su un pilastro centrale, anche questa soluzione non è nuova ma proviene dal mondo carolingio); la cripta ha lo stesso orientamento nella chiesa.

  Al piano superiore costruisce sempre un’altra cappella che si sovrappone a quella sottostante (dedicata alla trinità), fiancheggiata sempre da corridoi-cappelle, riunendo la parte preesistente con un atrio interno; all’atrio si arriva direttamente attraverso le scalette laterali (come avveniva nelle chiese paleocristiane dell’area adriatica), mentre dalla cappella superiore di arrivava attraverso altre scale poste sulla facciata.

Monastero di Santa Maria di Ripoll
L’altra chiesa, dove troviamo Oliba come abate, è la chiesa di Ripoll, anche questa è il risultato di una serie di modifiche che sono state fatte nel tempo (almeno 5 o 6) e prima che Oliba arrivasse ne aveva già subite tre, infatti le origine della chiesa sono molto più antiche. La fama di questa abbazia era legata alla presenza di uno scriptorium, nel quale i monaci copiavano i testi antichi miniandoli; dal nostro punto di vista ciò che è importante è che erano mozarabici (ovvero venivano dalla Spagna islamizzata), quindi nel disegnare queste miniature ripropongono una serie di elementi decorativi tipici della tradizione islamica.

La chiesa viene notevolmente trasformata quando Oliba diventa abate, prima che arrivasse la chiesa era limitata soltanto alla parte basilicale, con una struttura a cinque navate che evoca intenzionalmente San Pietro; questa chiesa terminava con cinque absidi e non esisteva il transetto. La navata centrale era limitata con una fila di pilastri, mentre le parti laterali erano suddivise da un’alternanza di pilastri e colonne, probabilmente di derivazione sassone.

Quando diventa abate, ormai l’abbazia è diventata celeberrima quindi decide di ampliarla, abbatte le cinque absidi che terminavano l’antica chiesa e su quest’area costruisce un transetto continuo come quello di San Pietro, mentre il muro di chiusura viene contornato da sette absidi, mentre tutto il transetto è coperto da volte a botte continue (rinforzate da archi trasversali, seguendo il modo di procedere dell’architettura lombarda), mentre l’altro settore della chiesa continua ad essere coperto da volte a capriate; questa differenza delle coperture rientra in quella mentalità di dinamismo che abbiamo accennato.

Altri elementi aggiunti da Oliba sono la presenza portico con due torri laterali ed ancora la decorazione ad archetti pensili che manifestano la presenza di maestranze lombarde.

La chiesa venne in seguito quasi completamente distrutta da un incendio, durante la ricostruzione si presero elementi provenienti da altre chiese, commettendo una sorta di falso.

Monastero di San Martino de Canigo
Questa chiesa è l’espressione più tangibile della presenza lombarda in terra catalana, poiché è una struttura in cui le maestranze sono state presenti in maniera molto numerosa; dall’esterno l’elemento che preannuncia questa presenza è il campanile, ma all’interno i sistemi di copertura sono quelli elaborati dai magistri lombardi. Il complesso è formata da due chiese sovrapposte, una più bassa chiamata cripta (che è separata da un altro settore, il cui tetto serve da sagrato alla chiesa superiore), quindi la chiesa sottostante è più lunga di quella superiore.

La struttura è molto complessa perché le tre navate sono coperte con volte a botte molto allungate, sostenute da archi trasversali appositamente introdotti; nella parte presbiteriale invece si trovano delle volte a crociere e tre absidi. Tutta questa struttura costituisce la fondazione della chiesa superiore, che però presenta una non coincidenza delle absidi con quelle sottostanti (le absidi della chiesa superiore sono più arretrate); anche questa chiesa superiore è coperta da volte a botte a tunnel (sostenute da colonne al centro e da muri all’esterno).

In Italia

La basilica di Sant'Ambrogio è una delle più antiche chiese di Milano. Edificata tra il 379 e il 386 per volere del vescovo di Milano Ambrogio Nel IX secolo, subì importanti ristrutturazioni volute dal vescovo Angilberto II (824-860), il quale fece aggiungere la grande abside, preceduta da un ambiente sovrastato da volta a botte, sotto il quale si svolgevano le funzioni liturgiche.

  Al ciborio, di epoca ottoniana, vennero aggiunti quattro fastigi con timpano, decorati con stucchi nel X secolo ed ancora eccellentemente conservati. Sotto il ciborio venne collocato l'Altare di Sant'Ambrogio, capolavoro dell'oreficeria carolingia La basilica ha preso il definitivo aspetto tra il 1088 e il 1099, quando, sulla spinta del vescovo Anselmo, venne radicalmente ricostruita secondo schemi dell'architettura romanica. Venne mantenuto l'impianto a tre navate (senza transetto) e tre absidi corrispondenti, oltre al quadriportico, anche se ormai non serviva più a ospitare i catecumeni, ma come luogo di riunione. Rispetto alla chiesa originale, la nuova eredita scrupolosamente la pianta: tre navate absidate con quadriportico antistante. La pianta interna della basilica è longitudinale e (se si escludono le absidi) ha le stesse dimensioni del portico antistante. La facciata (detta "a capanna") è larga e bassa, tipica anche dei casali di campagna: la sua forma esprime l'attaccamento alla terra che tanta parte ha nella concezione che sta alla base della progettazione della chiesa. Presenta due logge sovrapposte. Quella inferiore ha tre arcate uguali e si ricongiunge con il perimetro interno del portico, mentre quella superiore ha cinque arcate che scalano in altezza assecondando il profilo degli spioventi. Presenta anche degli archetti pensili, cioè file di piccoli archi a tutto sesto che "ricamano" la cornice marcapiano e gli spioventi. Le volte delle navate laterali, con campate di dimensioni pari alla metà del lato di una campata nella navata centrale, poggiano su pilastri minori e reggono i matronei. Questi ultimi occupano tutto lo spazio eventualmente disponibile per il cleristorio .

La basilica e il battistero di Agliate

Costituiscono uno dei più interessanti esempi di architettura romanica in Brianza, riconducibile ai secoli IX-X. Oggi la basilica si presenta con una facciata a salienti interrotti che rivela la tripartizione interna della chiesa. L’interno presenta uno schema a tre navate absidate, senza transetto né tiburio; le navate, coperte da legno a vista, sono separate da due file di sette colonne piuttosto basse; alcuni capitelli sono costruiti con materiale di reimpiego. Sotto il presbiterio e l’abside centrale si trova la cripta a tre navate e quattro campate, del tipo cosiddetto "ad oratorio" che si diffuse in tutta la val Padana tra il X e l’inizio del XI secolo. La chiesa doveva essere interamente affrescata; il restauro del 1985-86 ha tentato di recuperare l’aspetto originale degli affreschi rimasti, che erano stati ridipinti durante il restauro di fine 800. Accanto alla chiesa si trovano il battistero e un edificio medievale con i muri rinforzati a barbacane. Il battistero presenta la soluzione, unica nel suo genere, della pianta a nove lati due dei quali compresi nell’abside. Il materiale costruttivo è simile a quello della basilica, con alternanza di tratti a spina di pesce e di grossi conci. La superficie è coronata da una serie di fornici collocati in maniera disordinata. Sotto i fornici corre una decorazione di archi ciechi che poggiano su peducci a goccia. La parte sottostante, priva di lesene, ospita grandi finestre strombate. All’interno non compaiono, secondo un modello diffuso ad Arsago Seprio e Galliano, logge o matronei. La cupola è ad otto spicchi. La datazione del battistero va collocata in un'epoca di poco successiva alla costruzione della chiesa, all’inizio dell’XI secolo.

In Francia

Abbazia aux Hommes 1068-1081
Pianta: un solo tipo di piedritti (pilastri con semicolonne addossate), tre navate con terminazione absidale e transetto poco sporgente.

Coperture: lignee per la navata centrale, a crociera per quelle laterali. Successivamente anche la navata centrale è stata coperta con volte a crociera. All’innesto del transetto è presente una torre lanterna.

Facciata: è detta “armonica” ed è tipica Normanna, con le due alte torri laterali, che occupando lo spazio delle navate secondarie, rendono leggibile dall’esterno la partizione interna. E’ presente il sistema tipico pilastro-matroneo-finestre.

Verso il 1063, il duca Guglielmo il Conquistatore e la duchessa Matilde fondarono le abbazie aux Hommes e aux Dames in quanto atto espiatorio del loro matrimonio consanguineo .Lo schema d’alzato segue l’andamento a tre livelli che diventerà la scelta tradizionale normanna in epoca romanica, pur aggiungendo tre innovazioni di maggiore interesse : l’ampiezza delle gallerie superiori prospicienti la navata attraverso un grande arco unico (impianto ricorrente nella cattedrale di Norwich) ; nella navata, a gruppi di due campate, l’alternare di pilastri forti a pilastri deboli, quelli forti essendo adibiti a sostenere degli archi diaframma e i muri tagliafuoco, i quali sono andati dispersi insieme alla copertura a capriate lignee originale ; infine, la via di camminamento del terzo livello .La struttura stessa della navata con ampi vani vuoti alternanti con pilastri costituisce una sistemazione che avrebbe portato in maniera del tutto naturale alla crociera ogivale. Verso il 1115, delle volte con sei spicchi sostituirono il soffitto ligneo, il che provocò un mutamento del piano superiore : le aperture verso la navata vennero modificate (invece di quattro arcate grandi per ogni due campate, la combinazione di un’arcata grande con una piccola); di conseguenza, una colonnina venne aggiunta in cima ai pilastrini dei pilastri forti per sostenere la spinta degli archi. In facciata viene a combinare un sostegno massiccio quadrato con tre file di aperture, irrigidito da quattro robusti contrafforti, con le due torri, il cui sapiente progredire delle arcature e delle aperture alleggerisce la massa nello slanciato verticalismo. È senza dubbio una reinterpretazione dei massicci occidentali di tradizione carolingia e ottoniana, ma è anche il primo esempio della facciata armonica normanna, la cui modulistica verrà diffusa fin dal secolo successivo nelle grandi cattedrali.
 

martedì 25 febbraio 2014

Architettura Ottoniana

Questo nuovo quadro ha posto in luce l’architettura promossa dalla dinastia Sannone, insieme a quella Catalana e poi in seguito quella dei Capetingi (in un periodo successivo).

l’impero di Germania diventa protagonista a partire dagli inizi del X secolo, quando è ancora una sorta di ducato, con Enrico detto l’Uccellatore (duca di Sassonia), il quale emerge ma senza ancora avere un ruolo primario rispetto agli altri feudatari. Gradualmente Enrico raccoglie intorno a se una serie di forze che gli permettono di esercitare un controllo più diretto sui suoi territori e anche di ottenere il riconoscimento di altri feudatari che governavano i territori limitrofi; questi riconoscimenti gli permettono di essere eletto re nel 919 (che viene considerata la data di fondazione del regno).

Enrico ben presto manifesta le sue doti espandendo il suo territorio a tutto il resto dell’antico territorio germanico che faceva parte dell’antico regno capetingio, inoltre muove guerra contro le popolazioni dell’oriente europeo, che erano le popolazioni che minacciavano il nascente impero. Queste campagne (a partire dal 924) portano ad aggiungere vasti territori ad oriente che determinano uno stato molto esteso e potente, la conquista fu rapida ma molto difficile i quanto erano popolazioni molto forti dal punto di vista militare; inoltre le popolazioni annesse non venivano considerate facenti parte del nuovo stato e questo rendeva estremamente difficile il processo di integrazione.

Dopo aver conquistato questi territori, pochi anni dopo muore ed il figlio Ottone I gli succede con il titolo di imperatore (dal papa); il figlio continua l’opera del padre cercando una sorta di stabilizzazione di tutto l’impero con opportuni interventi, che in sintesi possiamo considerare come la concessione di alcune autonomie a determinati feudatari e la politica di alleanza con la chiesa di Roma.

Questa situazione di continue guerre non favorisce l’attività edilizia, anche se, terminate le lotte contro i popoli orientali, si riattivano i commerci e la sicurezza garantita dalla fine della guerra, portata da Ottone I, porta ad un incremento degli scambi e di attività edilizia, inoltre delega il controllo ad ecclesiastici importanti che si distinguevano per la loro cultura (Ottone è colui che riprende l’abitudine dei vescovi-conti).

Questa situazione di controllo sulla chiesa esercitata da Ottone si ripercuote anche sul controllo delle elezioni vescovili e di conseguenza del papa (che spesso provenivano dalla Germania). Quindi si inaugura una nuova fase nella politica europea caratterizzata da una sorta di controllo delle autorità imperiali (da qui iniziano le lotto tra impero e papato nell’elezione dei vescovi).

Ottone I possiamo consideralo come l’imperatore che consolida in maniera definitiva questo vasto impero; il figlio, Ottone II, da un’impronta più culturale alla vita dell’impero in quanto ebbe come moglie la principessa Teofane (vissuta alla corte di Costantinopoli ed imparentata con l’imperatore d’oriente, che procura all’impero l’annessione dell’Italia meridionale). Questo matrimonio modifica sostanzialmente gli orientamenti culturali della Sassonia, introducendo una cultura classica (mediata dall’ambiente bizantino) che si evidenzia anche in architettura (molte delle chiese costruite in questo periodo presentano influenze orientali).

La morte improvvisa di Ottone II crea un momento di incertezza nell’impero, tuttavia l’azione saggia della moglie Teofane e dei vescovi-conti, riesce a tenere salda la compattezza dello stato, in attesa che Ottone III raggiungesse la maggiore età.

Ottone III si distinse per la sua vasta cultura, essendo stato educato dalla madre e da due importanti prelati Bernoardo di Hildesheim e Gerberto d’Aurillac, il secondo prese anche il nome di Silvestro II, in modo da ricordare quell’accoppiamento tra Costantino e Silvestro I (il rimando all’età di Costantino è sempre presente, poiché gli Ottoni, come i Carolingi, sono persuasi da questo desiderio di rinnovare l’impero dei cesari, in maniera molto più evidente dei carolingi, perché gli Ottoni intendevano unificare anche la chiesa oltre che i territori d’oriente e d’occidente, cosa che volevano anche i carolingi).

Questo è il contesto di questo momento storico, che presenta diverse analogie con il periodo carolingio, prima fra tutte l’ideologia politica; entrambe infatti sono due culture che si basano moltissimo sulla tradizione antica, anche in architettura, non solo legati all’epoca di Costantino ma anche alla Roma imperiale e a tutti quegli elementi che potevano ricordarli, per esempio attraverso l’uso di materiali di spoglio (che venivano trovati in situ oppure direttamente portati da Roma).

La morte improvvisa di Ottone III pone fine a questo impero, che lascia tracce indelebili nella storia dell’architettura.

L’impero finisce di esistere nel 1024 perché Enrico II ascende al potere, anche questo breve periodo è molto ricco di esperienze architettoniche ed è considerato come un momento di coronamento di esperienza lasciate incomplete dal predecessore. In realtà dopo il 1024 non esistono più eredi del casato e alla dinastia succedono altre dinastie, con le quali si fa iniziare l’architettura romanica tedesca, che in realtà non ha molte differenze con le esperienze ottoniane, infatti sembra che il romanico tedesco continui quei partiti architettonici che erano stati elaborati in epoca ottoniana, senza apportargli sostanziali modifiche (sono invece la Francia e la Spagna a contribuire in maniera fondamentale a questo movimento).

San Ciriaco di Gernrode
Iniziamo ad analizzare quelle architetture che si trovano tra il periodo proto-romanico ed il romanico vero e proprio, in particolare iniziamo dall’impero di Germania.

L’edificio più rappresentativo costruito nella prima fase dell’architettura ottoniana è San Ciro di Gernrode, che viene costruita durante il regno di Ottone II ed sottoposta già sin dal momento della sua ristrutturazione sotto il controllo della principessa Teofane (per questo una abbazia molto famosa e anche ricchissima, le varie mogli portavano che se delle doti). Tutte queste attenzioni pongono l’edificio in una posizione di riferimento ma anche la pongono in una situazione di singolarità, in quanto è l’edificio che risente maggiormente di queste influenza orientale che Teofane introduce. Bisogna precisare che la cultura orientale, per quanto la regina si sforzasse di diffondere, non era ben accetta poiché il mondo culturale tedesco era molto chiuso e legato alle tradizioni locali (in genere in ambito architettonico si preferisce utilizzare partiti architettonici di altre culture piuttosto che soluzioni architettoniche vere e proprie, come dall’architettura lombarda prendono gli archetti pensili, si tratta comunque di elementi che non mutano la struttura e le forme generali dell’architettura tedesca). Anche qui troviamo la ripresa di motivi orientali permeati nella cultura locale; questa presenza orientale la troviamo soprattutto nell’uso dei matronei (che appaiono per la prima ed unica volta nelle chiese ottoniane), inoltre la chiesa si distingue per un ordine architettonico molto particolare, il quale però viene assoggettato nelle sue configurazione alle regole dell’architettura ottoniana, molto diversa da quella orientale (nel mondo orientale l’architettura aveva assunto una fisionomia diversa da quella orientale, che invece era rivolta ad esaltare i valori di massa); quindi questi matronei appaiono con una chiarezza strutturale ben lontana dagli esempi delle chiese orientali.

L’edificio è caratterizzato da strutture realizzate in epoche diverse, esistono strutture costruite in un periodo successivo a quello di fondazione (che avviene nel 961), esistono parti risalenti al XII secolo (che trasformano la chiesa in una chiesa a doppio coro, seguendo una prassi che troveremo molto spesso nel romanico tedesco), questa seconda modifica nasce dalla volontà di creare due poli (così come l’architettura carolingi aveva preannunciato in alcune strutture, in particolare a Fulda). In seguito si assistette ad altre aggiunte, con anche annessi laterali, che hanno modificato in maniera sostanziale l’aspetto volumetrico iniziale della costruzione, poiché l’ampliamento in orizzontale ha tolto quella enfasi di sviluppo verticale, che l’architettura carolingia voleva ottenere; questa parte aggiunta è facilmente percepibile dall’apparecchio murario (in quanto è formata da pietre molto regolari ed isodrome).

Elemento caratteristico della struttura originale di epoca ottoniana è la presenza del transetto continuo, il quale deriva dal mondo romano, ma che subisce delle modifiche durante una ristrutturazione successiva, infatti mentre precedentemente la struttura era libera, quando viene successivamente costruito un nuovo settore, per recuperare spazio, viene realizzata una nuova struttura che potesse ospitare il re o la stessa principessa durante le funzioni religiose. Quindi inizialmente la struttura era formata da un transetto continuo su modulo romano, però orientato ad est (come era stato a Saint-Denis) poiché con tutta probabilità la struttura preesistente condiziona l’andamento obliquo del transetto stesso (probabilmente si usarono le fondazioni di un’antica struttura).

La chiesa è dotata anche di una cripta coperta dal pavimento del presbiterio, accessibile da delle scale, si tratta di una cripta a sala.

Rispetto all’uso del transetto continuo che abbiamo visto in altre aree, ancora prima che il transetto assumesse questa forma definitiva nel XII secolo, viene assunto come parametro di partenza del progetto il quadrato formato dall’incrocio della navata e del transetto. Questo elemento diventa il punto di partenza per determinare la lunghezza del corpo basilicale, si passa quindi ad un nuovo modo di procedere che tiene conto di parametri di riferimento, che sottendono delle proporzioni precedentemente stabilite; cioè da questo momento il vano d’incrocio costituisce l’elemento di base per la determinazione del corpo di base (bastava ripetere questa forma geometrica) e tutto l’impianto risulta essere la forma di forme geometriche che possono essere ripetute più volte.

Questo modo di procedere introduce un senso di ritmo all’interno della navata e lo fa in una maniera ritmata, in quanto le pareti della navata principale perdono quell’ordinamento semplice, tipico della basilica cristiana, arricchendosi di una serie di partiti architettonici, disposti a fasce orizzontali che tendono ad arricchire il senso di dinamismo all’interno della navata; elementi che attirano fortemente l’attenzione del visitatore.

Il visitatore entrando si trova nella prima campata e già subito viene colpito dalla differenza dei sostegni (cioè ad un pilastro si alterna una colonna) e questa alternanza introduce dinamismo all’interno dell’edificio. Questa variazione si percepisce anche ai piani superiori nelle varie gallerie, nel primo si assiste all’utilizzo non di una ma di tre arcate, le quali a loro volta sono divise in due parti; al di sopra si trovano delle finestre, quello che stupisce è che queste finestre non sono in asse ne con le arcate sottostanti ne con quelle del primo piano. Emergi qui uno dei caratteri principali dell’architettura ottoniana, ovvero quello di sostituire alla parete semplice della basilica paleocristiana della partiture decorative orizzontali, ciascuna delle quali autonoma rispetto all’altra.

Questo ordinamento verrà superato dall’architettura romanica perché nell’architettura romanica ed in particolare in Germania si creeranno delle partiture di grandi arcate che dal pavimento si innalzano comprendendo i due piani superiori. Questa soluzione di trasformare una serie di elementi orizzontali in un coordinamento di elementi verticali si verifica in maniera coerente in Germania nel duomo di Spira (luogo che viene indicato come origine del romanico).

Altro aspetto peculiare della chiesa è quella di essere caratterizzata da una aggregazione di vari volumi, i quali che sono tra di loro indipendenti e trovano però un elemento di integrazione nelle grandi arcate che si trovano in tutta la chiesa.

Tutti questi elementi sottolineati sono quelli tesi ad attaccare l’antico ed anticipano con tutta chiarezza (pur non essendo coperte da volte) l’architettura romanica, infatti l’architettura romanica rispetto a questa sede non farà altro che coprire ciascuna forma geometrica, assunta come modulo di base, con una volta (tutte le chiese ottoniane le coperture sono a capriate, pur conoscendo la tecnica della volta, la ragione è sempre il ritorno all’età costantiniana).

Gli unici elementi che cambiano sono quelli legati all’ordinamento dell’edificio basilicale, che è impostato su sistemi proporzionali e su una regola d’ordine, un ordine che si riflette anche nell’alzato, il quale, pur ricordando alcune chiese bizantine per la presenza delle tribune, si differenzia per questo senso di ordine percepibile in tutta la chiesa (infatti in esempi bizantini non si ha mai questa chiarezza d’impianto, in quanto sono spesso utilizzate colone antiche che presentano diverse altezza, qui invece le colonne sono tutte identiche e contribuiscono a dare un senso di ordine, anticipando certe soluzioni successive).

Altro elemento che colpisce ancora di più è che questo senso di ordine da complessivamente l’idea di un volume molto chiaro e definito.

San Michele di Hildesheim
Nella stessa Sassonia si costruisce un edificio che è più significativo dal punto di vista delle soluzioni adottate ma manifesta anche una varietà di soluzioni all’interno di questa architettura ottoniana, una varietà che non riesce a compromette la sintassi costruttiva generale, ma è una varietà che tende ad arricchire i partiti di partenza con altre soluzioni.

La chiesa di San Michele venne fatta costruire dal vescovo Bernoardo (precettore di Ottone III), riprende temi già noti nel mondo carolingio e li sottopone ad un processo di modifica, il suo impianto si ricollega alla struttura bipolare che abbiamo visto nel mondo carolingio (ovvero quella struttura architettonica che imposta la sua fondamentale importanza sulla corrispondenza di parti uguali poste alle estremità dell’edificio). Si tratta di due corpi di fabbrica (così come abbiamo visto a Centula) uniti da un corpo basilicale che è formato da tre vani uguali a quello formato all’incrocio tra la navata ed il transetto, in una maniera più organica di quello che abbiamo visto a Gernrode (dove l’incrocio non era perfettamente geometrico a causa delle preesistenze). Viene quindi riproposto questo senso di ordine, che questa volta viene ancora di più ritmato perché mentre nel primo esempio tra i due pilastri è interposta una colonna, in questo caso sono interposte due colonne; nel primo caso l’alternanza (pilastro-colonna-pilastro) si chiama alternanza renaria, mentre questa si chiama alternanza sassone; sono tutti elementi che contribuiscono a rendere il percorso movimentato e ritmato.

La presenza del Westwerk che abbiamo visto a Centula, qui non è riproposta, poiché il corpo occidentale non ha la funzione di vero e proprio westwerk perché essendo formato da due parti che si corrispondono identiche l’ingresso avviene lateralmente, questo ingresso laterale e non più lungo l’asse di simmetria e apporta un’ulteriore modifica nella concezione dello spazio interno, infatti quando si entrava da occidente il visitatore sommava i quadrati e poi giungeva all’altare, in questo caso entrando da uno dei due lati non è subito attirato dall’altare, ma è colpito da un ventaglio di prospettive che si presentano ai suoi occhi, poiché quando entra vede questo intrigo di sostegni e vede in lontananza anche ambienti diversi rispetto all’ingresso.

Quindi la visione dinamica in direzione dell’altare si accresce ancora di più perché lo sguardo è catturato da elementi specifici che lo portano a conoscere queste parti prima di arrivare all’altare, quindi come abbiamo detto è lo spazio d’esperienza che comincia ad affermarsi con sempre più evidenza ed alla ricchezza di elementi architettonici si associano anche elementi decorativi, soprattutto le dimensioni degli ambienti laterali (che in questo caso fungono anche da portici d’ingresso) si dilatano, perché in questo caso le navate laterali sono tre quarti quella centrale (questa grande profondità è un elemento di ritorno alle grandi basiliche paleocristiane e ai grandi edifici termali così come abbiamo visto in altri esempi).

La mancanza di un westwerk avrebbe in qualche modo negato l’importanza dell’edificio per questo si rimedia a questa mancanza disponendo nei transetti delle gallerie che fungono a westwerk.

Elemento d’interesse è anche la presenza della cripta, la quale presenta un deambulatorio, anticipando quelle soluzione delle chiese di pellegrinaggio che diventeranno diffuse in epoca romanica; ma la vera caratteristica è che il muro esterno è sovrapposto a quello più interno ed è più elevato, per rendere il passaggio fra i piani più armonico possibile, troviamo quindi un nuovo elemento ovvero quello di tener conto del dosaggio di proporzioni nella disposizione di volumi esterni (elemento che caratterizzerà fortemente l’architettura romanica tedesca, cioè il romanico tedesco non ha particolari originalità rispetto ad altri impianti ma sicuramente si distingue per questa attenzione rivolta alla distribuzione delle masse, continuando la tradizione ottoniana, il romanico tedesco cattedrali come Worms, Magonza o la stessa Spira si distinguono per il fatto che riprendono il tema equipolare, quindi arricchendo le composizioni agli estremi con un insieme di aggiunte di torri, oppure realizzano chiese in cui soltanto la parte occidentale è prevalente rispetto a quella orientale, allo stesso modo che in epoca carolingia però arricchendosi di forme diverse e variegate).

All’interno si nota come mancano le tribune e quindi si trovano le arcate al piano terra e la fila di finestre al piano superiore, la fascia intermedia manca, però si continua a mantenere le indipendenze tra i vari piani (infatti le arcate delle finestre non sono in asse con le arcate sottostanti); si riscontra anche la volontà di ottenere dei volumi perfettamente definiti poiché la superficie liscia delle pareti accentua questo significato.

Chiesa di San Pantaleone a Colonia
Ultimo elemento di questa architettura è quello rappresentato dalle modifiche che l’architettura ottoniana porta al westwerk carolingio ed in particolare nella chiesa di San Pantaleone a Colonia troviamo un esempio ancora ben conservato che ci mostra questa modifica che il westwerk carolingio ha subito nel processo di trasformazione operato dagli architetti ottoniani. Quando abbiamo visto il Westwerk di Corvey sulla Weser abbiamo visto come la struttura fosse compatta, formata da un piano inferiore (la cripta) ed un piano superiore, mentre all’esterno si configurava come un insieme compatto fino ad una certa altezza, da cui emergono le tre torri. Questi elementi non lasciano intravedere la funzione che ogni volume assolve, in San Pantaleone si opera una sorta di modifica alla struttura massiccia evidenziando con molta chiarezza i volumi che costituiscono questo corpo occidentale (quindi mentre nel westwerk di Corvey questa parte era tutta compatta, qui invece i volumi sono distinti già a partire dalla base e abbiamo l’assoluta certezza della loro funzione), nello stesso tempo sono elementi volumetrici che concorrono (insieme a tutti gli altri volumi) a definire la composizione delle masse alle estremità dell’edificio. Quindi forma e funzione sono in questo caso molto chiari, diversamente da quanto avveniva in precedenza, questo è un dato che l’architettura romanica mostrerà chiaramente che si chiama “leggibilità delle parti” perché quando si osserva una chiesa dall’esterno l’ordinamento della facciata ci fa vedere la divisione interna che regola lo spazio della chiesa interna.

In altri termini il westwerk carolingio nell’architettura ottoniana viene semplificato attraverso questa disposizione di volumi e questa semplificazione non avviene solo all’esterno ma anche all’interno, perché in questo caso viene eliminata la cripta al piano terra (con l’intrigo di sostegni) ed in questo caso si tratta di un ambiente molto libero, in quanto la tribuna e direttamente a contatto con la chiesa, cioè un’ulteriore divisione che nel westwerk carolingio era posto a questo piano (cioè nel westwerk carolingio c’è un primo schermo di arcate e un secondo più avanzato, questo secondo viene eliminato in modo da consentire la visione dello svolgimento nella messa nella parte bassa). Quindi tutto l’insieme viene semplificato tanto all’interno che all’esterno, con una volontà precisa di creare una struttura più funzionale e direttamente percepibile nella forma e nelle parti costruttive.

In generale si prende come riferimento l’architettura carolingia, la si sottopone ad un processo di elaborazione che tende ad ordinare le parti dell’edificio in modo tale che ciascun edificio mantenga la sua autonomia e che nello stesso tempo sia legato agli altri. Si precisano in questa architettura questi interessi per i sistemi proporzionali e geometrici, che abbiamo già visto nell’architettura carolingia, motivi che vengono assunti come base di partenza del progetto (il principale che viene usato è l’incrocio tra il transetto e la navata, che viene ripetuto più volte per determinare la lunghezza della navata), rafforzando il senso ritmico, che trova conforto nell’alternanza dei sostegni e nella leggibilità delle parti che denotano una coincidenza tra forma e funzione; questi sono gli elementi che l’architettura ottoniana elabora e trasmette all’architettura romanica.

La mancanza di coperture a volte, che sembrerebbero strane in questo momento storico, viene giustificata in base alla carica ideologica che è alla base di questa architettura, cioè il ritorno all’architettura costantiniana che vede costruzione con tetto piano.

La chiesa della Trinità di Essen
La chiesa della Trinità di Essen presenta una maggiore varietà di soluzioni rispetto alle basiliche dello stesso tipo edificate nella Bassa Lorena. L’abbazia fondata in epoca carolingia, viene ricostruita in gran parte negli anni 946- 971; la torre ottagonale sul coro occidentale viene innalzata negli anni 1039-151.

La prima navata centrale, articolata in colonne e pilastri alternati si compone di tre campate doppie ed è separata dai due cori mediante l’interposizione di due transetti a bracci bassi. Il transetto orientale è molto vasto, ma più stretto e meno alto della navata maggiore; quello occidentale, leggermente più alto delle navatelle, appare più largo di ciascuna campata: la mancanza di rapporti proporzionali tra le varie parti dell’edificio sembra essere stata provocata dalla necessità di dover utilizzare le fabbriche preesistenti. Ad Essen la torre ottagonale che si staglia dal coro occidentale supera per importanza storica e per bellezza intrinseca tutte le costruzioni ottoniane che imitano la Cappella Palatina ad Aquisgrana. La disposizione dei piani vista dall’attuale navata gotica ricorda decisamente la Cappella Imperiale: la volta a bacino dell’abside del coro conclude i due piani sottostanti costituiti da arcate triple sormontate da un alto cleristorio. Passaggi traforano i muri e nicchie sono scavate nell’omogenea compattezza delle pareti.

Architettura Asturiana

Nel 711 la Spagna viene invasa dai popoli arabi conquistando quasi tutta la penisola rendendosi indipendenti da Damasco, anche perché la situazione della Spagna visigotica era molto precaria. L’autonomia viene sancita con la consacrazione dell’emirato di Cordoba istituito nel 756 e governeranno per moltissimo tempo, fino alla caduta di Granada nel 1492. I cristiani sono costretti a rifugiarsi nella parte settentrionale nella regione delle Asturie, si forma quindi questo piccolo regno e viene posto al trono Pelagio; pian piano il regno s’ingrandisce con l‘aggiunta di popolazioni indigene che rifiutavano la sudditanza araba. Si comincia ad organizzare questo gruppo in maniera organica sia dal punto di vista costitutivo che politico, certamente non si tratta di un periodo che favorisce l’attività costruttiva; si comincia ad avere un periodo di serenità con Alfonso II, che diventa re nel 791, il quale persegue una politica espansionista che porta alla conquista di territori, formando un territorio di modeste dimensioni che porta un contributo notevole all’economia del luogo che comincia ad affacciarsi alla ribalta politica.

Per queste ragioni il re riesce a proporre un’attività edilizia notevole, per questo assume come centro la città di Oviedo, che diventa capitale del regno delle Asturie, per questo viene costruita una cittadella regia, la quale comprende oltre che il palazzo imperiale anche una serie di edifici religiosi. Il suo regno e molto lungo e questo gli permette di creare architetture anche nelle zone circostanti, si tratta di architetture che mostrano caratteristiche molto peculiari che in parte assorbono le tradizioni visigote e in parte guardano all’architettura carolingia (come il culto delle reliquie, la cerimonia stazionaria e sopratutto l’imitazione del westwerk), poiché era quella più nota.

In questo primo momento si assiste ad un’architettura di elaborazione, che vive di rendita sulla base di un’architettura locale e di una architettura importata. Incomincia ad avere un’autonomia con il secondo re Ramiro I (842-850), responsabile di due grandissime costruzioni, in cui si assiste all’autonomia artistica rivolta alla realizzazione di strutture fortemente articolate (è un momento in cui si sperimentano strutture voltate che danno origine a strutture particolari), inoltre si tratta di un’architettura che si distingue per la ricchezza decorativa poiché vengono riesumati motivi della tradizione visigota, araba, ma anche motivi di provenienza orientale perché per un certo periodo la Spagna meridionale venne occupata dai Bizantini.

Con la morte di Alfonso III termina il periodo del regno asturiano; in questa fase l’architettura locale viene fortemente influenzata da quella islamica e la fusione da luogo alla cosiddetta architettura mozarabica.

Abbiamo sottolineato come l’importanza dell’architettura carolingia è il fatto che presenta alcune premesse fondamentali che saranno poi riprese dall’architettura romanica a partire dalla fine dell’XI secolo; però tra l’architettura carolingia e quella romanica si trovano alcuni episodi importanti che si sviluppano nelle aree che si formano dopo la frattura del regno carolingio (in seguito alla morte di Carlo il Grosso nel 888).

Quando muore Carlo il Grosso, ultimo erede della dinastia carolingia, l’Europa subisce una sorta di trauma, in quanto la geografia politica viene notevolmente modificata e si assiste alla nascita di una serie di entità statali che assumono una notevole autonomia, sulla scia di quelle tendenze che si erano manifestate già nel periodo carolingia (abbiamo già detto come il regno di Carlo Magno era riuscito a tenere in maniera salda l’unità dell’impero, ma che aveva iniziato a disgregarsi sotto Ludovico il Pio ed il fratello).

Già della seconda metà del IX secolo si assiste a questo processo di disgregazione dell’impero carolingio con la nascita di tendenze particolari che si sviluppano all’interno di questi nuovi stati, con la conseguente chiusura verso quello slancio creativo che aveva contraddistinto il periodo precedente.

In conseguenza a queste disgregazione si formano due entità politiche molto forti che giocano un ruolo importante nell’Europa del X secolo, da una parte l’impero di Sassonia (già agli inizi del X secolo) ed il regno di Francia (con i Capetingi nel 986); insieme con queste due entità un’altro territorio intorno alla contea di Barcellona (che era stato possedimento carolingio) sviluppa un’architettura particolare che si differenzia sia da quella del regno di Francia che da quella Sassone, si tratta di un’architettura più legata alle esperienze lombarde e dell’Italia settentrionale (infatti molti modi compositivi lombardi e piemontesi si spostano attraverso la Provenza e la lingua d’oca nella contea di Barcellona).

Queste tre entità statali sono quelle che nel X secolo giocano un ruolo fondamentale non processo di formazione dell’architettura romanica, già l’architettura carolingia aveva gettato delle premesse e quindi questi tre territori raccolgono in maniera diversificata questa eredità e sviluppano alcuni aspetti che vengono tradotti in termini architettonici con soluzioni singolari, che poi verranno tutte unificate dall’azione esercitata dai monaci cluniacensi, i quali danno luogo ad un processo di sintesi formano una architettura unitaria che va sotto il nome di cluniacense, un’architettura che diventa costante punto di riferimento per le esperienze romaniche.

Evidentemente queste esperienze che si sviluppano nelle tre aree non sono nettamente indipendenti ma esistono delle relazioni piuttosto dirette tra i vari stati e sopratutto sono accomunati dalla fede cristiana, che costituisce da elemento saldante, in quanto tutte e tre appoggiano la politica papale così come è avvenuto per i carolingi. Quindi è un momento di grande intreccio di culture che vede lo scambio di esperienze favorite dal movimento dei monaci che si spostano da un monastero all’altro e in questo movimento portano ricordi e suggestioni dei monasteri in cui hanno vissuto.

Lo sviluppo dell’attività edilizia nella penisola iberica del VIII al X secolo risulta nel suo insieme sostanzialmente unitario, sia nella definizione dei tipi edilizi che nella determinazione dei sistemi statico-costruttivi, è perciò tale da generare una continuità di risoluzioni architettoniche, sia pure tradizionalmente distinta in tre periodi successivi: l’architettura dei Visigoti, quella asturiana e quella mozarabica.
La liberazione della Asturie dal dominio arabo da parte di Alfonso I il Cattolico (739-757) realizza le condizioni per l’avviamento e lo sviluppo dell’attività edilizia; si tratta di costruzioni che mantengono caratteri dei monumenti visigoti , quali specialmente l’uso delle murature continue, di forte spessore e dotate di piccole aperture, l’adozione del presbiterio a fondo piatto, la casualità degli esterni, la copertura a volta
L’antica capitale di Oviedo presenta alcuni edifici importanti: risalente al periodo di Alfonso II (791-842) troviamo la basilica di San Julian de los Prados, organismo a tre navate si pilastri quadrati, transetto continuo, triplice presbiterio a fondo piatto, copertura a tetto, interamente decorata con dipinti che richiamano la pittura illusionistica romana e protobizantina.
Diverso in tutto è San Miguel del Lillo (842-850), risalente al regno di Ramiro I (842-850), il quale realizza una risoluzione architettonica che potrebbe essere definita preromanica: tre navi coperte con volte a botte ad anelli su colonne isolate, con rilevante sviluppo in altezza (1:3).
Più tarda è sicuramente Santa Cristina de Lena (905), risalente al periodo di Ordone I (850-866), che nell’interno è articolata su due livelli, con presbiterio fortemente rialzato e delimitato da una iconostasi a tre archi su colonne, di età mozarabica.
La soluzione architettonica fissata in San Miguel del Lillo (atrio autonomo con vani laterali, tre navi, triplice presbiterio a fondo piatto, assenza di transetto, corpi minori aggiunti in corrispondenza dell’ultima campata della navata) è adottata anche a San Salvador de Priesca (921), questa riprende nel proprio interno lo straordinario proporzionamento dei vani delle navate, altissime ed anguste (1:3), sviluppando forme semplici e vigorose e nel contempo grevi e possenti.
E’ in generale in queste ed in altre chiese asturiane che si sviluppa la tendenza ad ignorare la composizione delle fronti esterne, dotandole di una forma architettonica adeguata alla qualità degli interni (contrafforti brutalmente addossati alle pareti di perimetro e corpi di fabbrica minori, a blocchi, non indispensabili alla funzione visiva degli esterni).
Infine, monumento veramente singolare è Santa Maria de Naranco (consacrata nell‘848) presso Oviedo, sorta come edificio di rappresentanza civile e poi trasformata in chiesa, costituita da un’aula sopraelevata, coperta da una volta a botte ad anelli, e con due logge di testata, in questo interno essa introduce il motivo delle arcate a muro, qui sopra esili colonne binate, quale elemento diretto a dare un’articolazione completa all’immagine architettonica.
Gli ultimi decenni del IX secolo segnano l’esaurimento dell’architettura asturiana e contemporaneamente registrano l’avvento di quella mozarabica, la quale rappresenta l’ultimo ciclo autonomo della cultura artistica della penisola iberica, precedente al processo unificatore della culture romanica.
Il temine mozarabico è utilizzato in genere per indicare la culture figurativa ed architettonica delle collettività cristiane vissute in Spagna sotto la dominazione araba, quella dal X all’XI secolo nei regni di Leon, Castiglia ed Aragona; nello sviluppo dell’architettura mozarabica la costruzione delle chiese mostra una grande varietà di soluzioni nella struttura e nella forma dell’impianto, la copertura a volta, costantemente usata nella penisola dal VII all’XI secolo, continua per tutto l’Alto Medioevo, tipico di una mentalità dell’edificio chiesastico con qualità strutturali ed insieme formali; da qui l’adozione di intere copertura a volta, dirette ad assicurare all’organismo edilizio assoluta solidità e continuità.


Basilica di San Julian De Los Prados 812
Sorta dopo l’812 poco lontano dalla capitale, lungo 29 metri è la più antica testimonianza dell’architettura sacra asturiana che si è conservata pressoché inalterata.

Si tratta di una basilica ad arcate su pilastri con vestibolo che presenta, al di là dell’arco trionfale, un transetto continuo sopraelevato, a cui sono annessi a nord e a sud ambienti laterali; ad est le 3 absidi sono gli unici ambienti voltati dell’edificio.
Sopra l’abside principale è posto un ambiente privo di accesso che divenne poi elemento tipico dell’architettura asturiana. Il transetto sopraelevato, primo esempio nella storia dell’architettura, doveva avere nella parte settentrionale una tribuna a cui si poteva accedere dall’esterno e dalla quale il monarca poteva seguire le cerimonie, mentre sul lato meridionale questo ambiente, non accessibile ai laici, era illuminato da una finestra.

Viene qui adottata una muratura irregolare intonacata all’interno e, in origine, anche all’esterno, composta di piccole pietre con rinforzi angolari e con vari pilastri di sostegno a grandi blocchi; gli archi e le volte sono tutti di mattoni.

Basilica di Santa Maria Del Naranco
Santa Maria del Naranco si articola su due piani rettangolari ciascuno diviso in un grande ambiente centrale e in due laterali, la separazione dei piani avviene tramite una volta a botte con archi trasversali nel vano centrale e soffittatura di legno in quelle laterali. Nel piano inferiore la sala orientale contiene vasche d’acqua; in quello superiore la sala centrale e le
logge che la affacciano sorreggono alte volte a botte con archi trasversali. Sui lati lunghi si trovano corpi annessi con vestiboli per il piano inferiore, due scalinate a nord e un’ulteriore loggia a sud. L’arco ricorre con notevole frequenza in tutto l’edificio: in gruppi di 3 nelle logge e nelle finestre dei lati brevi e in gruppi di 7 nelle arcate cieche lungo i lati maggiori della grande sala dove le dimensione degli archi aumenta verso il centro. I fusti delle colonne hanno scanalature a spirale o a cordoni e nelle pareti interne sono riuniti a gruppi di quattro.

San Miguel De Lillo a Oviedo
Di San Miguel si conserva soltanto un terzo della costruzione; gli scavi hanno dimostrato che la chiesa era lunga originariamente 20 metri: singolare per l’architettura asturiana è la separazione delle 3 navate tramite colonne. Tutti gli ambienti sostengono volte e la navata mediana risulta poco ampia rispetto all’altezza di 11 metri. Le navate laterali, con pareti articolate da semicolonne, erano caratterizzate dalla presenza di volte a botte parallele o perpendicolari a quella della navata centrale con variazioni anche dell’altezza. Nella parte occidentale si trova tuttora, al di sopra del vestibolo, una tribuna alla quale si accedeva da ambienti laterali.

Basilica di Santa Cristina De Lena
Essa presenta una pianta piuttosto particolare: sono annessi ai 4 lati della navata, oltre all’abside, un vestibolo e 2 ambienti laterali, coperti da volte in tufo. Nell’ambiente principale, semioscuro, l’articolazione delle pareti sotto la volta a botte con archi trasversali e gli elementi decorativi corrispondono a quelli del Belvedere di Naranco che è possibile datarli all’incirca allo stesso periodo. Per mezzo di scale si giunge sia alla tribuna occidentale, sia a una sopraelevazione orientale posta davanti all’abside. Qui si è conservata l’unica recinzione presbiteriale in muratura delle Asturie, formata da doppie arcate su colonne e da balaustre di reimpiego del VII secolo, probabilmente in parte modificata in epoca successiva.

Basilica di San Salvador De Val De Dios
L’edificio, consacrato nell’893, è voltato con arcate su pilastri, segue la disposizione consueta, ma comprende anche una tribuna occidentale, ma ha ambienti inaccessibili sopra l’abside. La tripartizione separa le zone destinate ai laici, chierici e agli officianti. A differenza di San Miguel de Lillo, il tetto delle navate laterali ha un andamento regolare. Colpisce nella costruzione l’inserimento di barre di ferro nella muratura, nonché la tessitura muraria che presenta numerose pietre squadrate, soprattutto nel portico meridionale; quest’ultimo, aggiunto come elemento innovatore, mostra rispetto alla chiesa una ricca articolazione delle pareti e della volta con arcate cieche ed archi trasversali.

domenica 23 febbraio 2014

Altre opere nell' Impero Carolingio

 Ginevra, dal 400 (Isacco e Sigismondo)
Il processo di formazione episcopale di Ginevra passa attraverso molte fasi, la prima intorno al 400.

Primo edificio: costruito nel 400 da Isacco e composto da tre navate, coperto da capriate lignee, coro semicircolare e un catino decorato a fasce rosse. Questo primo tempio fu dedicato con tutta probabilità ad Augusto e Livia.

Secondo edificio: intorno al 513 fu il re dei Burgundi, Sigismondo, ad edificare la seconda basilica ispirandosi però ai grandi centri cristiani.

Conclusasi nel 515 (ricostruita dopo un incendio) si presentava con tre navate in asse con tre absidi, un coro absidato semicircolare, presente per la prima volta un presbyterium al quale si giungeva con una scalinata. Qui sull’ambone troviamo le reliquie di San Pietro, a cui è dedicata la chiesa. Sono presenti anche un mausoleo ed un battistero.

Mausoleo: situato dietro l’abside si presenta con pianta centrale, deambulatorio con arcate poggianti su basamento.

Battistero: di forma quadrangolare con abside ad oriente, aveva uno spazio sopraelevato dedicato unicamente alla vasca battesimale rivestita in marmo e cemento idraulico, la forma di questa vasca era ottagonale.

Era presente una cripta con doppio deambulatorio colonnato posto sotto il coro absidale con due sale.

Lione; San Giovanni Battista, Santo Stefano e Santa Croce
San Giovanni Battista; orientata a sud del complesso fu conosciuta anche con il nome di maxima ecclesia e fu ricostruita da Leidrado (vescovo). La grande chiesa era dotata di cinque navate, senza transetto e con un ampia abside orientata ad est. Durante gli scavi archeologici furono trovate ben due absidi con orientamento di poco differente; la più esterna in pietrame misurava 11,5 metri di diametro.

Santo Stefano; ubicata a nord di San Giovanni è la più antica tra tutte; ha una sala rettangolare di 12,5x9,1 metri con un abside in mattoni. Al centro di questa sala si trova una vasca battesimale di forma ottagonale del IV secolo. Inoltre la sala pare fosse riscaldata da un sistema ipocausto.

Santa Croce; fu fondata nel IV secolo e trasformata più avanti in chiesa gotica, fu nel diciottesimo secolo inglobata nel sistema attiguo.

Grenoble, San Vincenzo, Santa Maria e le tre necropoli
Quest’area episcopale eretta durante il regno di Massimiano e Diocleziano, (284-293) vede oltre all’area descritta anche la presenza di tre necropoli.

Area episcopale: posta vicino al centro abitato era costituita da due chiese giustapposte; San Vincenzo e Santa Maria.

Le necropoli: hanno una storia più chiara e sono ben tre; la più antica chiamata “Ville Belle Dame”, la seconda comprende numerosi sarcofagi di età merovingia e la chiesa di San Sisto, la terza anch’essa merovingia dedicata a Sant’ Antonio è ricca di sarcofagi. Questi tre centri insieme erano parte di un sistema sepolcrale enorme (quasi 1,5 km di estensione) ed erano situate particolarmente sopraelevate per scongiurare le invasioni.

Vienne; battistero e chiesa Maccabei

Questo centro episcopale è costituito da un battistero e da una chiesa.

Battistero: descritto dal vescovo Avito come a pianta centrale, con un solo piano e con altare centrale, altare riccamente decorato di marmi e mosaici.

Chiesa Maccabei: era la chiesa meridionale dedicata a questi due fratelli, fu poi ampliata con l’aggiunta di una cappella dedicata a San Maurizio.

San Maurizio; abbazia presso Santa Maria
La basilica carolingia fu edificata da Carlomagno in un area già occupata da una chiesa cimiteriale. Il vescovo Teodoro alla fine del IV secolo edificò una piccola cappella di 5x9 metri per ospitare le reliquie di alcuni martiri. I pellegrini che ogni anno affollavano sempre più numerosi il sito ne resero necessario l’ampliamento (verso est).

Si presentava quindi con una navata unica, un coro pentagonale, ed una copertura a falda unica, lunga 8,5metri e larga 6 metri.

L’ultimo edificio fu modificato ancora dall’abate Ambrogio, l’edificio ora era quasi addossato alla parete rocciosa e si presentava con tre navate con abside in asse e due sacrestie rettangolari ai lati, l’ingresso avveniva attraverso un vestibolo e un sistema di corridoi che avvolgevano i lati esterni della chiesa. Lunga ormai 25 metri presentava al suo interno una decorazione con paraste e si rifaceva molto all’architettura ravennate.

Müstair; chiesa di San Giovanni Battista
Questa chiesa fu voluta da Carlomagno negli anni 780-786 conclusasi però poi soltanto intorno all’820-830. In origine costituita da un cortile quadrato con portici; l’impianto ad aula unica era tra i più grandi, fra le analoghe costruzioni. Dotata di tre navate, copertura con capriate poi sostituita da volte a ogiva, era dotata di tre absidi di cui quella centrale emergente. La decorazione pittorica interna con 80 riquadri incorniciati raffiguravano le gesta di Cristo, Davide degli Apostoli e dei Santi patroni di Müstair e di cui la chiesa ne conservava le reliquie.

Disentis; chiesa di San Martino (Coira 700)
Il più antico edificio di quest’area era una piccola chiesa rettangolare con coro absidato dedicato a San Pietro. Essendo questo edificio fatto erigere da Sigismondo e trovandosi vicino alla chiesa di San Martino la sua antichità è confermata e databile intorno al 750.

San Martino; importante per la cripta raggiungibile da una scala angusta, le piccole dimensioni non permettevano lo svolgersi delle funzioni al suo interno. Eretto in pietra a secco è coperto da una cupola, sopra il muro dell’abside una finestra con grata: il punto dove ci si rivolgeva per pregare i santi.

Nuova San Martino; proprio verso la fine del 700, i monaci eressero una nuova e più grande chiesa che sostituì la precedente.

L’edificio era ora largo 16 metri e andò a coprire il sepolcro, si presentava con tre absidi a ferro di cavallo e con la cripta spostata verso occidente, quest’ultima decorata con affreschi particolari: volti umani rappresentati con caricature.

Naturno, chiesa di San Procolo
Questa piccola chiesa della val Venosta ospitava le reliquie di San Procolo, vescovo di Verona. Il ritrovamento di alcune tombe sia nelle vicinanze che nel luogo stesso ci indicano che l’edificio fu edificato nel 650. L’ingresso a sud portava ad un aula illuminata da una piccola finestra rettangolare; aula e coro erano separati da un gradino. La navata ed il coro avevano la stessa copertura piatta, il tetto era a scandole.

Dal 1300 in poi la famiglia Amnesberg trasformerà la chiesa per farne un pantheon personale: verrà aggiunta una torre campanaria, la copertura piatta verrà poi sostituita con una volta che richiederà l’inspessimento dei muri.

Interventi edilizi nell’Italia settentrionale.

Basilica Massenziana ad Aquileia

Questa basilica sorge dalle più antiche “Aule Teodoriane” fondate dal vescovo Teodoro nel 313 su resti romani (da granai romani detti Horrea). Dopo essere stata distrutta dai longobardi è stata poi abbandonata (568), fino a quando Massenzio riportò la sede vescovile ad Aquileia. Con le donazioni di Carlomagno venne riedificata, sotto la guida di Massenzio, venne aggiunto un coro absidato, i due muri laterali furono aperti per creare due ingressi ad altrettante cappelle. Fu creata la cripta sfruttando il muro curvilineo ad est, i capitelli di sostegno erano di impronta carolingia, mentre pareti e volte e piedritti furono affrescati. Il presbiterio e la cattedrale vescovile furono anch’essi di epoca e impronta carolingia.

Massenzio fece poi anche la chiesa dei Pagani situata ad ovest; essa era costituita di tre ambienti di cui due al piano terra: Consignatorum a pianta quadrata era il luogo della cresima.

Vestiarium luogo per i battezzandi; e al primo piano il Catecumenium ove si istruivano i catecumeni. La basilica successivamente sarà ancora distrutta dagli Ungari e ristrutturata da Peppone, e finalmente nel 1031 sarà inaugurata.

San Gallo; Monastero di Gallo (612) Gallo, Otmaro e Gozberto
Il monaco Gallo, dopo un lungo peregrinare, decide nel 612 di ritirarsi nella valle Steinach ove costruisce un monastero molto piccolo e in legno, qui egli vuole riscoprire la contemplazione eremitica irlandese, detta “Locus Amoenus” (anch’egli era irlandese). Nel 646 gallo morì e il piccolo monastero in legno, con attorno le celle dei confratelli, passò ad Otmaro, che, dopo aver seppellito Gallo nella piccola chiesa, tenta di ricostruire il complesso in pietra (cosa che avverrà nel 719).

Otmaro ricostruisce la chiesa in pietra nel 719; era molto semplice, due zone, quella dei monaci e quella dei fedeli divise da una transenna, una cripta finestrata sotto il coro, tetto coperto da scandole. Ed intorno alla chiesa sono ricostruite le abitazioni dei monaci.

Dopo Otmaro il complesso passò nelle mani di Giovanni, che più che occuparsi dell’architettura si occupò della cultura, in quanto rende il monastero un centro di copiatura delle sacre scritture.

Il maggior splendore si raggiunge con l’abate Gozberto, nei primi trent’anni dell’800, il quale decide di ricostruire il complesso con i soldi delle donazioni ricevute negli anni addietro. Così di punto in bianco egli riceverà una pergamena con il disegno della abbazia ideale di quell’epoca, (in piena norma col concilio dell’epoca) con disegni architettonici in inchiostro rosso e legende in inchiostro nero, misurava 112x75cm ed era formata da cinque pelli di pecora.

L’edificio descritto nella pergamena non venne mai realizzato, ma il documento è comunque di grande rilevanza esso prevedeva tre navate con pilastri, arredi liturgici in funzione delle processioni e numerosi altari per ospitare le reliquie dei santi.

La nuova abbazia invece realizzata da Gozberto in scala minore, con tre navate, un presbiterio rialzato sotto il quale vennero poste le reliquie di San Gallo ed una cripta; venne aggiunto un westwerk ed un atrium. Lunga 200 piedi e larga 40 non aveva absidi ne transetto e gli spazi per i monaci  (come il coro) erano separati da un arco trionfale. La cripta, tramite due corridoi, era un salone rettangolare posto sotto l’altare maggiore.

Ad Otmaro sarà poi dedicata una chiesa ad ovest di quella di San Gallo, soffitto piano, tre navate con colonnati ed una cripta con il corpo di San Otmaro, posta anch’essa sotto l’altare maggiore.

Le due chiese rimarranno separate fino al 1600 quando verranno fuse in un unico complesso abbaziale.

Durante il nono secolo l’azione svolta da quattro importanti abati contribuì ad accrescere il prestigio dell’abbazia ed entrò a far parte della strategia politica carolingia; solo l’assalto dei popoli barbari interruppe questo felice momento nel 926.

Gozberto ricostruì l’abbazia tra l‘829 e l‘837, ma prima di iniziare l’opera aveva ricevuto la pianta di un’abbazia disegnata su una pergamena e di grandezza inconsueta. Il progetto, pur non essendo stato realizzato, costituisce un documento eccezionale per le dimensioni e per lo stato di conservazione, rappresenta la sola testimonianza altomedioevale di un progetto architettonico studiato nei dettagli (offre inoltre un esempio del ruolo del mittente e del destinatario nella prima metà del nono secolo). La pianta può essere considerata come un esempio di un progetto redatto in ottemperanza ai dettami della riforma monastica stabiliti durante le sedute dei Sinodi di Aquisgrana.

la pianta del monastero di San Gallo disegnata sulla pergamena mostra un insieme di edifici che gravitano attorno alla chiesa abbaziale; la chiesa tuttavia rimane l’elemento di maggiore rilievo, essa è munita di due absidi contrapposte, ma l’orientamento risulta evidente dalla presenza di tre altari nell’abside orientale; questo coro è preceduto da un ambiente rettangolare (secondo una disposizione già apparsa a Fulda), sotto il quale si estende una cripta ad aula (con un ampio deambulatorio quadrangolare voltato a botte); l’interno della basilica è a tre navate articolate su pilastri, in complesso accolgono 12 cappelle, il tutto diviso da una moltitudine di transenne.

Nella disposizione delle fabbriche monastiche indicate nella pergamena si riscontra un sistema uniforme di misurazione basato su un modello di base pari a 40 piedi, corrispondente al lato del quadrato del vano di crociera della chiesa; partendo da questo modulo si ottenevano tutti i vari sottomoduli che costruivano l’intero impianto nei particolari. I progetti vennero solo in parte realizzati.

Colonia; Santi Pietro e Paolo
Questa chiesa tardo carolingia era articolata con tre navate e pilastri sorreggenti le arcate, lunga 49 metri e larga 22 metri aveva un presbiterio “more romano” con transetto di 38 metri con abside fiancheggiato da due agumenta porticati al piano terreno e con tribune al primo piano. Nella cripta dedicata a San Pietro sorgeva un corridoio trasversale che formava il vecchio schema anulare.

Il sito presenta 14 fasi di costruzione successive, l’edificio risalente a questo periodo consisteva in una basilica con due absidi aggiunte alla navata preesistente: quella orientale molto profonda, dedicata a San Paolo e collegata ad un transetto, sormontava una cripta; quella occidentale dedicata a San Pietro s’apriva sulla navata ed era circondata da un paradisus (una striscia di terra vergine semicircolare), contornata a sua volta da un deambulatorio aperto verso l'interno, chiuso verso l’esterno e coperto da un tetto. L’impianto lascerebbe pensare alla pianta di un monastero ideale redatta durante le sedute del concilio di Indan.

Reichenau; Chiese di Santa Maria, San Giorgio e Santi Pietro e Paolo
Reichenau situata sul lago di Costanza ospita le tre grandi chiese dedicate ai quattro santi di cui sopra. Fu durante l’età carolingia sede di una prim’ordine religioso e culturale.

Santa Maria ed i Santi Apostoli a Mittelzell, fu trasformato molte volte e fu sempre in riferimento per l’applicazione della regola benedettina.

Intorno alla fine del 700 l’edificio era in muratura con un nartece, un aula ed un coro quadrangolare con tre altari per i tre santi.

Con Ettone I la chiesa viene dotata di tre navate con transetto ed un coro più profondo; l’incrocio tra transetto  e navata genera un quadrato usato poi come modulo e in corrispondenza del quale sorge una torre.

Erlebaldo più avanti aggiungerà un transetto occidentale dopo aver ampliato la basilica nella stessa direzione.

San Pietro e Paolo, attualmente si presenta con tre navate concluse in tre absidi preceduta da un semplice nartece; lunga circa 42 metri. Si ipotizza che in epoca carolingia presentasse una navata unica e profonda abside semicircolare (799).

San Giorgio a Oberzell, chiesa fondata da Ettone III per ospitarne le reliquie del santo, si presentava con tre navate, un transetto, abside con terminazione rettilinea. Anche qui l’incrociarsi della navata con il transetto forma un vano di crociera quadrato. Il coro è separato dalla navata con una scalinata ed un’arcata.

Inden; monastero di San Salvatore
Questo monastero fu fondato da Ludovico Il Pio nell’816, consacrato a San Salvatore. Situato vicino ad Aquisgrana doveva essere il centro della riforma benedettina.

Si presentava con un corpo largo dotato di tre navate divise da due pilastri, una portico rettangolare con tre ambienti ed un chiostro. Il coro rinforzato da contrafforti e le tre absidi sfalsate ed a ferro di cavallo. Non vi era la cripta.

Eginardo, attività il Franconia

Eginardo, cresciuto nell’abbazia di Fulda, fu un grande politico e religioso durante il regno di Carlomagno, tanto che divenne professore nella Scuola Palatina. A Steinbach e a Seligenstadt costruì due basiliche dedicate entrambe a Morellino e Pietro; le reliquie furono portate clandestinamente da Roma.

Basilica di Steinbach 815
Delimitando i confini dei suoi possedimenti e donando il possedimento dell’abbazia di Lorsch, mantenne l’usufrutto di ciò fino alla sua morte. Fece edificare questa chiesa con diverse particolarità, tra cui, inserendo un transetto a bracci bassi. Le tre navate, di cui la centrale prolungata fino all’abside era molto simile ad una sala d’ingresso. I resti di cui disponiamo vedono una struttura muraria con pietre molto piccole ma assemblate da molta malta; la cripta è un altro elemento unico e raro, grande e cruciforme è servita da rampe molto ripide coperte da volte a botte che quando si incrociano (i vani) vanno a formare una volta a crociera.

Basilica di Seligenstadt 828 (città dei beati)
Nell’827 Eginardo sposta le reliquie in questa piccola chiesa di Magonza conosciuta anche come città dei beati. In origine la basilica formata da tre navate con abside, separate da nove arcate in mattoni. Lo sviluppo longitudinale della chiesa (i cui lavori terminarono soltanto nel 840) è interrotto dalla presenza di un transetto sul quale si apre un abside al di sotto della quale giace una cripta semianulare. Sono tutti rimandi all’architettura romana fortemente voluti da Ludovico il Pio, per sottolineare la volontà di riavvicinarsi alla chiesa romana. Ciò sottolineato ancora dalla torre posta in facciata, che toglie longitudinalità.

Basilica di San Giustino a Francoforte
Fu edificata per volere di Otmaro che volle portare qui le reliquie del Santo. Essa presentava una struttura a tre navate con colonne a sorreggere le arcate, un transetto con tre vani quadrati absidati. Interessante il rapporto lunghezza/larghezza 10/5,9.

Herfeldt; chiesa benedettina
Anche in questa pianta si ripercorrono le tendenze romane, un transetto continuo ad est, torri poste ad ovest, arcate su colonne e le tre absidi. Il tutto consegnava una slanciatezza di masse e questo stile troverà molto successo nell’architettura carolingia del IX secolo.

Lione; basilica di San Giusto
Nel 1971 furono attuati degli scavi nel sito in questione ed emersero diversi edifici che si susseguirono durante i secoli.

La svolta arrivò nel III secolo quando il complesso si sposta al fianco di una necropoli, fu eretto anche un complesso semi-ipogeo con portici.

Prima chiesa di San Giusto situata ad est del mausoleo, era molto grande con abside semicircolare innestata nel coro e presentava tre navate, dedicata inizialmente ai fratelli Maccabei, cambiò patrono con lo spostamento delle reliquie.

Nel V secolo essendo vicino alla città ed al cimitero divenne un modello di chiesa cimiteriale.

Seconda basilica di San Giusto, edificata a metà del VI secolo, comprendente un abside poligonale all’esterno e semicircolare all’interno, un transetto con cripte, tre navate con portici laterali ed un nartece. Nell’epoca carolingia fu sistemata una cappella di 8,5 metri posizionata a est dell’abside per rinforzare i muri dove scaricavano le forze esercitate dalla semicupola.

Déas; chiesa di San Filiberto
Ilboldo era priore dell’abbazia di Noirmoutier su un isola, ma le continue invasioni normanne lo costrinsero a spostare l’attività sulla terra ferma in località Déas.

Prima chiesa; edificata da Ermentario, tra l’814 e l’819, si presenta con tre navate, un vano a crociera, transetto a due bracci ed era molto simile nel complesso alla pianta di kornelimunster (a conferma dei buoni rapporti tra Benedetto di Anione ed Aumulfo entrambi legati alla riforma monastica di Ludovico il Pio).

Ilboldo, successore di Aumulfo, decide quindi di spostare la basilica dall’isola alla terra ferma presso Déas, spostando le reliquie di San Filiberto. Il motivo erano le continue incursioni normanne.

I continui miracoli che avvengono attorno alla tomba di San Filiberto richiamano molti fedeli e il complesso necessita di un ampliamento.

Seconda chiesa; Ilboldo allungò la navata, il coro poligonale fu circondato da un corridoio che portava ad una sala rettangolare che custodiva le reliquie. Poco più avanti negli anni il coro poligonale sarà demolito per far spazio ad un altro più grande e con ai lati due cappelle ed un abside, sotto questo coro una cripta accessibile a U che funzionava molto bene per il pellegrinaggio. Questa disposizione anticiperà molte altre tra cui quella di Corvey.

Nell’847 l’abbazia viene invasa ed incendiata dai normanni che mettono in fuga i monaci.

Fontenelle; chiesa di San Pietro 823
Ansegiso fu il grande abate di questo monastero, egli tra l’823 e l’833 fu a capo del complesso. L’edificio si presentava con transetto orientato ed un chiostro. Le ali avevano diverse funzioni:

Ala orientale: dormitorio dei monaci.

Ala occidentale: divisa in due parti, la cantina ed il refettorio.

A nord: comprendente la sala del vestiario e del soggiorno riscaldata.

Corvey; chiesa di Santo Stefano e Vito
Furono i cugini di Carlomagno, Adalhardo e Wala ad occuparsi di questa abbazia sorgente sul fiume Weser. Fondata nell’816 da Adalhardo e completata da Wala nel 822-844 sfruttando le numerose donazioni di Ludovico il Pio. A San Salvatore fu poi aggiunto San Vito nell’ 836.

Formato da tre navate con coro rettangolare ampio come la navata ed in asse con la stessa, possedeva un rialzo servito da gradini.

Nell’867 il presbiterio subì una trasformazione, il coro diventa un vano di crociera ed il transetto subisce l’aggiunta di bracci corti, sul transetto si innesta il nuovo coro con corridoio sfociante in una cripta esterna.

Intorno al 873 viene aggiunto il westwerk in facciata con tre torri: quella centrale si ipotizza fosse una torre lanterna con tre finestre su ogni lato per migliorarne la luminosità.
 
Adalhardo e Wala (cugini di Carlo Magno) furono i responsabili della prima fase dei lavori di costruzione dell’abbazia di Corvey, il primo stabilì le fondazioni nell‘816, l’altro effettuò un ampio programma edilizio negli anni 822-844. l’abbazia subì ulteriori modifiche nell‘867 con la sistemazione di un ampio coro e di una cripta articolate, mentre negli anni 873-885 venne realizzata nella parte occidentale il monumentale westwerk.

La basilica era formata da tre navate con un coro rettangolare molto ampio, circondato da un corridoio a forma di U.

Nel westwerk di Corvey sulla Weser, una delle ultime architetture costruite si radunano i vari concetti elaborati precedentemente in una maniera molto più chiara; ovvero si chiarisce in maniera costitutiva l’aspetto tipologico del westwerk, in quanto quasi tutti gli esempi successivi fanno riferimento a questo. Si chiarisce ancora di più il rapporto di corrispondenze di massa alle estremità dell’edificio e le conseguenze che il culto delle reliquie porta nella definizione dell’edificio carolingio. Una sorta di coronamento delle architetture precedenti ma anche una liberazione dall’architettura romana, perché effettivamente si tratta di un elemento originale elaborato dai carolingi; verrà poi scomposto e rielaborato influenzando notevolmente l’architettura medioevale.

La chiesa già esistente viene trasformata nell’ultima fase da Carlo il Calvo e Ludovico il Pio, viene ampliato nella parte absidale mediate l’aggiunta di una serie di ambienti sotterranei che costituiscono delle vere e proprie cripte per le reliquie, ma nello stesso tempo c’era il problema di agevolare il flusso dei fedeli, per questo viene creato una sorta di deambulatorio intorno all’abside preesistente in maniera da consentire ai visitatori di ostacolarsi tra di loro (anticipando i modi compositivi delle chiese di pellegrinaggio dell’epoca successiva). Per aumentare la possibilità di aumentare gli spazi si creano degli ambienti quadrati ma anche cruciformi, che servono ad ospitare le reliquie, quindi anche le cripte subiscono dei cambiamenti rispetto ai modelli romani e proprio in questo va individuato un’altro dei caratteri dell’architettura carolingia.
Per quanto riguarda il westwerk troviamo grossomodo quegli elementi che erano stati anticipati in maniera organica negli esempi precedenti, perché anche qui troviamo il piano terra caratterizzato da un portico, che precede una sala ipostila trattata come una cripta (in quanto diventa una sorta di reliquiario); attraverso le scale (che formano delle vere e proprie torri scalari alle estremità della facciata) si arriva al piano superiore che presenta una tribuna centrale con tre tribune che lo affiancano, mentre il quarto lato era aperto verso la navata; ancora salendo si arriva al secondo piano.

In questo caso troviamo che non c’è quella corrispondenza di masse in quanto si trova solo la parte occidentale, queste diverse soluzioni sono legate a due diversi territori in cui l’architettura carolingia si era diffusa (neustria ed Austrasia), il modello con due corpi di fabbrica contrapposti è quello tipico in neustria, quello con un solo corpo è dell’Austrasia. Un elemento lega i due tipi architettonici, infatti in entrambi i casi si vuole dare importanza alla facciata occidentale, in neustria si tratta di un’importanza religiosa, mentre in Austrasia è data dalla presenza di un solo volume.

Un’altro fatto importante è che dall’esterno è impossibile capire cosa c’è al di la della parete, in quanto manca la corrispondenza tra forma e funzione solo dopo si cerca di evidenziare la funzione dei vari volumi, questo passaggio verrà attuato dall’architettura ottoniana.

Werden, basilica di San Salvatore 804
Fondata da Ludgero, tra l’804 e l’809 è una chiesa senza transetto con una navata centrale conclusa in abside due navatelle divise in cinque parti; tre parti rettangolari e due quadrate; le ultime due parti si attribuiscono ad un westwerk.

All’esterno una cappella ospita le reliquie di San Ludgero, mentre sotto l’abside sorgono le cripte a baldacchino. Sul westwerk si è molto dibattuto: sicuramente posto sulla facciata occidentale costituiva una parte a se rispetto alla chiesa: navatelle e tribuna erano coperte da volte a botte comunicanti tramite arcate.

Effman, storico e studioso attribuisce all’epoca carolingia una semplificazione del westwerk secondo lui alto 22 metri e costruito in 68 anni.

Altri come Borger  ricostruiscono il westwerk  secondo il pensiero tradizionale carolingio (68 anni sono troppi e 22 metri sono esagerati).

Soisson; chiesa di San Medardo
Il protagonista è ancora Ilduino, essendo in possesso in possesso delle reliquie di San Sebastiano, fa demolire la zona presbiteriale di San Medardo per sostituirla. I lavori, iniziati nell’817 finiti nell’841 furono sovvenzionati dall’imperatore (su spinta della chiesa). Furono realizzate profonde cripte con profondi e lunghi corridoi, nicchie a est per le reliquie. La costruzione notevolissima e ingegnosa e funzionale anche per i muri, le volte  a crociera e i giunti murari molto fini e sottili.

Basilica e cripte di San Germano, Auxerre
La prima basilica fu edificata da Clotilde intorno al 520, intitolata a San Germano non aveva cripte ed era fuori dalle mura di Auxerre, dinnanzi a questa chiesa fu poi innalzato un battistero.

Le cripte sono testimoniate grazie ad una fonte iconografica secondo cui due scale laterali al coro (gotico) portano al confessio ubicato al centro di un grande blocco rettangolare, i corridoi che lo circondano sono ad angolo retto e coperti da volte a crociera:

Parte orientale: più stretta per una costruzione rettangolare

Parte occidentale: ove posto il sarcofago di San Germano

Parte centrale: in tre navate, di cui la centrale a botte poggiante su architravi.

Le cripte si presentano con un sistema che unisce in realtà tre cripte: quelle a sala (tipo romana); quella di Centula dell’ opre Echelon e quella della rotonda.

La disposizione con al centro la tomba del vescovo dimostra un determinato ordine nella disposizione della cripta; le cripte erano arredate con affreschi marmi e sculture.

La fine dell’architettura carolingia
L’architettura carolingia arriva di fatto sino all‘888 poiché l’ultimo erede era Carlo il grosso che rimase senza eredi; infatti dopo la morte di Carlo Magno gli succede Ludovico il Pio, il quale continua a diffondere gli ideali paterni dal punto di vista dell’architettura, ma dal punto di vista politico manca la capacità del padre e subisce gli attacchi degli altri figli; per questo gli succede Lotario e dopo varie lotte intestine fra fratelli con un trattato si assiste alla divisione del regno in tre parti tra i figli Lotario, Ludovico e Carlo il Calvo. Tra l‘843 ed l‘888 i tre fratelli continuano a combattere fra di loro per la supremazia, Carlo il Calvo vince nell‘875 e diventa imperatore unico per pochi anni, nei quali costruisce Corvey; gli succede Carlo il Grosso che non resiste alle pretese al trono dei Capetingi da un lato e dei Sassoni dall’altro. I Capetingi erano senza dubbio i più forti e si imposero su tutti gli altri feudatari, dando origine al regno di Francia, mentre ad est l’antico impero di frantuma in una serie di piccoli staterelli al capo dei quali si pone un feudatario. Nel territorio germanico la dinastia sassone riesce ad imporsi, con Enrico l’Uccellatore, prevalendo nella mischia; da questo momento le due aree di muovono parallelamente con particolarità specifiche, legate alle tradizioni locali, ovviamente le terre che avevano subito con maggiore evidenza le influenze dell’architettura carolingia elaborano soluzioni più originali, mentre le terre fuori dal circuito carolingio decadono in una fase di scarsa inventiva.

Parallelamente nella penisola iberica si sviluppa una cultura architettonica indipendente dal centro Europa poiché le tradizioni culturali sono profondamente diverse; non a caso la Spagna non aveva avuto influenze carolingie, anche con il regno delle Asturie erano alleati contro l’islam. Quindi la Spagna del X secolo vede nella parte settentrionale una zona fortemente cristianizzata, mentre tutto il resto è islamizzato, per questo l’architettura che si sviluppa ha scarsi contatti con i regni europei.

Accadrà intorno alla fine del X secolo che l’ordine monastico dei cluniacensi (che sorge in Borgogna) sarà elemento unificatore di tutte queste correnti particolari n quanto svilupperà l’architettura definita cluniacense, dotata di una serie di peculiarità che tramanda attraverso una rete di monasteri sparsi in tutta Europa, creando le basi di quella che sarà l’architettura romanica. Anche l’ordine dei cistercensi diede il suo contributo, anche se in un modo un po’ diverso.